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Piersanti Mattarella, il Presidente galantuomo

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Piersanti Mattarella il 6 gennaio 1980 era appena uscito senza alcuna scorta dalla messa quando fu ucciso sotto gli occhi dei suoi familiari. Fu Sergio, il fratello minore, a tirarlo fuori da quell'auto quando era ancora vivo, agonizzante, chissà quali parole gli disse. Sono trascorsi tanti anni, e il tempo rischia di attenuare i ricordi, ma tutti abbiamo il dovere di ricordare Piersanti. Era uno che ci credeva. Era uno abituato, da presidente della Sicilia, a stare in mezzo al letame - quello, in gran parte, è rimasto - senza però farsene contaminare. Era un politico che rifiurltava la cultura mafiosa non con le semplici parole, non facendo bei discorsi, non partecipando a parate o a passerelle, ma con i propri stessi comportamenti, opponendosi ai compromessi e al clientelismo, rifiutando il sostegno dei mafiosi e la corruzione elettorale, da galantuomo che era. Piersanti era un Uomo semplice, con la schiena dritta e gli occhi belli, diversissino dai tanti sepolcri imbiancati che in pubblico inneggiano alla legalità ma, giorno per giorno, stanno nell'ombra dall'altra parte, da quella dell'antistato e della mafia o, nel migliore dei casi, si servono delle istituzioni piuttosto che servirle, e utilizzano il denaro pubblico per accrescere le proprie clientele piuttosto che per il bene di tutti.

Lo si ricordi, allora, Piersanti, anche se è passato tanto tempo. Lo si ricordi, perchè in anni bui, quando i Riina e i Santapaola erano in libertà e dettavano gli ordini a politici e notabili, proseguì dritto e preferì tener fede al giuramento prestato sulla Costituzione. E soprattutto impegniamoci, nel nostro piccolo e per quel che possiamo, perchè il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità - come lo chiamava Paolo Borsellino - sia tenuto per sempre lontano dalla vita civile e dalle istituzioni.

 

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