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Nullità del matrimonio canonico, SC: “Nessuna valenza per l’ordinamento italiano se il marito ignora la riserva mentale della moglie”

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Con l'ordinanza n. 17036 dello scorso 25 giugno, la VI sezione civile della Corte di Cassazione ha rigettato la domanda di una donna di rendere efficace nella Repubblica una sentenza ecclesiastica che dichiarava con la nullità del suo matrimonio per esclusione di uno dei bona matrimonii, consistente nell'indissolubilità del vincolo da parte della moglie, specificando che "la delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità di un matrimonio concordatario per l'esclusione, da parte di un coniuge, dell'indissolubilità del vincolo postula che tale divergenza sia stata manifestata all'altro coniuge, ovvero che questi l'abbia effettivamente conosciuta o che non l'abbia conosciuta per propria negligenza, atteso che ove non ricorra alcuna di tali situazioni, la delibazione trova ostacolo nella contrarietà all'ordine pubblico italiano, nel cui ambito va ricompreso il principio fondamentale della tutela della buona fede e dell'affidamento incolpevole".

Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio da una pronuncia emessa dal Tribunale ecclesiastico regionale Calabro, con la quale veniva dichiarata la nullità del matrimonio concordatario celebrato fra una coppia di coniugi per esclusione di uno dei bona matrimonii, consistente nell'indissolubilità del vincolo da parte della moglie.

La decisione veniva confermata in appello e resa esecutiva dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, sicché la donna presentava istanza alla Corte di Appello di Reggio Calabria, affinché dichiarasse l'efficacia nella Repubblica Italiana della sentenza ecclesiastica. 

La Corte di Appello rigettava la domanda, in quanto non era emerso che le riserve della moglie circa indissolubilità del vincolo fossero state rese note al futuro marito in modo esplicito o comunque con fatti concludenti dai quali univocamente desumerla, usando l'ordinaria diligenza; in regione di tanto non si dichiarava l'esecutorietà in Italia della sentenza ecclesiastica di nullità in oggetto, permanendo l'ostacolo costituito dal suo contrasto con l'ordine pubblico italiano e, nello specifico, col principio fondamentale della tutela della buona fede e dell'affidamento incolpevole.

La donna, ricorrendo in Cassazione, denunciava la violazione, dell'art. 797, primo comma, n. 7 c.p.c. perché la Corre d'appello – partendo dall'erroneo presupposto che l'istruttoria del giudice ecclesiastico non avesse provato che il marito fosse a conoscenza ovvero avesse ignorato per negligenza l'esclusione della indissolubilità del vincolo da parte della donna – aveva omesso di espletare un'indagine rigorosa in merito alla conoscenza o alla conoscibilità da parte del convenuto della riserva mentale della moglie.

A sostegno di tanto, la donna evidenziava come la sua volontà escludente l'indissolubilità del vincolo era ben nota al convenuto: nel corso dell'istruttoria era emerso, infatti, che il convenuto anteriormente alle nozze fosse stato messo a conoscenza da parte della futura consorte della riserva mentale in esame. 

La Cassazione non condivide le doglianze sollevate.

Gli Ermellini premettono come, la declaratoria di esecutività della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario per esclusione, da parte di uno solo dei coniugi, di uno dei "bona matrimonii", postula che la divergenza unilaterale tra volontà e dichiarazione sia stata manifestata all'altro coniuge, ovvero che sia stata da questo conosciuta, o che non gli sia stata nota esclusivamente a causa della sua negligenza. Se la prova sul punto non è raggiunta, la delibazione trova ostacolo nella contrarietà all'ordine pubblico italiano, nel cui ambito va ricompreso il principio fondamentale di tutela della buona fede e dell'affidamento incolpevole.

Ne deriva che il giudice italiano è tenuto ad accertare con piena autonomia la conoscenza o l'oggettiva conoscibilità dell'esclusione anzidetta da parte dell'altro coniuge, senza limitarsi al controllo di legittimità della pronuncia ecclesiastica di nullità, ma anche riesaminando e valutando gli atti del procedimento ecclesiastico eventualmente acquisiti, senza procedere ad alcuna integrazione di attività istruttoria.

Con specifico riferimento al caso di specie, la corte d'appello si è attenuta ai predetti canoni, avendo fondato la propria valutazione sull'esame critico delle risultanze istruttorie del giudizio ecclesiastico. Le censure relative all'accertamento di fatto svolto dal giudice di merito non possono trovare applicazione, in virtù del principio secondo cui il convincimento espresso dal giudice di merito sulla conoscenza o conoscibilità da parte del coniuge della riserva mentale unilaterale dell'altro costituisce, se motivato secondo un logico e corretto "iter" argomentativo, statuizione insindacabile in sede di legittimità.

In conclusione la Cassazione rigetta il ricorso. 

 

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