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Il 20 agosto scorso si è tenuto nella splendida cornice barocca del Duomo di Noto, il concerto di Carmen Consoli, tappa estiva del tour "Volevo fare la Rockstar". A raccontarlo qui di seguito Giulio Di Dio, giovane medico, poeta, esperto di parole e musica.
È una Carmen in gran forma quella che ascoltiamo in questa seconda parte estiva del tour che fa seguito all'album "Volevo fare la Rockstar". Nono album in studio della cantantessa: canzoni che prendono forma fra i luoghi intimissimi della sua memoria e fra quelli collettivi della nostra memoria storica, in un intreccio che si salda nella trama musicale che Carmen e i suoi musici riescono a tessere efficacemente.
La scalinata della cattedrale di Noto è sorprendentemente un palco naturale. E ci si sorprende anche se si sa già quale magia si può creare lì, quando nelle scale ci si tiene per mano fisicamente dopo una pioggia ottobrina o come adesso idealmente in centinaia con le canzoni di un concerto a fine agosto.
E Carmen quel palco lo possiede e lo riempie tutto. Con una naturalezza invidiabile, e con un senso di rispetto profondo verso il proprio pubblico. Quel rispetto di chi sa di fare una delle cose più belle, emozionanti e tecniche che si possano fare: musica dal vivo.
E chi fa arte sa che i propri elaborati, mandati in stampa, o incisi su cd o vinili, o digitalmente inviati su piattaforme musicali, in quel momento stesso prendono forma e significato altro da quello che l'artista ha primitivamente concepito. E soprattutto perdono la stretta appartenenza con l'autore stesso.
La scaletta è piena e ben equilibrata. Alcuni pezzi dell'ultimo album aprono il concerto, mentre un altro paio saranno proposti più avanti nella serata. "Mago magone" in studio feat Doxy601 (il figlio di Carmen), "Armonie numeriche" dedicata al papà, "Qualcosa di me che non ti aspetti":
"Se vuoi, possiamo riprovare a presentarci
scommetto che c'è qualcosa in me che non ti aspetti
nei cieli assolati sfrecciano i caccia americani
sbrighiamoci allora, prima che sia domani".
(a chi ricorda qualcuno dei tanti versi nascosti nei testi di Dalla contro la guerra?)
Queste canzoni daranno l'abbrivio a una seconda parte del concerto in cui si torna alla Carmen di fine anni '90 inizi 2000. Due menzioni vanno fatte e riguardano "Fiori d'arancio" in una particolare versione con rimandi musicali latinoamericani, simil-bolero (vedi Tuyo - Rodrigo Amarante), e "Autunno Dolciastro" fra i brani più risalenti della scaletta e più raramente effettuati dal vivo. Una scoperta personale che risuona nelle notti post-concerto:
"Lentamente tra una pagina e l'altra di un libro qualunque
ingannavo l'attesa, già settembre poche voci distanti e
un autunno distratto al di là dei vetri
quasi speravo che non arrivassi più
quasi credevo che non mi mancassi, eppure stavo aspettando".
Segue poi un momento totalmente in acustico: Carmen, voce, chitarra e "Blunotte", "Contessa miseria", "Sta succedendo".
Si passa per un doveroso tributo a Battiato piano e voce: "Tutto l'universo obbedisce all'amore", brano del 2008 scritto dal filosofo e paroliere Manlio Sgalambro e già ab origine cantato dal maestro e dalla cantantessa.
I brani finali sono quelli famosi da fine concerto: "Amore di plastica", "In bianco e nero", "L'ultimo bacio" e "A finestra".
La band che vediamo sul palco è compatta e affiatata, il clima è quello divertito dei live nei locali degli anni '90, solo molto più in grande. Inscindibile poi, il binomio col chitarrista di sempre, Massimo Roccaforte che col suo tocco armonico, le sue Rickenbacker e il mandolino elettrico ha portato ai testi sicilioti di Carmen alcune sonorità lontanissime dal Mediterraneo (leggasi R.E.M. fra i tanti). Gli arrangiamenti rispecchiano molto gli album in studio, e questa è una caratteristica singolare (nonché difficile da ottenere) di questa seconda parte del tour. In autunno l'avevamo vista infatti in teatro nel Trio Consoli – Roccaforte – Marina Rei riarrangiare molti brani offrendo quote generose di distorsione ed effettistica alla sua chitarra acustica, con risultati anche allora di notevole levatura musicale.
Andando via viene voglia di tornare a riascoltarla. Anche, chissà, immediatamente.
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