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Riferimenti normativi: Artt.1223 – 2065 c.c.
Focus: Il condominio può essere condannato a risarcire il danno arrecato ad alcuni proprietari per l'occupazione senza titolo di aree di loro proprietà da parte di altri condomini? Sulla natura del risarcimento del danno si è pronunciata della Corte di Cassazione a sezioni unite con sentenza n.33645 del 15 novembre 2022.
Il caso: Una società di capitali s.r.l., proprietaria di numerose porzioni immobiliari all'interno di una lottizzazione, aveva venduto molte delle unità immobiliari ivi realizzate e tra i singoli acquirenti era stato costituito un condominio. La società aveva chiamato in giudizio il condominio ritenendo che quest'ultimo avesse tenuto una serie di condotte integranti turbative che le avevano impedito di vendere la proprietà di aree conservate, escluse dalla vendita, circostanti le singole unità immobiliari. Pertanto, la stessa ricorreva in Tribunale per l'accertamento del diritto di proprietà, ai sensi dell'art. 948 c.c., sulle suddette aree, per il loro rilascio da parte del condominio, nonché la condanna di quest'ultimo al risarcimento del danno patrimoniale subìto per le turbative che le avevano impedito di vendere a terzi le aree di sua proprietà e di ricavare i conseguenti profitti economici.
Il condominio, costituitosi in giudizio, aveva chiesto il rigetto della domanda della società. Il Tribunale accoglieva la tesi del condominio rigettando il ricorso. La società, pertanto, aveva impugnato la sentenza dinanzi alla Corte di Appello che aveva accolto l'appello limitatamente all'azione di rivendica della proprietà, ma non aveva accolto la richiesta di risarcimento, come danno in re ipsa, perché presupponeva la prova di un pregiudizio. In merito al rigetto del risarcimento richiesto la società aveva impugnato detta sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione sulla base di tre motivi di eccezioni e il condominio, a sua volta, resisteva con controricorso. In particolare, è stata eccepita la violazione o falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 2043, 2056 e 2697 c.c. in quanto secondo la ricorrente, nel caso di occupazione illegittima di immobile, è sufficiente ai fini risarcitori, trattandosi di danno in re ipsa, allegare l'idoneità dell'immobile a produrre reddito e l'intenzione del proprietario di godere del bene o di impiegarlo per finalità redditizie. La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato tale motivo del ricorso ed ha rimesso, con ordinanza interlocutoria, la decisione alle Sezioni Unite della stessa Corte per l'esame della questione se il danno da occupazione sine titulo di un immobile costituisca danno in re ipsa, cioè se la compressione della facoltà di godimento diretto del bene, costituente il contenuto del diritto di proprietà, debba considerarsi quale danno patrimoniale da risarcire ai sensi del combinato disposto degli artt. 1223 e 2056 c.c.
La questione è stata molto dibattuta nel tempo, infatti in passato alcune sentenze richiedevano la prova di un danno concreto (la prova che un terzo volesse locare l'immobile a un certo canone), mentre altre consentivano il risarcimento anche in assenza di un'offerta di un terzo, risarcendo il danno per un importo pari al canone di mercato del bene. Le Sezione Unite della Suprema Corte ha enunciato tre principi di diritto in relazione al caso di occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, lasciando intatta la distinzione fra azione reale e azione risarcitoria. Con il primo principio è stato precisato che il diritto al risarcimento nasce con l'occupazione stessa ove questa pregiudichi la concreta possibilità del proprietario di godere del bene in modo diretto(lui stesso) o indiretto (dandolo in locazione). Con il secondo principio è stato affermato che, se il danno da perdita subita di cui il proprietario chieda il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato. Infine, col terzo principio è stato chiarito che il danno 'normale' che deriva dall'occupazione abusiva e senza titolo di un immobile è dato dal potenziale canone (canone di mercato) che il proprietario avrebbe potuto ricavare ove fosse stato nella disponibilità del bene non restituito. In conclusione, la Corte di Cassazione, accogliendo parzialmente il ricorso, ha rinviato la causa, in relazione ai motivi accolti, alla Corte d'Appello in diversa composizione.
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Il mio nome è Carmela Patrizia Spadaro. Esercito la professione di Avvocato nel Foro di Catania. Sin dal 1990 mi sono occupata di diritto tributario formandomi presso la Scuola Tributaria "Ezio Vanoni" - sez.staccata di Torino.. Sono anche mediatore iscritta all'Albo della Camera di mediazione e conciliazione del Tribunale di Catania dal 2013. Da alcuni anni mi occupo di volontariato per la tutela dei diritti del malato. Nel tempo libero coltivo I miei hobbies di fotografia e pittura ad olio.