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Con la sentenza n. 19361 dello scorso 25 giugno, la VI sezione penale della Corte di Cassazione, ha confermato la condanna per maltrattamenti in famiglia a carico di un ragazzo che aveva posto in essere continue minacce, aggressioni e violenze ai danni dei genitori.
Si sono, difatti, ritenute attendibili le dichiarazioni della madre, sebbene malata di Alzheimer, e le velate ammissioni del padre che, senza mai accusare apertamente il figlio, aveva riferito che i lividi riscontrati nelle sue mani e sotto l'occhio non avevano origine "naturale", ma erano conseguenti a "cose" che non si potevano raccontare.
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'esercizio dell'azione penale nei confronti di un ragazzo accusato dei delitti di maltrattamenti in danno dei genitori conviventi.
In particolare l'uomo era solito porre in essere continue minacce, aggressioni e violenze ai danni dei genitori, soprattutto della madre malata di Alzheimer, tali da procurare lividi ed escoriazioni sul corpo degli anziani coniugi.
Per tali fatti, sia il Tribunale di Milano che la Corte d'appello di Milano riconoscevano il ragazzo colpevole dei delitti contestati e lo condannavano alla pena di giustizia.
Ricorrendo in Cassazione, l'imputato eccepiva violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla configurabilità dei reati, deducendo come la Corte aveva formulato il suo giudizio di responsabilità basandosi sulle sole dichiarazioni dei genitori e, in particolare, su quelle della mamma che, essendo malata di Alzheimer e per il per il progredire della malattia, era da ritenersi teste inattendibile.
A tal fine evidenziava come i giudici di merito avevano dato eccessiva importanza alle dichiarazioni della mamma, travisando di contro quelle del padre – che, invece, aveva negato i fatti contestati al figlio – ritenendole dotate di una limitata valenza probatoria in quanto condizionate dalla volontà di non accusare l'imputato.
In ultima istanza si sosteneva come l'accusa di maltrattamenti contrastava con tutte le altre risultanze probatorie, ovvero con le dichiarazioni rese da stabili frequentatori della casa e dal medico di famiglia, che aveva riferito di non avere riscontrato sui genitori segni di violenza e di non aver mai raccolto lamentele da parte loro sul comportamento del figlio.
La Cassazione non condivide le doglianze formulate.
Gli Ermellini rilevano come le censure mosse dal ricorrente non si confrontano con la motivazione delle sentenze dei giudizi di primo e secondo grado, ove sono stati valorizzati tutti i dati probatori a carico dell'imputato e l'affermazione di responsabilità si è fondata non solo sulle dichiarazioni della madre malata – cheaveva compiutamente descritto il contesto in cui collocare i fatti oggetto del processo, le continue minacce, aggressioni e violenze subite dal figlio, ma anche le percosse e le reali origini dei lividi – ma anche su quelle del padre che, pur nella cautela dell'eloquio di un genitore, aveva riferito che i lividi riscontrati nellesue mani e sotto l'occhio non avevano origine "naturale", ma erano conseguenti a "cose" che non si potevano raccontare.
Inoltre, la responsabilità penale si è fondata anche: sulle dichiarazioni della Polizia giudiziaria intervenuta nel corso di un litigio; sulle testimonianze della sorella dell'imputato, che aveva riferito di una aggressione personale subita dal fratello ed aveva ribadito, per averlo appreso dalla madre, la triste condizione dei genitori, le angherie da questi subite, le violenze ed i lividi, questi ultimi peraltro constatati di persona
Pertanto, all'esito della corretta ricostruzione operata dal giudice di primo grado, e confermata pienamente dalla sentenza impugnata, i giudici di merito hanno spiegato le ragioni per cui le altre dichiarazioni assunte, pur in astratto favorevoli all'imputato, assumevano una valenza accessoria e, comunque, non erano in grado di inficiare il quadro probatorio accusatorio.
In conclusione, la Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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