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Da diversi anni si assiste ad un processo di marginalizzazionedei funzionari dell'area educativa - esecuzione penale per adulti - nei processi gestionali degli Istituti penitenziari, nonostante la previsione di centralità del ruolo di questo funzionario disegnata dal quadro normativo ordinamentale e dalle disposizioni delle numerose circolari dipartimentali, disposizioni tutte dirette a dare applicazioneal principio costituzionale di cui al III comma dell'art. 27 della Carta Fondamentale dello Stato.
Evidentemente la politica dimostra, da diversi anni, di aver dato ragione a coloro che hanno parlato di "crollo del mito della risocializzazione" e dimostra di avere caricato di eccessivo significato dati afferenti alla recidiva dei condannati rappresentati con pretesa di scientificità.
Sorvolando sulle eccezioni tecnico-criminologiche che metterebbero in crisi l'attendibilità di tali dati e pur ammettendo che occorre un serio impegno dello Stato diretto a migliorare il perseguimento della mission dell'esecuzione penale, vorremmo piuttosto chiarire che l'effettività della funzione rieducativa della pena in carcere passa necessariamente dalla funzionalità dell'assetto organizzativo del personale che attende alle attività di osservazione e trattamento dei condannati nonché dall'impiego di adeguate risorse per dare piena attuazione all'ordinamento penitenziario, anche con riferimento a quegli organi e quelle attività che concernono i condannati che si approssimano alla dimissione dall'Istituto.
Fin quando gli appartenenti al Corpo diPolizia Penitenziaria ed i Funzionari di Area Educativa non maturano un senso di comune appartenenza, essenziale per il perseguimento della mission del recupero sociale del reo e verso il quale dovrebbe concorrere l'impegno sinergico di tali operatori, si assisterà ad una miope contrapposizione tra istanze di sicurezza ed istanze di risocializzazione il cui esito discenderà dal potere contrattuale degli attori istituzionali in campo.
Spiace doverlo esplicitare ma è davvero difficile che da questa cieca contrapposizione discenda l'individuazione di un punto di equilibrio, il piu' idoneo a rispondere all'esigenza di contemperare i diversi interessi pubblici implicati nell'esecuzione penale intramuraria. Piuttosto prevarrà l'istanza sostenuta dalle figure istituzionali che hanno maggiore "potere contrattuale" in concreto.
Va soggiunto che l'assetto organizzativo del personale suindicato risulta nei tempi più recenti più disfunzionale, a seguito del riconoscimento delle rivendicazioni dei Funzionari del Corpo di Polizia Penitenziaria, che pur condivisibile andava nondimeno inserito in un complessivo riassetto organizzativo del personale che consentisse di mantenere l'equilibrio del sistema esecuzione penale intramuraria.
Ma dove stiamo andando? La mission del reinserimento sociale del reo ha perso la primazia nell'esecuzione penale intramuraria? La sicurezza negli Istituti Penitenziari, da condizione per la realizzazione della finalità del reinserimento sociale del reo (art. 3 D.p.r. 230/2000) deve in modo surrettizio e contra costitutionem, assurgere a finalità esclusiva dell'esecuzione della pena?
Questa Associazione, come le SS.LL. sanno, ha prodotto una proposta di legge, depositata in Senato in data 04.03.2020 (registrata al n. 1754 S), in cui è tecnicamente argomentata la funzionalità di un diverso assetto organizzativo del personale che attende al trattamento penitenziario, probabilmente il più idoneo a conferire maggiore effettività alla funzione rieducativa della pena.
Il modello proposto, come noto, consiste nella creazione di un apposito ruolo tecnico all'interno delComparto Sicurezza che assorbirebbe i Funzionari giuridico-pedagogici e contiene accorgimenti tecnici che pur consentendo il mantenimento di adeguati margini di autonomia professionale alle figure convolte nelle attività di osservazione e trattamento (assenza di vincoli gerarchici tra i F.G.P. ed i vertici del Corpo di Polizia Penitenziaria), al fine di escludere derive securitarie da certi settori paventate, assicurerebbe la maturazione, in tutti gli operatori, del senso di comune appartenenza, di un reciproco riconoscimento dei ruoli, agevolerebbe la circolarità delle informazioni concernenti la personalità del reo e le dinamiche relazionali tra i detenuti nonchél'approntamento di interventi maggiormente sinergici, elementi tuttiindispensabili per il perseguimento della mission del reinserimento sociale del reo.
Tale modello consentirà inoltre a ciascun operatore l'introiezione della necessità di tenere in considerazione tutti gli interessi pubblici coinvolti nell'esecuzione penale nella prospettiva dell'individuazione del più opportuno punto di equilibrio tra gli stessi.
Questa Associazione non assisterà in silenzio al progressivo e surrettizio snaturamento della funzione della pena ed ha chiesto, ancora una volta,una seria riflessione nell'interesse dello Stato sulla delicata questione della effettività della funzione rieducativa della pena.
A causa dei pregiudizi propalati da certi settori, portatori in realtà di "interessi di nicchia", l'analisi del problema della effettività dell'esecuzione penale intramuraria ha negletto la necessità di una riforma dell'assetto organizzativo del personale come prospettato da questa Associazione.
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In data 05/12/2017 si è costituita in Caltanissetta l’A.N.F.T. – Associazione Nazionale Funzionari del Trattamento, che ricomprende i Funzionari Giuridico-Pedagogici del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria .
Scopo dell’Associazione è la tutela di interessi di categoria e dei singoli associati, afferenti al profilo professionale di Funzionario Giuridico-Pedagogico nonché delle problematiche insorte sul luogo di lavoro.
Primo tra tutti gli scopi è la rivendicazione del riconoscimento della specificità del ruolo di Funzionario Giuridico-Pedagogico nell' Esecuzione Penale intramuraria.
Presidente A.N.F.T Stefano Graffagnino.
Si alterneranno alla redazione degli articoli i funzionari giuridico pedagogici: Stefano Graffagnino, Sergio Santoro, Rosetta Noto.