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Lesioni da taglio: l’aggravante dello sfregio permanente sussiste anche nel caso di piccola cicatrice al volto

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Con la sentenza n. 5719 dello scorso 13 febbraio, la V sezione penale della Corte di Cassazione, ha confermato l'applicazione dell'aggravante dello sfregio permanente inflitto ad un uomo che aveva, nel corso di una lite per ragioni di droga, tagliato il volto di una donna con un coltello, così provocandole lesioni gravissime consistenti in una cicatrice permanente dal lobo dell'orecchio sinistro fino in piena guancia.

Si è difatti specificato che in tema di lesioni gravissime, integra lo sfregio permanente qualsiasi nocumento che, senza determinare la più grave conseguenza della deformazione, importi un turbamento irreversibile dell'armonia e dell'euritmia delle linee del viso, con effetto sgradevole o d'ilarità, anche se non di ripugnanza, secondo un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilità. La valutazione circa la sussistenza dell'aggravante dello sfregio permanente compete al giudice di merito, chiamato ad esprimere un giudizio – insindacabile in sede di legittimità – che non richiede speciali competenze tecniche, perché ancorato al punto di vista di un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilità.

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'esercizio dell'azione penale nei confronti di un uomo, accusato del delitto di lesioni personali gravissime in danno di una donna cui aveva cagionato lo sfregio permanente del viso.

In particolare l'imputato le aveva inflitto una ferita da taglio sul viso, cui era residuata una cicatrice permanente con decorso trasversale dal lobo dell'orecchio sinistro fino in piena guancia e con depressione rispetto al piano cutaneo.

Per tali fatti, sia il Giudice dell'Udienza Preliminare del Tribunale di Milano che la Corte di appello di Milano condannavano l'uomo alla pena di giustizia, applicando l'aumento di pena per lo sfregio permanente. Secondo i giudici di appello, infatti, quella ferita aveva determinato un turbamento delle linee del volto, che ben poteva essere percepito da un osservatore di media sensibilità come sfregio del volto.

Ricorrendo in Cassazione, la difesa dell'uomo denunciava violazione dell'art. 583, comma 2, n. 4 del codice penale e il vizio di motivazione. In particolare, l'imputato sottolineava come la cicatrice residuata dal taglio inferto alla parte offesa, essendo di dimensioni contenute e, comunque, posizionata in una parte del viso laterale, non era tale da integrare la circostanza aggravante dello sfregio permanente del viso, inteso come ripugnante sfiguramento del volto, tanto più che la vittima non aveva accusato alcun turbamento psicologico per effetto di essa. 

La Cassazione non condivide la censura prospettata.

La Corte premette che, in tema di lesioni gravissime, integra lo sfregio permanente qualsiasi nocumento che, senza determinare la più grave conseguenza della deformazione, importi un turbamento irreversibile dell'armonia e dell'euritmia delle linee del viso, con effetto sgradevole o d'ilarità, anche se non di ripugnanza, secondo un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilità.

Sul punto, si è altresì precisato che la valutazione circa la sussistenza dell'aggravante dello sfregio permanente compete al giudice di merito, chiamato ad esprimere un giudizio che non richiede speciali competenze tecniche, perché ancorato al punto di vista di un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilità; ne deriva che il giudizio espresso dal giudice di merito sullo sfregio permanente non è sindacabile in sede di legittimità.

Con specifico riferimento al caso di specie, la Corte evidenzia che correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto che la ferita inflitta – consistente in una cicatrice permanente con decorso trasversale dal lobo dell'orecchio sinistro fino in piena guancia e con depressione rispetto al piano cutaneo – avesse determinato un turbamento delle linee del volto, che ben poteva essere percepito da un osservatore di media sensibilità come sfregio del volto.

Alla luce di tanto, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. 

 

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