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Con la sentenza n. 26046 dello scorso 12 giugno, la V sezione penale della Corte di Cassazione ha respinto la richiesta di un legale di rinviare l'udienza di discussione per legittimo impedimento, evidenziando come una lombosciatalgia, sebbene richieda riposo e 6 giorni di prognosi con terapia farmacologica, non determina uno stato di impedimento assoluto, vieppiù se l'udienza è fissata tre giorni dopo il rilascio dell'attestazione medica e, nelle more, le condizioni fisiche del legale possono migliorare grazie alla terapia farmacologica.
Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio dall'emissione di una sentenza di condanna, da parte del Gip del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto che, all'esito del giudizio abbreviato, dichiarava un uomo responsabile del reato di cui all'art. 495 c.p., per aver dichiarato falsamente al notaio, nell'atto di assegnazione della proprietà superficiaria dell'alloggio di una Cooperativa edilizia, di essere legalmente separato, quando in realtà tale status era stato superato dalla riconciliazione avvenuta nell'anno 2006.
La decisione veniva confermata dalla Corte di Appello di Messina, che il 5 febbraio 2018, leggeva il dispositivo in udienza. Tuttavia, in relazione a quella stessa udienza, l'unico difensore dell'imputato aveva presentato istanza di rinvio per legittimo impedimento, allegando un certificato medico del 2 febbraio 2018 nel quale si diagnosticava una "lombosciatalgia bilaterale con risentimento deambulatorio limitativo", con prescrizione di sei giorni di riposo assoluto e terapia medica.
L'imputato, ricorrendo in Cassazione, deduceva violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 24 Cost. e all'art. 420 ter c.p.p. perché la Corte, nel respingere immotivatamente l'istanza di rinvio dell'udienza del 5.2.2018 per legittimo impedimento proposta dall'unico difensore di fiducia, aveva di fatto leso il diritto di difesa dell'imputato.
La Cassazione non condivide le doglianze del ricorrente.
La Corte rileva che rientra nella discrezionalità del giudice di merito valutare insussistente l'impedimento a comparire difensore dell'imputato, eccepito mediante l'allegazione di certificato medico: siffatta valutazione può prescindere da una verifica fiscale e basarsi unicamente sul ricorso a nozioni di comune esperienza idonee a valutare l'impossibilità del soggetto portatore della prospettata patologia di essere presente in giudizio, se non a prezzo di un grave e non evitabile rischio per la propria salute.
Con specifico riferimento ai requisiti che la documentazione medica deve presentare per giustificare l'impedimento, si è specificato che certificato medico deve indicare una prognosi e precisare il grado di intensità dell'infermità e la sua attitudine a determinare l'impossibilità a lasciare l'abitazione, trattandosi di elementi essenziali per la valutazione della fondatezza, serietà e gravità dell'impedimento.
Ne deriva che è legittimo il provvedimento con cui il giudice di merito rigetti l'istanza di rinvio dell'udienza, per impedimento del difensore a comparire, documentata da un certificato medico che si limiti ad attestare un'infermità con stato febbrile e ad indicare una prognosi di quattro giorni senza l'indicazione degli altri elementi ritenuti essenziali, vieppiù in presenza di una diagnosi e di una prognosi che, secondo nozioni di comune esperienza, denotino l'insussistenza di una condizione tale da comportare l'impossibilità di comparire in giudizio, se non a prezzo di un grave e non altrimenti evitabile rischio per la propria salute.
La Cassazione evidenzia, quindi, come correttamente la Corte di Appello abbia rigettato la richiesta di rinvio proposta dal difensore, ritenendo insussistente l'assoluto impedimento a comparire: il certificato medico prodotto, infatti, lungi dall'attestare un impedimento assoluto, si limitava a prescrivere un periodo di riposo, senza precisare il grado di intensità dell'infermità diagnosticata e la sua attitudine a determinare l'assoluta impossibilità di lasciare l'abitazione e di partecipare all'udienza fissata per tre giorni dopo il rilascio dell'attestazione medica, allorquando le condizioni fisiche potevano essere migliorate.
La Corte rigetta, quindi, il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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