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Con la sentenza n. 1157 dello scorso 21 gennaio, la III sezione civile della Corte di Cassazione, chiamata ad esaminare i criteri per quantificare i danni risarcibili in caso di responsabilità sanitaria, ha confermato l'applicazione delle tabelle di cui al codice delle assicurazioni private, previste dall'art. 3 comma 3 della legge Balduzzi, anche per i casi verificatosi anteriormente all'entrata in vigore della legge.
Si è difatti ribadito che l'art. 3 comma 3 della legge Balduzzi trova diretta applicazione anche in tutti i casi in cui il Giudice sia chiamato a fare applicazione, in pendenza del giudizio, del criterio di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, con il solo limite del giudicato interno sul quantum, senza ledere il legittimo affidamento sulla determinazione del valore monetario del danno, posto che la norma sopravvenuta, non incidendo retroattivamente sugli elementi costitutivi della fattispecie legale della responsabilità civile, non intacca situazioni giuridiche precostituite ed acquisite al patrimonio del soggetto leso, ma si rivolge direttamente al giudice, delimitandone l'ambito di discrezionalità e indicando il criterio tabellare quale parametro equitativo nella liquidazione del danno.
Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio da una richiesta di risarcimento danni avanzata da una donna avverso tre diverse strutture ospedaliere ove era stata sottoposta a degli interventi di mastopessi bilaterale e mastoplastica additiva.
La paziente deduceva che, a causa della negligenza e imperizia dei sanitari che ivi l'avevano avuta in cura, aveva subito postumi invalidanti quantificati in Euro 76.083,63, oltre rivalutazione monetaria ed interessi.
Il Tribunale di Milano, accertata la responsabilità professionale, condannava gli enti convenuti al pagamento, in favore dell'attrice, dell'importo attualizzato di Euro 26.641,00 per i postumi permanenti, riscontrati nella misura dell'8%, e per l'invalidità temporanea, oltre al risarcimento del danno delle spese mediche effettuate e da effettuarsi in futuro.
La quantificazione del danno da invalidità per postumi permanenti e per l'inabilità temporanea, in moneta attuale, veniva effettuata equitativamente utilizzando i valori indicati nelle Tabelle in uso presso il Tribunale di Milano.
La Corte di appello di Milano confermava la quantificazione del danno calcolata dal giudice di primo grado, rigettando la posizione delle originarie strutture convenute secondo le quali erano applicabili i criteri dettati dall'art. 3 comma 3 della Legge Balduzzi, anche per i fatti anteriori all'entrata della menzionata legge.
Avverso la sentenza proponevano ricorso per Cassazione le strutture sanitarie, lamentando violazione e falsa applicazione della legge Balduzzi in relazione alla quantificazione dei postumi per micropermanenti.
A tal fine si evidenziava come la Corte di merito avesse errato nel non ritenere applicabili i criteri dettati dall' art. 3, comma 3 della legge Balduzzi, secondo cui il danno biologico conseguente all'attività dell'esercizio della professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli artt. 138 e 139 del codice delle assicurazioni private.
A sostegno della propria posizione, si deduceva come, in assenza di disposizioni normative precedenti sul punto, i parametri indicati dalla legge Balduzzi ben potevano essere applicati anche a fatti anteriori alla sua entrata in vigore, a tanto non ostandovi l'art. 11 delle preleggi.
La Cassazione condivide le doglianze denunciate.
In punto di diritto gli Ermellini ricordano che non viene in questione la retroattività della legge, atteso che la nuova previsione legislativa del criterio tabellare non va a sostituire alcuna norma di legge anteriore indicante un diverso criterio liquidativo del danno.
Infatti, il citato art. 3 comma 3 della legge Balduzzi – non modificando con efficacia retroattiva gli elementi costitutivi della fattispecie legale della responsabilità civile, negando o impedendo il risarcimento di conseguenze dannose già realizzatesi – trova diretta applicazione anche in tutti i casi in cui il Giudice sia chiamato a fare applicazione, in pendenza del giudizio, del criterio di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, con il solo limite del giudicato interno sul quantum.
Tale diretta applicazione non lede il legittimo affidamento sulla determinazione del valore monetario del danno, posto che la norma sopravvenuta, non incidendo retroattivamente sugli elementi costitutivi della fattispecie legale della responsabilità civile, non intacca situazioni giuridiche precostituite ed acquisite al patrimonio del soggetto leso, ma si rivolge direttamente al giudice, delimitandone l'ambito di discrezionalità e indicando il criterio tabellare quale parametro equitativo nella liquidazione del danno.
Compiute queste precisazioni, la Corte accoglie il motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Milano in diversa composizione.
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