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Le mance diventano reddito detassato

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Il disegno di legge di bilancio per l'anno 2023 contiene anche una norma atta a detassare le somme erogate a titolo di liberalità dai clienti, anche tramite mezzi di pagamento elettronici, ai lavoratori delle strutture ricettive e degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, nello specifico, a norma dell'art. 5 della legge n. 287/1991: ristoranti, bar, sale da ballo e da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari.

Dal prossimo anno dunque, se la norma attraversa indenne il percorso parlamentare, le mance erogate ai lavoratori dei settori suindicati saranno soggette a una imposta sostitutiva dell'I.R.PE.F. e delle addizionali regionali e comunali pari al 5%, entro il limite del 25% del reddito percepito nell'anno per le relative prestazioni di lavoro.

La norma fa intravedere il triplice intento del legislatore: incrementare il reddito dei lavoratori del comparto turistico alberghiero, incentivare i clienti a lasciare una mancia al momento del pagamento e diminuire la diffusa evasione derivante dalla corresponsione in contanti delle mance, facendo emergere le somme erogate con mezzi non tracciabili.

La materia è peraltro già parzialmente disciplinata dall'art. 51 del TUIR lettera i) che assoggetta ad imposizione le mance percepite dagli impiegati tecnici delle case da gioco – croupiers - nella misura del 25 per cento dell'ammontare percepito nel periodo d'imposta. La novella legislativa dunque amplia il perimetro della detassazione anche agli altri soggetti del comparto turismo e ristorazione ed abbassa l'aliquota dal 25% al 5%. Le somme erogate a titolo di liberalità ai lavoratori di questi settori e di quelli del settore ricettivo - anche tramite mezzi di pagamento elettronici - costituiscono redditi da lavoro dipendente e, come detto, sono soggette a una imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 5%, entro il limite del 25% del reddito percepito nell'anno per le relative prestazioni di lavoro.

Il lavoratore può però rinunciare al beneficio e optare per la tassazione ordinaria anche tenendo conto che le somme soggette a tassazione sostitutiva entrano comunque nella determinazione della spettanza o meno in favore del lavoratore di deduzioni, detrazioni o benefìci di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria, collegate al possesso di requisiti reddituali. 

Le predette somme non entrano nel calcolo del trattamento di fine rapporto e, per il principio dell'armonizzazione degli imponibili fiscali e previdenziali, sono escluse dalla retribuzione imponibile ai fini del calcolo dei contributi di previdenza e assistenza sociale nonchè dei premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Non rilevano, quindi, nemmeno ai fini pensionistici.

Un ulteriore limite al beneficio fiscale è posto dal comma 5 dell'art. 14 della legge di Bilancio 2023:

- l'imposta sostitutiva si applica solo nel settore privato;

- i percettori non debbono essere titolari di un reddito di lavoro dipendente superiore a 50.000 euro.

L'applicazione dell'imposta è demandata al datore di lavoro -sostituto di imposta- che dovrà pertanto acquisire preliminarmente l'eventuale rinuncia del lavoratore al beneficio fiscale.

Meditate contribuenti, meditate.

 

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