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Le controversie devolute agli arbitri e il valore della clausola compromissoria

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Inquadramento normativo: Artt. 806-840 c.p.c.

Quando è possibile ricorrere all'arbitrato: «Le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte che non abbiano per oggetto diritti indisponibili, salvo espresso divieto di legge». Il fatto che non possono essere decise da arbitri le controversie concernenti diritti indisponibili, trova la sua ratio nella natura del potere attribuito agli arbitri stessi. Si tratta di un potere derivato da quello delle parti, con l'ovvia conseguenza che gli arbitri non potranno decidere una controversia relativa a diritti sottratti alla disponibilità delle parti. Si può, quindi, affermare che «l'area dell'arbitrabilità coincide con quella della disponibilità dei diritti: [...] la disponibilità va commisurata al diritto oggetto della controversia, e non alle questioni che gli arbitri, devono sciogliere in vista della decisione, suscettibili di essere affrontate con effetti incidenter tantum» (Cass., nn. 9344/2018, 24444/2019, richiamate da Cass. civ., n. 4956/2020). Con riferimento alle controversie di cui all'art. 409 c.p.c., queste «possono essere decise da arbitri solo se previsto dalla legge o nei contratti o accordi collettivi di lavoro».

Arbitrato rituale e irrituale: L'arbitrato, come su accennato, è un istituto che consente di sottrarre alla cognizione del giudice una determinata controversia. In buona sostanza, l'arbitro assolve a una funzione sostitutiva di quella del giudice. Chiarito questo, occorre far rilevare che sussistono due tipi di arbitrati, quello rituale e quello irrituale. Con il primo, le parti vogliono che si pervenga a un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui di cui all'art. 825 c.p.c., nel rispetto delle norme che regolano il procedimento arbitrale. Con il secondo tipo di arbitrato (quello irrituale), le parti «intendono affidare all'arbitro (o agli arbitri) la soluzione di controversie (insorte o che possano insorgere in relazione a determinati rapporti giuridici) soltanto attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibile alla volontà delle parti stesse, le quali si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della loro volontà» (Cass. Civ., n. 7574/2011, richiamata da Tribunale Potenza, sentenza 8 gennaio 2020). 

Valore della clausola compromissoria e pronuncia giudiziale in merito alla sua interpretazione: La clausola inserita in un contratto con cui le parti decidono di devolvere le eventuali controversie inerenti all'interpretazione e all'esecuzione delle disposizioni contrattuali è definita clausola compromissoria. Il valore di tale clausola è quello di rinuncia alla giurisdizione e all'azione giudiziaria. Ne consegue che con riferimento a una controversia sorta relativamente a un contratto contenente una clausola compromissioria, qualora venga adita l'autorità giudiziaria da una parte, la controparte potrebbe eccepire l'esistenza della clausola compromissoria, chiedendo la dichiarazione di incompetenza del giudice in favore della devoluzione della controversia agli arbitri. L'accoglimento o il rigetto di un'eccezione d'incompetenza del giudice sollevata in tal senso, che risolve la questione, chiudendo o non chiudendo il processo davanti a sé, ha valore di una decisione pronunziata su questione preliminare di merito perché inerente alla validità o all'interpretazione della clausola compromissoria (Cass. nn. 24681/2006, 11315/2005; 14234/2004; 19865/2003; 14223/2003; 12855/2003; 15445/2007, richiamate da Cass. civ., n. 21177/2019). Con l'ovvia conseguenza che detta decisione sarà impugnabile con l'appello (Cass. civ., n. 21177/2019).

Clausola compromissoria e decreto ingiuntivo: «La presenza della clausola compromissoria non esclude la competenza del giudice ordinario a emettere un decreto ingiuntivo». E ciò in considerazione del fatto che la «disciplina del procedimento arbitrale non contempla l'emissione di provvedimenti inaudita altera parte» (Cass. Civ. sent. n. 8166/99, Trib. Milano sent. n. 5450/18, richiamate da Tribunale Lecce , sentenza 7 febbraio 2020). 

Ne consegue che ove il decreto ingiuntivo successivamente sia opposto e l'opposizione sia fondata sull'esistenza di detta clausola, tale circostanza comporta la devoluzione della controversia alla cognizione degli arbitri e, conseguentemente, la declaratoria di nullità del decreto opposto (Tribunale Lecce , sentenza 7 febbraio 2020).

Casistica: Si ritiene che:

  • le controversie in materie societarie ben possono, in linea generale, formare oggetto di compromesso, con esclusione, peraltro, di quelle che «hanno ad oggetto interessi della società o che concernono la violazione di norme poste a tutela dell'interesse collettivo dei soci o dei terzi» (Cass., nn. 3772/2005, 24444/2019, richiamate da Cass. civ., n. 4956/2020);
  • ove in un contratto sia inserita una clausola compromissoria, con la quale si pattuisce la devoluzione agli arbitri delle controversie inerenti all'interpretazione e all'applicazione del contratto, in mancanza di volontà contraria, detta clausola andrà interpretata «nel senso di ascrivere alla competenza arbitrale tutte le controversie che si riferiscono a pretese aventi la causa petendi nel contratto cui detta clausola accede» (Cass. Civ. sent. n. 3795/19, Tribunale di Lecce, sentenza 7 febbraio 2020);
  • «la materia dell'impugnazione delle delibere condominiali è validamente rimettibile ad arbitri (Tribunale Milano, sentenza n. 12843/15, richiamata da Tribunale Aosta, sentenza 23 luglio 2019); infatti, l'art. 1137, secondo comma, c.c. nel riconoscere a ogni condomino dissenziente la facoltà di ricorrere all'autorità giudiziaria avverso le deliberazioni dell'assemblea del condominio, non pone una riserva di competenza assoluta ed esclusiva del giudice ordinario e, quindi, non esclude la compromettibilità in arbitri di tali controversie» (Cass., n.4218/1983, richiamata da Tribunale Aosta, sentenza 23 luglio 2019).

 

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