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Io, neopreside, dico no alla burocrazia, la scuola vive con sguardi e umanità, e il problema non è il crocifisso

maria-di-benedetto

Con l'avvento dell'autonomia scolastica e con il susseguirsi delle norme che hanno riguardato la Pubblica Amministrazione e, di conseguenza, anche la scuola, si è prodotta una vera e propria metamorfosi del ruolo dirigenziale. È arrivata la figura del Dirigente Scolastico, titolo molto impersonale che, di primo acchito, rimanda più a tutti quei processi amministrativo-burocratici e alle conseguenti responsabilità di natura civile, penale, amministrativa, disciplinare, piuttosto che alle funzioni di leader educativo della scuola. Sembra così che il dirigente scolastico si debba occupare solo di norme sulla sicurezza, di privacy, di norme contrattuali, di accordi e convenzioni, di bandi e avvisi pubblici, di reti, di accesso agli atti, di sanzioni e tanto altro ancora. Ma così non è.

Non è pensabile, infatti, poter realizzare l'offerta formativa senza aver condiviso con i docenti, gli studenti, le famiglie e il territorio, nel rispetto dei ruoli e dei compiti di ciascuno, le tappe che portano alla progettazione delle attività curricolari ed extracurricolari, quelle di potenziamento, dei percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento e la rendicontazione sociale. Essere il capo è un ruolo sicuramente gratificante ma molto difficile. Il capo deve prendere decisioni, deve saper elogiare ma anche ammonire se necessario. Deve portare avanti i valori all'interno della scuola e della società. Non sempre, però, tutto questo viene compreso e quindi è inevitabile provare la sensazione della solitudine di chi sta al comando. Ma cambiare si può, basta volerlo.

 Sebbene svilita e depauperata di risorse, la scuola è ricca di energie, competenze, passione ed entusiasmo. Valori di cui si parla poco. Raccordarli, connetterli costruendo sinergie, è la chiave del cambiamento. La scuola è una risorsa fondamentale che appartiene a tutti, un luogo di crescita civile e culturale che deve determinare la piena valorizzazione della persona, sia essa studente, insegnante o dirigente. Un'educazione efficace dei giovani è il risultato di un'azione coordinata tra famiglia e scuola, nell'ottica della condivisione di principi e obiettivi, nel rispetto dei reciproci ruoli. Sono convinta che l'attuale complessità della vita scolastica non possa fare a meno del dirigente scolastico e che egli possa essere ancora riconosciuto come "il preside", colui che, nonostante i mille impegni burocratici e le mille responsabilità, trova il tempo per ascoltare e incoraggiare la propria comunità a cui sente di appartenere. Per fare ciò, e lo dico da neo-dirigente scolastica, è necessario sapersi spogliare del proprio ruolo dirigenziale immergendosi nella conoscenza reciproca, quella fatta di sguardi e boccate di umanità. Gli allievi e le loro culture, i loro saperi, le loro competenze e le loro aspettative devono essere riconosciuti e costituire gli enzimi cui attingere per definire il progetto culturale. Le questioni che riguardano crocifissi, pantaloni strappati o treccine colorate rimangono solo folklore ad uso e consumo dei mezzi di comunicazione.

 

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