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Con la sentenza n. 2177 dello scorso 3 giugno, la VI sezione del Tar Campania, sezione distaccata di Napoli, ha confermato la legittimità di un ordine di demolizione di alcune opere realizzate in assenza del prescritto titolo abilitativo, escludendo che fosse onere dell'Amministrazione motivare dettagliatamente in ordine all'interesse pubblico prevalente.
Si è difatti precisato che "l'ordine di demolizione di opere abusive può essere adottato già solo in virtù della constatata esecuzione di un intervento edilizio in assenza del prescritto titolo abilitativo, con la conseguenza che, essendo tale ordine un atto dovuto, esso è sufficientemente motivato con l'accertamento dell'abuso e non necessita di una particolare motivazione in ordine all'interesse pubblico alla rimozione dell'abuso stesso".
Il caso sottoposto all'attenzione del Tar prende avvio dall'emanazione di un ordine di demolizione di alcune opere abusive consistenti nell'ampliamento di un corpo di fabbrica (circa 1000 mq) mediante struttura in tubolari metallici e copertura e perimetrali in lamiere zincate e nella costruzione di due tettoie di 30 e 6 mq di diversa consistenza strutturale.
Ricorrendo al Tar, la difesa della proprietaria censurava l'ordinanza per eccesso di potere per difetto di motivazione e carenza dell'interesse pubblico, rilevando come le opere avessero avuto ad oggetto il recupero e il consolidamento di comodi rurali preesistenti in loco, senza alterazione dei volumi e della sagoma della costruzione.
Il Tar non condivide le difese mosse dalla ricorrente.
In punto di diritto il Collegio Amministrativo ricorda che l'ordine di demolizione di opere abusive può essere adottato già solo in virtù della constatata esecuzione di un intervento edilizio in assenza del prescritto titolo abilitativo, con la conseguenza che, essendo tale ordine un atto dovuto, esso è sufficientemente motivato con l'accertamento dell'abuso e non necessita di una particolare motivazione in ordine all'interesse pubblico alla rimozione dell'abuso stesso, che è in re ipsa, consistendo nel ripristino dell'assetto urbanistico violato, e alla possibilità di adottare provvedimenti alternativi.
Il collegio rimarca, inoltre, che l'ordine di demolizione, così come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è un atto vincolato e non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione: non vi sono, quindi, spazi per apprezzamenti discrezionali, atteso che l'esercizio del potere repressivo mediante applicazione della misura ripristinatoria costituisce atto dovuto, per il quale è in re ipsa l'interesse pubblico alla sua rimozione.
L'interesse pubblico al ripristino dello stato dei luoghi è, infine, in re ipsa anche perché la straordinaria importanza della tutela reale dei beni paesaggistici ed ambientali elide, in radice, qualsivoglia doglianza circa la pretesa non proporzionalità della sanzione ablativa.
Con specifico riferimento alla controversia portata alla propria attenzione, la sentenza in commento evidenzia come nessun inderogabile onere imponesse all'Amministrazione di motivare dettagliatamente in ordine all'interesse pubblico prevalente.
Alla luce di tanto, il Tar rigetta il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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