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Con la pronuncia n. 31783 dello scorso 29 agosto, la III sezione penale della Corte di Cassazione, ha rigettato la domanda con cui i proprietari di un fabbricato abusivo chiedevano la revoca dell'ordine di demolizione per aver demolito parte delle opere abusive realizzate.
Si è difatti precisato che " anche in materia di condono edilizio di cui all'art. 32 del D.L. n. 269/2003, l'intervento di demolizione parziale delle opere abusivamente realizzate costituisce attività, da un lato, anch'essa abusiva sotto il profilo edilizio, e, dall'altro, diretta ad eludere la disciplina di legge".
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende spunto dalla presentazione di una istanza con cui i proprietari di un immobile realizzato abusivamente chiedevano la revoca dell'ordine di demolizione.
Il fabbricato era stato edificato abusivamente nell'anno 1995, e comprendeva, oltre alla consistenza accertata, anche un vano garage posto sul lato ovest, realizzato con pannelli di copertura e coibentazione tra l'immobile ed il muro di confine, nonché una tettoia metallica coperta con onduline, in relazione alla quale era presentata autonoma richiesta di sanatoria.
A seguito di accertamento da parte delle autorità competenti con consequenziale emanazione di un ordine di demolizione per gli abusi realizzati, i proprietari comunicavano al Comune di aver rimosso i pannelli con i quali era stato realizzato il garage e la tettoia metallica coperta con onduline; in conseguenza di tale evenienza, veniva archiviata la pratica di sanatoria relativa a questa struttura ma non si revocava l'ordine di demolizione.
Il Tribunale di Trapani, in funzione di giudice dell'esecuzione, rigettava l'istanza con la quale i proprietari avevano chiesto la revoca dell'ordine di demolizione, sul presupposto che la sanatoria rilasciata era illegittima, in quanto parziale (siccome disposta dopo l'abbattimento di alcune delle opere abusive facenti parte dell'unico fabbricato) e perché rilasciata in difetto del presupposto della c.d. "doppia conformità" di cui all'art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, perché conforme agli strumenti urbanistici in vigore al momento della presentazione della pertinente istanza, ma non anche a quello in vigore al momento della realizzazione dell'opera.
Ricorrendo in Cassazione, gli istanti chiedevano la revoca dell'ordinanza di demolizione deducendo l'inosservanza e l'erronea applicazione dell'art. 32 del D.L. 269/2003 e dell'art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, a norma dell'art. 606 c.p.p, comma 1, lett. b), avendo riguardo alla mancata applicazione della disciplina del condono di cui al citato D.L. 269/2003.
A tal riguardo – premesso di aver ottenuto il rilascio di concessione in sanatoria ex art. 32 del D.L. 269/2003 con conseguente non necessità del requisito della c.d. "doppia conformità" – evidenziavano come la disciplina di cui all'art. 32 del D.L. 269/2003 relativa al condono, non richiedesse come presupposto per il rilascio della concessione quello della c.d. "doppia conformità", a differenza di quanto dispone l'art. 36 del D.P.R. n. 380/2001.
La Cassazione non condivide la censura formulata.
In punto di diritto gli Ermellini ricordano che in tema di condono edilizio, la volumetria eccedente i limiti previsti dall'art. 39 della legge n. 724/1994, ai fini della condonabilità delle opere abusive ultimate entro il 31 dicembre 1993, non è suscettibile di riduzione mediante demolizione eseguita successivamente allo spirare di detto termine, integrando la stessa un intervento, oltre che di per sé abusivo, volto ad eludere la disciplina di legge.
Tale principio è applicabile anche in materia di condono edilizio di cui all'art. 32 del D.L. n. 269/2003, in quanto, anche in relazione a questa disciplina, l'intervento di demolizione parziale delle opere abusivamente realizzate costituisce attività, da un lato, anch'essa abusiva sotto il profilo edilizio, e, dall'altro, diretta ad eludere la disciplina di legge.
Con specifico riferimento al caso di specie la Cassazione evidenzia come la richiesta di revoca dell'ordine di demolizione non teneva conto che la sanatoria rilasciata dal Comune riguardava solo una parte delle opere abusivamente realizzate, mentre le altre erano state demolite nelle more del pertinente procedimento amministrativo.
In conclusione la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
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