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Il verbale scaturente da verifiche fiscali presso società terze può essere utilizzato prima di 60 giorni per integrare gli avvisi di accertamento fiscali?

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Riferimenti normativi: Art. 12, comma 7, L.n. 212/2000

Focus: Quando l'avviso di accertamento emesso dall'Amministrazione finanziaria richiama un processo verbale di constatazione, redatto a conclusione di una verifica fiscale, lo stesso non può essere emanato prima della scadenza del termine dilatorio di 60 giorni dalla chiusura del verbale. Il rispetto di tale termine dilatorio deve essere applicato anche quando la verifica fiscale presupposto dell'avviso di accertamento è stata eseguita presso una società terza?

Principi generali: L'Art. 12, comma 7, L. n. 212/2000 (cd. Statuto del contribuente), in tema di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, stabilisce che "Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza". La formulazione di richieste ed osservazioni da parte del contribuente gli consente, di fatto, di esercitare il proprio diritto di difesa al fine di evitare l'emissione dell'atto impositivo. La Corte di Cassazione con l'Ordinanza n. 4726/2023 del 15/02/2023 ha stabilito che "non si può applicare il termine dilatorio do 60 giorni a un processo verbale di constatazione redatto a conclusione dell'accesso presso una terza società che integri, rispetto al contribuente, un atto istruttorio esterno rispetto al procedimento accertativo che l'ha attinto direttamente".

Il caso: L'Agenzia delle Entrate aveva notificato ad una società s.r.l. un avviso di accertamento Ires, Irap e Iva, per l'anno di imposta 2006, con il quale contestava alla stessa, ai sensi dell'art. 39, comma 1, del D.P.R. n. 600/73, ricavi non contabilizzati conseguenti ad operazioni commerciali formalmente imputate ad un'altra società s.r.l., quale società cedente i relativi beni ed emittente le conseguenti fatture, ma riconducibili in realtà, data la natura fittizia della predetta compagine, alla società contribuente. L'avviso di accertamento era stato impugnato dalla società contribuente con ricorso che è stato rigettato dalle Commissioni tributarie di primo e di secondo grado. Pertanto, la società aveva impugnato la sentenza di appello con ricorso in Cassazione eccependo, tra i diversi motivi di ricorso, la violazione dell'art.12, comma 7, della L. n. 212/2002 da parte della Commissione tributaria regionale. Ciò in quanto quest'ultima nella motivazione aveva ritenuto legittimo l'avviso di accertamento nonostante questo fosse stato notificato alla contribuente, unitamente al presupposto processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, senza il rispetto del termine legale dilatorio di 60 giorni, dalla previa notifica del p.v.c., per la comunicazione di osservazioni e richieste da parte della contribuente. La Suprema Corte ha ritenuto infondato tale motivo perché l'avviso di accertamento era stato emesso non sul presupposto di un p.v.c. redatto a conclusione di un'attività di controllo presso la sede della società accertata, ma sulla base di unasegnalazione della Guardia di finanza dalla quale risultava che le indagini della stessa erano state espletate nei confronti di una società terza. 

La Corte di Cassazione ha ritenuto motivata la sentenza della Commissione tributaria regionale secondo la quale all'attività di segnalazione della Guardia di finanza non si applica l'art.12, comma 7, della legge n. 212 del 2000, in quanto atto istruttorio "esterno" rispetto al procedimento accertativo che l'ha attinta direttamente. Pertanto, la Corte ha formulato il principio di diritto secondo il quale: «In materia di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, il termine dilatorio di cui all'art. 12, co. 7, l. n. 212/2000 decorre da tutte le possibili tipologie di verbali di accesso, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale (Cass. 23/01/2020, n. 1497), purché le operazioni concluse costituiscano esercizio di attività ispettiva svolta dall' Amministrazione nei confronti del contribuente sottoposto a verifica e destinatario dell'accertamento (cfr. Cass. 22/11/2021, n. 35918), non applicandosi il medesimo termine con riferimento ad un p.v.c. redatto a conclusione dell'accesso presso una terza società che integri, rispetto al contribuente, un atto istruttorio "esterno" rispetto al procedimento accertativo che l'ha attinto direttamente». Inoltre, << non sussiste per l'Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini delle imposte non armonizzate, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cosiddette "a tavolino" (Cass., Sez. Un., 09/12/2015, n. 24823). Infatti, secondo consolidata giurisprudenza, le garanzie previste dall'art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, operano esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l'attività imprenditoriale o professionale del contribuente (Cass.19/10/2017, n. 24636; conformi, ex plurimis, da ultimo Cass. 16/11/2021, n. 34586; Cass. 11/09/2020, n. 18854)>>. 

 

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