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Il green pass rientra tra le misure concordate a livello europeo non lesive della privacy

Il green pass rientra tra le misure concordate a livello europeo non lesive della privacy

Il green pass rientra tra le misure, concordate e definite a livello europeo e dunque non eludibili, che i) non violano le prescrizioni stabilite dal Garante per la riservatezza dei dati personali, ii) hanno decorrenza temporale, iii) mirano a preservare la salute pubblica in ambito sovranazionale per consentire la fruizione delle opportunità di spostamenti e viaggi in sicurezza riducendo i controlli. Ne consegue che detta certificazione, ove non sussistano concrete ed effettive lesioni del diritto alla riservatezza sanitaria, è da considerarsi legittima

Questo è quanto ha ribadito il Consiglio di Stato con ordinanza n. 9130 del 17 settembre 2021.

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici amministrativi.

I fatti di causa.

Gli appellanti hanno impugnato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 17 giugno 2021, contenente le disposizioni attuative dell'articolo 9, comma 10, del decreto legge 22 aprile 2021 n. 52, relative al sistema di prevenzione, contenimento e controllo sanitario dell'infezione SARS-CoV-2, mediante l'impiego della certificazione verde COVID-19 (cd. "Green pass"), chiedendone l'integrale sospensione dell'efficacia. In buona sostanza, ad avviso degli appellanti, detta certificazione;

  • è lesiva del loro diritto alla riservatezza sanitaria,
  • è fonte di discriminazioni nello svolgimento di attività condizionate al possesso della certificazione verde, 
  • è fonte di pregiudizio economico derivante dalla necessità di sottoporsi a frequenti tamponi data la loro libera scelta di non vaccinarsi.

In primo grado, la loro istanza cautelare è stata rigettata.

Così il caso è giunto dinanzi al Consiglio di Stato.

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito da quest'ultima autorità giudiziaria.

La decisione del CdS.

Innanzitutto, i Giudici amministrativi fanno rilevare che la decisione di rigetto del Tar, in sede cautelare, appare corretta. Infatti, a parere del Consiglio di Stato, nel caso di specie, non sussistono i requisiti del periculum in mora, di gravità ed irreparabilità, atteso che:

  • non vi è il rischio di compromissione della sicurezza nel trattamento dei dati sensibili connessi alla implementazione del cd. green pass. Un rischio, questo, che ha carattere meramente potenziale non potendo ritenersi insito, ai presenti fini e per la sua astrattezza, nella qualificazione come "attività pericolosa" del trattamento dei dati, ex artt. 15 d.lvo n. 196/2003 e 2050 c.c;
  • non sussiste una lesione del diritto alla riservatezza sanitaria degli appellanti, dato che la verifica della certificazione verde è diretta solo ad appurarne la validità e non a rendere conoscibili a terzi il presupposto dell'ottenuta certificazione, ossia se la vaccinazione o l'attestazione della negatività al virus.

Se si accogliesse la domanda cautelare degli appellanti, sul piano valutativo, la comparazione tra il danno lamentato dalla parte richiedente e l'interesse che l'Amministrazione ha inteso perseguire mediante il provvedimento impugnato condurrebbe al depotenziamento degli strumenti (quali, appunto, quello incentrato sull'utilizzo del cd. green pass). 

Tale situazione, [...] nell'attuale fase non del tutto superata di emergenza pandemica, [...] porterebbe a un vuoto regolativo forierio di conseguenze non prevedibili sul piano della salvaguardia della salute dei cittadini, la grande maggioranza dei quali, peraltro, ha aderito alla proposta vaccinale e ha comunque ottenuto la certificazione verde.

Alla luce di tali considerazioni, pertanto, il Consiglio di Stato ha confermato la decisione del Tar tanto più che:

  • le contestate prescrizioni del D.P.C.M. impugnato trovano copertura di fonte primaria nel D.L. n. 52/2021 il cui precetto normativo va applicato per come incorporato dalla legge di conversione n. 87/2021;
  • le prescrizioni stabilite dal Garante per la riservatezza dei dati personali mantengono la loro efficacia nei confronti delle misure applicative di copertura dell'autorità sanitaria nazionale cui spetta il coordinamento delle iniziative occorrenti;
  • il "green pass" rientra in un ambito di misure, concordate e definite a livello europeo e dunque non eludibili, anche per ciò che attiene la loro decorrenza temporale, e che mirano a preservare la salute pubblica in ambito sovranazionale per consentire la fruizione delle opportunità di spostamenti e viaggi in sicurezza riducendo i controlli;
  • è infondata l'affermazione generica dagli stessi appellanti sostenuta, in virtù della quale, "allo stato delle conoscenze scientifiche" non vi sarebbe piena immunizzazione e quindi si creerebbe un "lasciapassare falso di immunità". E ciò in considerazione del fatto che, ad avviso dei Giudici amministrativi, tale affermazione si pone in contrasto con ampi e approfonditi studi e ricerche su cui si sono basate le decisioni europee e nazionali volte a mitigare le restrizioni anti covid a fronte di diffuse campagne vaccinali.

 

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