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Il Contributo a fondo perduto Covid-19 può essere disconosciuto dall’Agenzia delle Entrate?

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Riferimenti normativi: Art. 25 D.L. 34/2020, Art. 3 D.L. 209/2021, D.L.n.73/2021

Focus: Per mantenere in vita le attività economiche nel periodo del Covid-19 il Governo ha previsto l'erogazione del contributo a fondo perduto ai soggetti particolarmente colpiti dagli effetti della pandemia. L'Agenzia delle Entrate può disconoscere il beneficio di tale sussidio alle imprese non in regola con il fisco? Sulla questione si è pronunciata la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia con la sentenza n.1769/15 del 22 maggio 2023.

Nel caso di specie una contribuente esercente una delle attività ammesse al contributo a fondo perduto nel periodo COVID-19 aveva presentato telematicamente all'Agenzia delle Entrate la relativa istanza di cui all'art. 25 del D.L.n.34/2020 (Decreto Rilancio). A fronte dell'inerzia dell'Ufficio e dell'assenza della comunicazione di scarto dell'istanza presentata, la contribuente, a gennaio 2021, richiedeva in autotutela il riconoscimento del contributo chiesto e di quelli conseguenziali, previsti dal D.L.n.149/2020 e dal D.L.n.172/2020 e attribuibili senza ulteriore istanza in via automatica, scaturenti dalla prima richiesta telematica. 

L'Ufficio a maggio 2021 emanava un provvedimento di diniego con il quale disconosceva il contributo a fondo perduto perché la richiesta presentava "una molteplicità di omissioni dichiarative e di versamento d'imposta che impedivano di considerare come affidabili i dati economici denunziati dalla parte". Avverso il provvedimento la contribuente, previo reclamo, ricorreva dinanzi alla Commissione tributaria provinciale eccependo che il contributo a fondo perduto ha una funzione "ristorativa" e non "premiale" per cui non può essere erogato sulla base di un giudizio di fedeltà fiscale in capo al soggetto richiedente da parte dell'Agenzia delle Entrate. L'ufficio, costituitosi in giudizio, chiedeva il rigetto del ricorso per infondatezza della richiesta dovuta ad oggettiva situazione di infedeltà fiscale della contribuente nello svolgimento dell'attività d'impresaLa Commissione tributaria provinciale accoglieva parzialmente il ricorso riconoscendo il contributo per un importo minore rispetto a quanto richiesto dalla contribuente. 

L'Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza con appello perché nel controllo sull'erogazione del suddetto fondo erano emerse una serie di omissioni dichiarative relative agli anni d'imposta 2018 e 2019 che precludevano la possibilità di erogare il contributo in questione per incongruenza tra i dati denunziati dall'istante e quelli che dovrebbero sussistere ai fini della legittima erogazione dell'agevolazione.Tali dati, inoltre, erano divergenti con la situazione fiscale del 2020 e ciò non consentiva di considerare attendibili i periodi di imposta oggetto di confronto, in quanto incompatibili col regolare svolgimento di un'attività di impresa o di lavoro autonomo. Pertanto, secondo l'ufficio, il contributo non poteva essere riconosciuto spettante al contribuente affidandosi al dato oggettivo del calo di fatturato ma valutando l'affidabilità del soggetto e/o del calo di fatturato (e degli altri requisiti richiesti) alla luce del grado di affidabilità (regolarità dichiarativa e riscossiva) del contribuente istanteLa Corte di giustizia di secondo grado ha ritenuto l'appello dell'ufficio infondato tenuto conto del fatto che l'erogazione del contributo a fondo perduto è stato previsto dal legislatore per attribuire ai soggetti, particolarmente colpiti dagli effetti della pandemia, la liquidità necessaria per consentire di mantenere in vita le attività economiche. Essendo un evento straordinario l'erogazione del contributo prescinde da qualunque valutazione da parte dell'Agenzia delle entrate su eventuali violazioni o debiti di natura tributaria, essendo subordinata al possesso di due soli requisiti, quali il limite dei ricavi inferiore a 5 milioni di euro e l'ammontare del fatturato del mese di aprile 2020 inferiore ai due terzi dell'ammontare del fatturato del mese di aprile 2019. Entrambi i requisiti consentivano un facile riscontro alla Agenzia delle Entrate da effettuare prima di erogare il contributo. Infatti, sia la legge che ha previsto il contributo che i documenti di prassi emanati dalla stessa Agenzia delle Entrate limitano i controlli da effettuare solo tra i "dati presenti nell'istanza e i dati presenti in Anagrafe Tributaria". Pertanto, il giudice di secondo grado ha ritenuto illegittimo il diniego opposto alla richiesta di erogazione del contributo da parte dell'Agenzia delle Entrate ed ha rigettato l'appello. 

 

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