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Il testo del decreto crescita non è ancora noto perché approvato "salvo intese". Nelle bozze circolate era però previsto l'art. 13-bis, misure per incrementare gli investimenti qualificati di enti privati di previdenza obbligatoria nell'economia reale
Riporto integralmente la relazione illustrativa e il testo.
Articolo 13 bis
(Misura per incrementare gli investimenti qualificati di Enti privati di previdenza obbligatoria nell'economia reale)
1. Al comma 90 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, dopo le parole "ai fini dell'imposta sul reddito" aggiungere le seguenti "a condizione che le somme siano investite in investimenti qualificati di cui al comma 89, lett. b-ter) per una quota almeno pari al 3,5 per cento dell'attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell'esercizio precedente".
2. E' fatto salvo il riconoscimento del beneficio fiscale sui redditi finanziari derivanti dagli investimenti già effettuati ai sensi dell'art. 1, comma 88 e seguenti della Legge 232/2016, alla data di entrata in vigore del presente decreto legge.
Relazione illustrativa.
La misura di cui al comma 1, emendativa dell'art. 1, comma 90, della l. n. 232/2016, è finalizzata ad attrarre gli Enti privati di previdenza obbligatoria ad effettuare investimenti qualificati in economia reale anche attraverso l'acquisizione di quote o azioni di Fondi per il Venture Capital (art. 1, comma 206 e seguenti, L. 145/2018).
L'attuale assetto normativo già consente agli Enti privati di previdenza obbligatoria di accedere a tali strumenti per effettuare investimenti in economia reale. Fermo restando che l'investimento in economia reale è volto al finanziamento delle imprese, tramite investimenti in titoli di capitale, obbligazioni corporate, OICR, FIA immobiliari e altri fondi d'investimento alternativi, le Casse previdenziali dunque già utilizzano le fattispecie elencate all'art. 1, comma 89, della l. n. 232/2016 che comprendono già, anche se in modo ampio, le suddette tipologie di investimenti in economia reale.
Per dare maggiore impulso agli investimenti in economia reale, la misura in oggetto "condiziona" l'esenzione fiscale prevista dalla norma, al possesso di una quota minima di investimenti in economia reale, come indicati nella disposizione citata all'art. 1, comma 89, della l. n. 232/2016, così come modificata dall'art. 1, comma 210, l. n. 145/2018.
Nel dettaglio, per accedere al beneficio in termini di detassazione, gli enti previdenziali privati devono infatti investire almeno il 3,5% degli attivi in quote o azioni di Fondi per il Venture Capital come specificato al comma 89, lett. b-ter). Ciò anche indipendentemente dalla detenzione in portafoglio degli ulteriori strumenti indicati dal comma 89 della L. 232/2016.
Al comma 2 è prevista una salvaguardia per il riconoscimento del beneficio fiscale sui redditi finanziari derivanti dagli investimenti già effettuati in vigenza dell'art. 1, comma 88 e seguenti della l. n. 232/2016, fino all'entrata in vigore della nuova disposizione.
Relazione tecnica
La misura di cui al comma 1 introduce un vincolo sull'attività di investimento degli Enti privati di previdenza obbligatoria per il riconoscimento dell'esenzione fiscale prevista ai sensi del comma 90 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232. Dal punto di vista delle casse dello Stato ciò si traduce in un non quantificabile a priori effetto positivo, per via della minore esenzione fiscale complessiva che i contribuenti potrebbero ottenere.
L'8 aprile sul sito di Cassa Forense compare la seguente dichiarazione del Presidente Nunzio Luciano: "Disponibili ad investire nei fondi di venture capital ma senza rischi per il risparmio previdenziale. Occorre valutare bene le condizioni del mercato delle start-up e dei fondi di venture capital, per non mettere a rischio il risparmio previdenziale degli avvocati". Il Presidente della Cassa Forense, Nunzio Luciano, commenta la norma del Decreto Crescita, che vincola le esenzioni fiscali per gli investimenti degli Enti pensionistici privati alle operazioni finanziarie che prevedano "almeno il 3,5% degli attivi in quote, o azioni di Fondi per il venture capital" precisando che la detassazione è importante ma lo è anche la giusta redditività degli investimenti; Cassa Forense ha investito ed è disponibile ad investire nell'economia reale del Paese, nell'innovazione e nelle Piccole e medie imprese (Pmi), ma sempre garantendo la massima tutela agli iscritti.
A mio giudizio, vi è una manifesta contraddizione in termini.
Venture capital: cos'è, qual è la differenza rispetto al private equity e quali rischi comporta?
Il venture capital è una forma di finanziamento nei confronti di start up e piccole imprese che vengono considerate dotate di un grande potenziale di crescita.
Per quelle start up che non hanno accesso al mercato, infatti, il venture capital diventa una fonte essenziale di introiti.
Secondo la dottrina i rischi derivanti da tale investimento sono molto alti.
Come detto è una forma di investimento di start up e aziende alle prime armi, che per definizione rappresentano una vera e propria sfida per la società che riceve il denaro, la quale deve provare di essere all'altezza e soprattutto deve riuscire a non bruciare quella che potrebbe essere la sua unica opportunità di crescita.
C'è quindi il rischio forte di puntare su un investimento sbagliato con il rischio di perdere non solo il rendimento ma anche l'intero capitale.
Trattasi, infatti, di titoli illiquidi e non quotati.
A mio giudizio la provvista derivante da contributi previdenziali obbligatori non può essere utilizzata per questo tipo di operazioni le quali comportano un rischio molto alto e cioè di guadagnare molto ma anche di perdere l'intero capitale.
Ci vorrebbe, quantomeno, la garanzia dello Stato sul capitale.
Giova ricordare il documento del Sant'Uffizio contro la finanzia predatoria del 18 maggio 2018 per il quale:
I mercati, lasciati a se stessi, generano titoli tossici e una «finanza dell'azzardo e della scommessa» dove la posta in gioco è «la rovina altrui». È tempo di impegnarsi in un «nuovo discernimento etico» (Oeconomicae et pecuniariae quaestiones).
FONTE: "DIRITTO E GIUSTIZIA" , del 12.04.2019
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Sono nato a Cles nel 1948. Ho conseguito la laurea in giurisprudenza a Bologna con una tesi in diritto agrario. Ho superato gli esami da procuratore legale nel 1974. Da allora esercito la professione forense in Trento. Sono Avvocato Cassazionista, specializzato in diritto del lavoro e della previdenza sociale. Arbitro di calcio dal 1972, poi Giudice sportivo per oltre 10 anni e Dirigente sportivo nazionale benemerito. Attualmente nel campo sportivo svolgo le funzioni di Sostituto Procuratore Federale Nazionale della Federazione Italiana Giuoco Calcio. Sono Legale e consulente del Patronato Acli di Trento da 40 anni e componente di diritto dell’Unione Triveneta dei Consigli dell’Ordine. Già Consigliere e Segretario dell’Ordine degli Avvocati di Trento e per 14 anni Delegato per la Regione Trentino Alto Adige alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense in Roma. Il 01.04.2005 sono stato eletto nel CDA di Cassa Forense, pochi giorni dopo eletto Vice Presidente Nazionale e dal 2007 al 2009 Presidente, con introduzione, primo tra tutte le Casse, della tecnica ALM – Asset Liability Management per guidare l’attivo in funzione del passivo. Sono autore del testo pubblicato nell’aprile 2005 da Giuffré “La riforma della previdenza forense” e del manuale “Previdenza Forense”, Giappichelli Editore. Ho scritto numerosi articoli in materia giuslavoristica e previdenziale e sono attualmente autore di articoli settimanali sulla Rivista online “Diritto e Giustizia” (ed. Giuffrè). Sono appassionato di mountain bike , politica e natura.