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Graduatorie di istituto. Equiparabilità del servizio prestato presso istituti statali ed enti accreditati

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Con sentenza n.8779/2022 del 28/06/2022, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha affrontato il tema della equiparabilità del servizio prestato alle dipendenze degli Enti di Formazione professionale convenzionata e/o accreditata a quello prestato negli istituti statali.

(fonte https://www.giustizia-amministrativa.it).

Vediamo la questione sottoposta all'attenzione del Tar.

I fatti di causa

I ricorrenti, aspirando all'inserimento o all'aggiornamento delle posizioni nelle Graduatorie di Circolo e di Istituto di terza fascia, hanno chiesto l'annullamento del Decreto ministeriale n.50/2021, nella parte in cui non prevede per nessun profilo la valutazione dei servizi prestati alle dipendenze degli Enti di Formazione professionale convenzionata e/o accreditata.

Costituitasi in giudizio l'Amministrazione resistente, la causa è stata trattenuta in decisione.

La decisione del TAR

In merito alla equiparabilità dell'attività svolta presso istituzioni pubbliche e private, i giudici amministrativi hanno ricordato l'orientamento del Consiglio di Stato secondo cui è legittima la differenziazione tra attività svolta presso scuole paritarie e statali, sia ai fini dell'accesso alla procedura concorsuale, sia in relazione al punteggio. Questa differenziazione è giustificata in ragione della diversità delle procedure selettive e della disciplina che caratterizza il corpo amministrativo e docente in un caso e nell'altro (Cons. St., sez. VI, nn. 2717/2020 e 4770/2020).

Inoltre a parere del Consiglio di Stato, il servizio prestato nei Centri di istruzione e formazione professionale accreditati dalle Regioni, non è equiparabile a quello prestato negli istituti statali e tale esclusione non viola i principi di ragionevolezza e di uguaglianza (Consiglio di Stato, parere del 24 giugno 2021, n. 1089). 

 Infatti il Consiglio di Stato ha avuto modo di spiegare che in attuazione dell'art.33 della Costituzione, è previsto espressamente che il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali al fine di espandere l'offerta formativa, laddove sono definite scuole paritarie, a tutti gli effetti degli ordinamenti vigenti, in particolare per quanto riguarda l'abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali, che, a partire dalla scuola per l'infanzia, a) corrispondono agli ordinamenti generali dell'istruzione, b) sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie e c) sono caratterizzate da requisiti di qualità ed efficacia previsti dalla legge (art.1 Legge n.62/2000).

Ne deriva che, pur sussistendo un principio generale di tendenziale equiparabilità della scuola statale e di quella paritaria (derivante dall'omogeneità dei titoli di studio rilasciati, della durata degli anni scolastici, degli orari, dei programmi e del piano dell'offerta formativa), non si può affermare "una assoluta ed automatica parificazione tra il servizio prestato nelle scuole paritarie e quello prestato nelle scuole statali, specie in riferimento all'applicazione di specifici istituti che regolano il rapporto di lavoro degli insegnanti", in quanto si tratta di rapporti di lavoro diversi, considerando anche che il rapporto intercorrente con la scuola statale è instaurato in regime di pubblico impiego privatizzato (Consiglio di Stato parere n. 451 del 2021).

 Tra l'altro il Consiglio di Stato ha anche precisato che, in materia di ammissione a concorsi per il conferimento di posti di docente nella scuola statale, la computabilità del servizio prestato presso le scuole non statali potrebbe al più ammettersi per quello svolto presso scuole e istituti pareggiati, ma non anche per quello prestato presso gli istituti paritari, in quanto solo "le scuole pareggiate garantiscono, ai sensi dell'art. 356 del D.lgs. 297/1994 (sul pareggiamento), che numero e tipo di cattedre siano uguali a quelli delle corrispondenti scuole statali e che tali cattedre siano occupate da personale nominato, secondo norme stabilite con regolamento, a seguito d'apposito pubblico concorso, o risultato vincitore, o abbia conseguito la votazione di almeno 7/10 in identico concorso generale o speciale presso scuole statali o pareggiate o in esami di abilitazione, ogni altro tipo d'insegnamento privato non godendo d'altrettanta protezione".

Nel caso di specie il Tar, condividendo il richiamato orientamento del Consiglio di Stato ha affermato che i servizi di insegnamento svolti presso gli enti di formazione professionale non sono assimilabili a quelli svolti presso istituzioni scolastici ed ha escluso che possano ritenersi violati i principi di ragionevolezza e di uguaglianza.

Tra l'altro i giudici amministrativi hanno rilevato che la L. n.124/1999 ha stabilito che il Ministro della pubblica istruzione emana un regolamento per la disciplina del conferimento delle supplenze annuali e temporanee; il Ministro della Pubblica Istruzione in attuazione della suddetta legge ha emanato il D.M. n. 430/2000 e le relative tabelle, senza inserire, tra i punteggi valutabili, quelli posti in essere presso gli enti di formazione. Il DM n.50/2021 impugnato richiama espressamente il decreto n.430 del 2000, con la conseguenza che tale richiamo consente di ritenere che il suddetto decreto del 2021 abbia carattere esecutivo rispetto a quello del 2000, nel senso che non possa apportare ad esso modifiche o deroghe.

Per tutte le suddette motivazioni il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), ha dichiarato inammissibile il ricorso.

 

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