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Giudice, le chiedo un rinvio, rischio di abortire "Inammissibile, richiesta respinta". Un pugno in faccia a Cristina e a tutti noi

Un pugno di quelli duri, un pugno diretto non tanto e non solo a Cristina Bibolotti, Collega del Foro di Pisa (la cui foto non pubblichiamo per delicatezza; quella riportata è altra di archivio) e al suo bambino. Un pugno duro ad una legge dello Stato, da parte di un giudice chiamato, le leggi, ad applicarle senza discussioni e possibilmente con un inchino, perché di quello Stato egli è ministro e servitore.
Un pugno duro che sarebbe stato sferrato a tutti noi avvocati, alla giustizia italiana ed a una certa idea di giustizia solidale e umana. Un pugno di inaudita violenza sferrato contro il senso di umanità che dovrebbe costituire il presupposto perché un qualunque candidato sia considerato idoneo all´assolvimento delle funzioni giurisdizionali. Un de minimis, insomma.
Il racconto di quanto sarebbe accaduto nei giorni scorsi nel Tribunale della civilissima Livorno, è di quelli che lasciano il segno, E questa volta bisogna ringraziare, oltre al Dubbio, rivista del Consiglio Nazionale Forense che ha riportato il fatto, soprattutto una Collega coraggiosa che questo fatto ha denunciato, con tutta la determinazione di un avvocato, e soprattutto di una madre.
Che l´ha fatto senza considerare i rischi delle incomprensioni, ed anche delle possibili ritorsioni. Ed ancora, che se anche i fatti dovessero essere accertati nella loro materialità, e responsabilità fossero ravvisate in quel magistrato (lasciamo sempre aperta l´ipotesi di un ragionevole dubbio in attesa che sulla questione, tramite gli opportuni riscontri, si possa fare piena luce da parte degli organi a ciò deputati), potrebbe anche accadere, more solito, all´italiana, che tutto si concluda con una reprimendaorale o poco più.
Ma cos´è accaduto al palazzo di giustizia di Livorno? È accaduto che, come riporta Il Dubbio, una
gravidanza sia stata interpretata "come una malattia, nonostante la Legge di Bilancio abbia inserito due punti relativi alla tutela della maternità per le avvocate". Una tutela che a Cristina Bibolotti, del foro di Pisa, non sarebbe stata garantita.
È accaduto che Cristina si sia vista "rispondere no dal Tribunale di Livorno alla richiesta di rinvio di un´udienza a causa di una gravidanza a rischio. Una richiesta, corredata da certificato medico che ne attestava il rischio, di rinvio di un´udienza a causa di una gravidanza a rischio, incredibilmente RESPINTA.
Riportiamo i fatti, come ricostruiti dal periodico del CNF.
Tutto accade al Tribunale penale di Livorno, dove il 10 gennaio Cristina Bibolotti avrebbe dovuto partecipare ad un´udienza davanti la Corte in composizione collegiale.
Ma Cristina non può: è giunta alla 17esima settimana di una gravidanza a rischio aborto già dal terzo mese, tanto che le è rilasciato un certificato con una prognosi di 30 giorni, nel quale il medico le impone riposo vietandole anche in modo e
assoluto di affrontare lunghi viaggi e di sottoporsi ad ogni forma di stress.
Cristina quindi subito presenta un´istanza in Tribunale, chiedendo il rinvio delle udienze nelle quali non può essere sostituita. Così anche per il processo calendarizzato il 10 gennaio, tramite una comunicazione che consegna sei giorni prima in cancelleria. Ma l´istanza è esaminata solo il giorno del processo e respinta in sua assenza!
La motivazione? Per il giudice tale richiesta era inammissibile in quanto veniva indicato solo genericamente il rischio corso e le precauzioni da prendere per non mettere a rischio la sua salute e quella del feto.
Non solo: il giudice non condivide l´affermazione di non poter essere sostituita in udienza, in quando Cristina lo aveva già affermato nell´udienza precedente. Che significa? Nulla.
Peraltro, in quel caso, afferma indignata Cristina, si trattava di un´udienza di «smistamento», mentre quella "incriminata" avrebbe imposto al sostituto uno studio approfondito del fascicolo, oltre che la pretesa di far accettare al cliente l´idea di farsi difendere da un avvocato diverso da quello scelto.
Una decisione presa, sostiene ancora l´avvocato, nonostante si trattasse di testi fondamentali e manifestando «palese disinteresse per la donna, per il diritto alla genitorialità e, soprattutto, per l´avvocato».
Il tribunale - ultima perla - avrebbe messo anzi in dubbio il certificato presentato dalla legale. Un atteggiamento «oltre che rendere la professione ancor più incompatibile con il ruolo di madre», che paleserebbe «l´assoluta indifferenza di parte della magistratura verso le legittime e documentate esigenze dell´avvocatura che, nuovamente, pare debba supinamente sottomettersi alle censurabili valutazioni del tribunale».
Cristina ha dunque preso carta e penna e ha scritto, ha scritto a tutti, compresi gli ordini degli avvocati di Pisa e Livorno e la Camera penale di Pisa: "Scegliere tra la salute propria e del feto e l´esercizio cosciente della professione è quanto di più doloroso possa esserci". Una denuncia, scrive Il Dubbio, "condivisa dal presidente del Consiglio dell´ordine di Pisa, che chiedendo l´intervento del presidente del Consiglio nazionale forense Andrea Mascherin ha evidenziato il dato più aberrante della vicenda: l´equiparazione della gravidanza ad un malessere. Un ostacolo culturale, sostiene, non degno di un paese civile".
Questo portale, la direzione editoriale e la redazione esprimono solidarietà alla Collega ed auspicano che, nell´interesse della Giustizia e del Decoro della magistratura e di tutte le istituzioni forensi, sia promossa una attenta indagine sia da parte del ministro Guardasigilli che del presidente del Tribunale e del Consiglio Superiore della Magistratura, e se i fatti risulteranno accertati, ci siano delle sanzioni esemplari e proporzionali.

 

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