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Mascolo, il giudice con la pistola, vuole fare il deputato: "I migliori non possono stare in poltrona"

«Lo Stato non è più in condizioni di garantire la sicurezza dei cittadini, anzi semplicemente non c´è più. Io mi armo». Così aveva affermato il giudice Angelo Mascolo, che adesso ha annunciato al Corriere della Sera la propria intenzione di candidarsi al parlamento.

«Mi è arrivata una proposta dalla famosa "quarta gamba" e ho accettato perché penso che se i migliori continuano a stare in poltrona a lamentarsi senza mettersi in gioco le cose, in questo Paese, andranno sempre peggio».

Con il suo solito modo, schietto e sornione, il giudice Angelo Mascolo lancia la sua candidatura alla Camera dei deputati con «Noi per l´Italia», la cosiddetta «quarta gamba» della coalizione di centrodestra: «Una formazione di destra moderata della quale condivido il programma», ci spiega.

Mascolo ha inviato nella tarda mattinata di giovedì la richiesta di aspettativa, subito presa in carico dal Csm che ha annunciato che sarà valutata nel corso di un «Plenum straordinario convocato per domani, venerdì 26 gennaio».

Si è così svelata la decisione di scendere in politica, del giudice noto per le sue decisioni spesso contestate e per alcune interviste su giornali e televisioni nelle quali dichiarava: «Lo Stato non è più in condizioni di garantire la sicurezza dei cittadini, anzi semplicemente non c´è più. Io mi armo».

Il personaggio
Mascolo è abituato a essere al centro della ribalta, per le sue decisioni impopolari e spesso appellate. Lo era quando, da giudice del dibattimento si conquistò il soprannome di «giudice dei record» perché in una mattina riuscì a smaltire 69 udienze in appena 195 minuti, praticamente una ogni 2 minuti e 49 secondi. Così come da quando è in forza all´ufficio dei giudici per le indagini preliminari. Le sue sentenze gli sono spesso costate attacchi durissimi e interrogazioni parlamentari da parte della Lega Nord per certe sue «scarcerazioni o assoluzioni facili». Come quella, motivata con l´assenza: «di gravi indizi di colpevolezza» con la quale nel 2015, annullò un ordine d´arresto che aveva portato in cella cinque albanesi accusati di una trentina di furti e così sfuggenti da essere stati ribattezzati dai carabinieri «la banda dei fantasmi». Decisione sconfessata prima dal Riesame e poi dalla Cassazione mentre i «fantasmi» erano spariti nel nulla e ai carabinieri erano serviti mesi per arrestarli di nuovo.

Al clamore suscitato dalle sue decisioni, Mascolo serafico rispondeva: «Da lungo tempo ho cessato di interessarmi delle critiche. Io faccio il mio provvedimento. Poi se è sbagliato lo impugnano, se invece è giusto va avanti. Capito? Questo è».
* Articolo scritto da Milvana Citter è pubblicato sul Corriere della Sera Veneto 27/1/2018

 

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