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E all’inizio dell’anno si ricomincia a parlare di mafia

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Sono freschi di stampa due libri che parlano di mafia. E se non fosse per l'autorevolezza degli Autori, potremmo essere portati a pensare che si tratti di un "maquillage" per cercare di dare smalto a buona parte di quelle organizzazioni e, soprattutto, a quegli uomini che dell'antimafia hanno fatto una "professione", ci direbbe Leonardo Sciascia, scomparso il 20 novembre di trent'anni fa. Che di mafia se ne intendeva come dimostrano molti suoi libri e i numerosissimi saggi sull'argomento che ci ha lasciato.

Il primo libro, "La giustizia è cosa nostra" di Attilio Bolzoni e Giuseppe D'Avanzo, Glifo edizioni, è stato pubblicato la prima volta nel 1995 nelle edizioni Mondadori. Ma il libro è scomparso dalla circolazione, subito dopo la sua uscita, e non sono state pubblicate ristampe, fino all'edizione odierna.

C'è da dire che nel 1995 in Italia la confusione regnava sovrana.

C'era stato "Mani pulite", la "discesa in campo" di Silvio Berlusconi, la polverizzazione, ad ogni appuntamento elettorale, dei partiti tradizionali.

E' l'inizio della delegittimazione delle nostre Istituzioni. Come si suol dire si è fatto di tutte le erbe un sol fascio!

La magistratura osannata, in un primo momento, dai cittadini che si riconoscevano nei suoi metodi, nelle inchieste, negli arresti di "personaggi eccellenti" cambiarono cifra dalla sera alla mattina e si cominciò a parlare di "magistratura rossa", di "magistrati comunisti", corrotti e proprio in quelle procure che tiravano fuori fascicoli compromettenti planavano come falchi "gli ispettori ministeriali"! 

E' l'inizio dell'ennesima "rivoluzione" all'italiana dalla quale non ci sembra che siano stati registrati "cambiamenti epocali".

In attesa di quella in itinere.

Il libro di Attilio Bolzoni e di Giuseppe D'Avanzo, giornalisti e saggisti che hanno dedicato buona parte della loro vita alle inchieste sul fenomeno mafioso, ci dà un quadro di tutto rispetto su ciò che era successo negli Anni Ottanta e Novanta con i connubi e gli intrighi tra mafia e potere politico e tra mafia e magistratura.

E con gli assassini delle figure più prestigiose delle Magistratura Italiana.

Il libro è ricchissimo di prefazioni di giudici che sono stati protagonisti di quegli eventi.

Da Sebastiano Ardita, ad Antonio Balsamo; da Giuseppe Di Lello a Nino Di Matteo; da Pietro Grasso a Leonardo Guarnotta ad Alfonso Sabella a Luca Tescaroli a Giuliano Turone.

Ci sono stati giudici che non hanno saputo resistere alle offerte della mafia prestandosi ad insabbiare processi, annacquare sentenze, ad assolvere mafiosi.

Un'attenzione particolare è riservata al giudice Corrado Carnevale, meglio noto come il giudice "ammazzasentenze". Subì anche un processo, ma venne assolto.

Ma ci sono stati anche, se non soprattutto, "Giudici dalla schiena dritta" che dal rigore dell'applicazione e dell'interpretazione delle leggi hanno fatto scelta di vita. E la loro vita fu abbreviata dall'inesorabile mano dei sicari. 

La mattanza degli Anni Ottanta inizia il 6 gennaio 1980 con l'omicidio del Presidente della Regione Siciliana, Piersanti Mattarella, che lavorava per scompaginare i rapporti mafia-politica.

Segue il Procuratore della Repubblica della Repubblica Gaetano Costa, 6 agosto 1980. Era arrivato a Palermo due anni prima e chiedeva continuamente al governo muove leggi per colpire, anche i patrimoni, i mafiosi.

Il 3 settembre 1982 è la volta del generale Carlo Alberto della Chiesa, nominato prefetto a Palermo con la promessa che avrebbe ricevuto gli aiuti adeguati per combattere la mafia. Aiuti che non arrivarono mai.

Il suo testamento l'ha affidato ad una drammatica intervista a Giorgio Bocca il 2 agosto 1982 e apparsa sul quotidiano "la Repubblica".

Il generale della Chiesa era riuscito a sconfiggere il terrorismo degli anni Settanta, ma con la mafia, e senza il necessario aiuto dallo stato venne ucciso assieme alla giovane moglie Emanuela Setti Carrara.

Poi fu la volta del magistrato Rocco Chinnici, 29 luglio 1983; del giornalista Pippo Fava, 5 gennaio 1984, che dava fastidio con i suoi articoli agli imprenditori legati alla mafia di Catania; il 25 settembre 1988 viene ucciso il magistrato Antonino Saitta con il figlio Stefano, che si trovava con lui in macchina.

La "ndrangheta" uccide, il 9 agosto 1991, per conto della mafia siciliana, a Villa San Giovanni, in Calabria, il giudice stava preparando la sentenza dei boss che si erano rivolti alla Cassazione contro le sentenze del max processo. Processo istruito dai giudici Falcone e Borsellino. Che saranno uccisi nel 1992

Il secondo libro, "La mafia. Centosessant'anni di storia" è stato scritto da Salvatore Lupo, Donzelli editore. Il prof. Lupo è ordinario di Storia contemporanea all'Università di Palermo e presidente dell'Imes (Istituto meridionale di Storia e Scienze sociali) di Catania.

E' un esperto dei fenomeni mafiosi è ha scandagliato, in tutti gli archivi esistenti, rapporti e indagini che gli hanno permesso di scrivere diversi libri sull'argomento.

Anche questo libro, ci descrive un panorama ricco di notizia e che diradano qualche esagerazione. Una tra le tante, quando, una decina d'anni fa, si sosteneva in pubblici dibattiti che lo sbarco in Sicilia delle truppe alleate, il 10 luglio 1943 fu organizzato dalla mafia americana in combutta con quella siciliana.

In una recente e interessante intervista, rilasciata a Lirio Abbate, il Procuratore Capo di Roma, Giuseppe Pignatone, sostiene che "la mafia dei corleonesi è stata sconfitta". E che "La vittoria dello Stato è stata ottenuta con il Diritto, come è avvenuto con il terrorismo. Ma c'è ancora molto da fare contro le connivenze con il potere". 

Ed è questo l'auspicio per un anno che comincia la sua storia.

 

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