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Divieto assistenza legale in favore di un coniuge: tutela anticipata al mero pericolo di conflitto di interessi

CNF

L'avvocato che ha assistito congiuntamente coniugi o conviventi in controversie di natura familiare deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno di essi in controversie successive tra i medesimi. Il professionista che viola il suddetto divieto commette un illecito disciplinare sanzionabile con la sospensione dall'esercizio dell'attività professionale da due a sei mesi (art. 68 codice deontologico forense). In punto, si afferma che l'illecito in parola costituisce una forma di tutela anticipata al mero pericolo derivante anche dalla sola teorica possibilità di conflitto d'interessi.

Questo è quanto ha ribadito il Consiglio nazionale forense (CNF) con sentenza n. 16 dell' febbraio 2021 (https://www.codicedeontologico-cnf.it/GM/2021-16.pdf).

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame del CNF.

I fatti di causa

La ricorrente è un avvocato che è stata destinataria di un procedimento disciplinare per aver violato le norme di cui all'art. 68 (assunzione di incarichi contro una parte già assistita), comma 4 del codice deontologico. In buona sostanza alla professionista ricorrente è stato contestato:

  • di aver dapprima assistito congiuntamente due coniugi, suoi clienti, depositando ricorso congiunto per lo scioglimento del matrimonio;
  •  di aver, successivamente alla cancellazione del predetto procedimento per mancata comparizione delle parti, depositato ricorso per la cessazione degli effetti civili del matrimonio nel solo interesse di uno dei suddetti coniugi e nei confronti dell'altro.

Per tale condotta, è stato avviato un procedimento disciplinare, all'esito del quale, ritenendo accertati i fatti contestati alla professionista, è stata irrogata nei confronti di quest'ultima la sanzione disciplinare della censura.

Il caso è giunto dinanzi al CNF.

La decisione del CNF

Innanzitutto il CNF fa rilevare che la condotta della ricorrente:

  • emerge dalla documentazione che è stata depositata;
  • è stata confermata dai testi escussi;
  • non risulta contestata dalla ricorrente medesima.

Secondo il CNF, da tali circostanze appare evidente la violazione dell'art. 68, canone 4, del codice deontologico forense che impone all'avvocato che abbia assistito i coniugi congiuntamente in controversie di carattere familiare, di astenersi dal prestare la propria assistenza a favore di uno di essi in controversie successive tra i medesimi. 

In punto, la giurisprudenza afferma che l'illecito in questione costituisce una forma di tutela anticipata al mero pericolo derivante anche dalla sola teorica possibilità di conflitto d'interessi. E ciò in considerazione del fatto che affinché la condotta del professionista costituisca illecito disciplinare non è richiesto specificatamente l'utilizzo di conoscenze ottenute in ragione della precedente congiunta assistenza. La norma de qua, infatti, non richiede che si sia espletata attività defensionale o anche di rappresentanza, ma si limita a circoscrivere l'attività nella più ampia definizione di assistenza, per l'integrazione della quale non è richiesto lo svolgimento di attività di difesa e rappresentanza, essendo sufficiente che il professionista abbia semplicemente svolto attività diretta a creare l'incontro delle volontà seppure su un unico punto degli accordi di separazione o divorzio (CNF, sentenza del 20 febbraio 2016, n. 1). In altri termini, la violazione del divieto di cui al predetto art. 68, sussiste anche se l'avvocato:

  • non ha usato le conoscenze e/o informazioni ottenute in ragione della precedente congiunta assistenza;
  • non ha espletato attività defensionale o di rappresentanza.

In queste ipotesi, invero, si dà rilievo alla più ampia definizione di assistenza.

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, il CNF ha confermato il provvedimento disciplinare impugnato. 

 

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