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Con la sentenza n. 704 dello scorso 12 maggio, la III sezione del Tar Toscana ha confermato l'illegittimità di una generica ordinanza con cui si intimava la demolizione di alcune opere realizzate dopo aver ottenuto un permesso di costruire.
Si è difatti rilevato che "il diniego di accertamento di conformità che non indichi i concreti elementi ostativi all'accoglimento della domanda è illegittimo, poiché l'Amministrazione è tenuta ad illustrare i presupposti di fatto e le motivazioni giuridiche sulle quali si fonda l'esercizio del potere, in relazione alle risultanze dell'istruttoria, sia al fine di rendere edotti i destinatari del percorso logico seguito per giungere alla decisione sfavorevole, sia per consentire al giudice, eventualmente investito della questione, di sindacarne l'esito finale".
Nel caso sottoposto all'attenzione del Tar, il titolare di uno stabilimento produttivo otteneva l'autorizzazione unica SUAP ed il permesso di costruire per lavori di ampliamento.
Il Comune di Cerreto Guidi emanava una ordinanza con cui ingiungeva la demolizione delle opere realizzate, ritenute abusive perché, a fronte di un ampliamento autorizzato per mc 12.526, erano stati realizzati mc 33.408, parzialmente ricadenti in zona agricola; inoltre, veniva contestata al titolare dello stabilimento produttivo di aver realizzato delle difformità rispetto al progetto assentito.
Il titolare dello stabilimento produttivo, in relazione alle opere oggetto dell'ordinanza di demolizione, presentava istanza di accertamento di conformità che, tuttavia, veniva respinta dal Comune, sulla base del conforme parere della Commissione edilizia.
Ricorrendo al Tar, il titolare dello stabilimento produttivo impugnava l'ordine di demolizione ed il diniego di sanatoria, eccependo, tra le altre cose, il difetto di motivazione del diniego di sanatoria.
Il Tar condivide tale censura del ricorrente.
Il Collegio premette che i provvedimenti di diniego dei titoli edilizi devono essere accompagnati da una motivazione dettagliata e specifica.
In particolare, il diniego di accertamento di conformità che non indichi i concreti elementi ostativi all'accoglimento della domanda è illegittimo, poiché l'Amministrazione è tenuta ad illustrare i presupposti di fatto e le motivazioni giuridiche sulle quali si fonda l'esercizio del potere, in relazione alle risultanze dell'istruttoria, sia al fine di rendere edotti i destinatari del percorso logico seguito per giungere alla decisione sfavorevole, sia per consentire al giudice, eventualmente investito della questione, di sindacarne l'esito finale.
Con specifico riferimento al caso di specie, il Collegio rileva come, dalla lettura delle molteplici norme di legge, di regolamento e di piani urbanistici, poste a fondamento del rigetto della domanda, non sia possibile ricostruire l'iter logico e la correttezza tecnica e giuridica della decisione, né può ritenersi ammissibile la motivazione postuma della decisione negativa, per il mezzo della difesa in giudizio.
Difatti, il provvedimento di diniego di sanatoria, nel richiamare testualmente il parere negativo della Commissione Edilizia, si fonda sulla laconica elencazione delle norme ostative, senza far alcun cenno alla consistenza, alla natura ed alla localizzazione degli abusi. Anche nel corso del giudizio, il Comune si è limitato a replicare alle censure della ricorrente esclusivamente attraverso citazioni di giurisprudenza e considerazioni generiche su taluni istituti.
Il Collegio ritiene, quindi, che il difetto di motivazione del provvedimento di diniego di sanatoria sia insanabile e che, pertanto, il provvedimento impugnato, viziato da difetto di motivazione, debba essere annullato, restando salvo il potere del Comune di riesaminare la domanda di accertamento di conformità della società ricorrente.
Alla luce di tanto, il Tar accoglie il ricorso e condanna il Comune alla refusione delle spese di lite in favore del ricorrente.
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