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Robot: è possibile configurazione di una responsabilità?

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Ci si chiede, se in una società moderna come la nostra, il robot, inteso come soggetto artificiale, non-umano, possa essere considerato responsabile dei propri atti. Quale tipo di responsabilità potrebbe essere attribuibile? Può essere un robot responsabile penalmente?

Prima di rispondere a tutte queste domande, andrebbero pertanto ridefiniti tutti i concetti di capacità soggettiva, di azione, di colpevolezza; resta da chiarire, appunto, se il robot possa essere considerato come soggetto autore di reati, e se in qualche modo sia rimproverabile. 

Partendo da una concezione oggettiva, il robot sarebbe inteso come mero oggetto, e come tale non responsabile penalmente. Ci si pone a questo punto il problema della responsabilità del programmatore e fino a che punto gli sia imputabile posto che la macchina intelligente è capace di prendere autonome decisioni? Ma soprattutto che tipo di responsabilità? Secondo la teoria della immedesimazione organica si ragiona in termini di dolo, dal momento che l'azione volontaria dell'agente non-umano rappresenta una mera rappresentazione di quanto derivante dalla persona umana, oppure a titolo di colpa, qualora vengano riscontrati errori nella programmazione, costruzione o manutenzione.

Bisogna sottolineare come la Risoluzione del Parlamento Europeo del 16 febbraio 2017, che pur fornendo indicazioni esclusivamente in ordine alla responsabilità civile per danni causati dai robot, offre anche degli spunti interessanti di riflessione anche per quanto concerne l'ambito penalistico.

Nel documento figura la possibilità di creare uno status giuridico ad hoc per quei robot che, come accennato sopra, hanno capacità cognitiveLa proposta non si occupa solo di robot, ma anche di auto con pilota automatico (come successo nel recente caso Tesla) e droni, consigliando, per quanto concerne la responsabilità civile, un'ipotesi di responsabilità oggettiva, per la quale sarebbe necessario una prova del danno e un nesso causale eziologico tra il comportamento del robot e il danno causato.

Auspichiamo che questa iniziativa, assolutamente necessaria, ponga le basi per una regolamentazione unitaria ed uniforme in materia, nella speranza che almeno per una volta il diritto operi prevenendo, almeno in parte, e non inseguendo un progresso tecnologico sempre più dinamico.

Quanto al nostro ordinamento dobbiamo, infine, specificare che ad oggi un robot, per quanto riesca a simulare il ragionamento umano, resta una macchina per cui l'eventuale responsabilità va imputata al programmatore e/o dell'utilizzatore.

Il robot, per quanto capace di scegliere, segue delle linee tracciate da altri (chi lo ha programmato o chi ha dato l'ordine). Per riassumere lo stato attuale delle cose, basta dire che queste macchine mancano del libero arbitrio. L'ipotesi di un reato commesso da un robot potrebbe essere paragonata alla fattispecie dall'art. 111 c.p.: "Chi ha determinato a commettere un reato una persona non imputabile, ovvero non punibile a cagione di una condizione o qualità personale, risponde del reato da questa commesso, […]". Ovviamente però il principio di legalità non consente di estendere per analogia la disposizione in esame all'ipotesi di reato commesso da robot, dal momento che non è una persona.

In definitiva, il Parlamento rileva che nell'uso della robotica occorre prestare particolare attenzione alla sicurezza delle persone e alla loro salute, alla libertà, alla vita privata, all'integrità, alla dignità, all'autodeterminazione e alla non discriminazione, nonché della protezione dei dati personali.

Si ritiene che la Commissione, nel rispondere all'invito del Parlamento europeo, debba previamente verificare se davvero sia necessario introdurre nuove disposizioni per colmare il vuoto di tutela, ovvero se sia valutabile un più semplice intervento sulle norme già esistenti.

 

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