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Difensore officiato dal legale mandatario: nessun obbligo per il cliente senza prova dell'autorizzazione

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Nel contratto di prestazione d'opera professionale, titolare del rapporto è [...] colui che conferisce l'incarico in nome proprio, ovvero colui che, munito di procura, agisce in nome e per conto del mandante, sicché, ove difetti la rappresentanza, la persona nel cui interesse sia richiesta un'attività professionale non assume alcuna obbligazione nei confronti del professionista officiato (Cass. 4489/2010; Cass. 7926/2004; Cass. 21522/2019). In buona sostanza se un avvocato ha ricevuto un incarico professionale da un cliente, nel caso in cui non venga provato che la parte assistita non abbia autorizzato il professionista ad avvalersi, in nome e per suo conto, dell'opera di altro difensore, il cliente non assume alcuna obbligazione nei confronti di quest'ultimo ove interpellato dall'avvocato mandatario.

Questo ha statuito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 36336 del 23 novembre 2021.

Ma vediamo il caso sottoposto all'esame dei Giudici di legittimità.

I fatti di causa

Il ricorrente è stato convenuto in giudizio dall'avvocato controricorrente che lamenta la mancata liquidazione del compenso per l'attività professionale svolta dal medesimo professionista in favore del ricorrente stesso. 

Quest'ultimo contesta di aver conferito incarico professionale al difensore in questione, assumendo di aver officiato un altro avvocato per lo svolgimento dell'attività professionale, oggetto della richiesta di compenso in esame e consistita nella redazione di contratti. Tale contestazione è stata disattesa dal Giudice di merito, il quale – esaurita l'istruttoria – ha accolto parzialmente la domanda del controricorrente. In buona sostanza, nel corso del giudizio, dall'escussione delle prove testimoniali è emerso che l'avvocato mandatario:

  • ha redatto personalmente i contratti;
  • ha affidato l'attività di revisione di tali contratti all'avvocato richiedente la liquidazione del compenso.

Orbene, secondo Il Tribunale, l'attività di revisione su citata è assimilabile alla redazione dei contratti, perché funzionale ad operare quelle valutazioni, rettifiche ed integrazioni del documento per maggiormente acclarare la rispondenza dell'opera alle necessità di colui che l'ha conferita e, pertanto, va retribuita.

Il caso è giunto dinanzi alla Corte d Cassazione.

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito da quest'ultima autorità giudiziaria.

La decisione della SC

I Giudici di legittimità fanno rilevare che il Tribunale ha omesso di accertare: 

  •  l'effettivo conferimento da parte del ricorrente del mandato professionale nei confronti dell'avvocato controricorrente – anche al solo fine di revisionare il contenuto dei contratti –;
  • l'effettiva autorizzazione in capo difensore mandatario ad avvalersi, in nome e per conto del cliente, dell'opera dell'altro professionista.

In sostanza, la pronuncia ha ritenuto sufficiente – per la sussistenza dell'obbligo di pagamento del compenso - che fosse stata comunque espletata un'attività di natura professionale, non considerando che il ricorrente ha contestato la sussistenza del mandato professionale, assumendo di aver officiato per la redazione dei contratti un solo avvocato. In tale contesto, la prova dell'incarico – quale fatto costitutivo della domanda di pagamento - è a carico del professionista, dovendo osservarsi che l'obbligo di corrispondere il compenso all'avvocato grava, in linea di principio, sul soggetto che abbia conferito il mandato, anche quando l'attività professionale sia stata richiesta e si sia svolta nell'interesse di un terzo. In tema di contratto di prestazione d'opera professionale, titolare del rapporto è difatti colui che conferisce l'incarico in nome proprio, ovvero colui che, munito di procura, agisce in nome e per conto del mandante, sicché, ove difetti la rappresentanza, la persona nel cui interesse sia richiesta un'attività professionale non assume alcuna obbligazione nei confronti del professionista officiato (Cass. 4489/2010; Cass. 7926/2004; Cass. 21522/2019). Orbene, nel caso di specie, ad avviso della Corte di Cassazione, è venuto meno detto accertamento, con l'ovvia conseguenza che la pronuncia è affetta dai vizi e va cassata con rinvio. 

 

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