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Determinazione compenso avvocati. Poteri del G.A. e principio della soccombenza virtuale

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 Fonte: https://www.giustizia-amministrativa.it/

È censurabile in appello la pronuncia che abbia ad oggetto le spese di giudizio? Quali sono i poteri del giudice amministrativo in ordine all'applicazione dei principi sulla compensazione delle spese giudiziali? Quando applicare il principio della soccombenza virtuale?

Questi temi sono stati affrontati dal Consiglio di Stato nella sentenza n.9767/2023 del 15 novembre 2023.

Analizziamo la questione sottoposta all'attenzione del Consiglio di Stato.

I fatti di causa

Un avvocato ha proposto ricorso avverso la sentenza del Tar che, dichiarando la cessazione della materia del contendere, ha condannato l'Amministrazione intimata al pagamento delle spese di giudizio a favore del ricorrente nella misura di euro 400,00 oltre al 15% per spese generali e agli accessori di legge, in applicazione del visto principio della soccombenza virtuale.

A parere del ricorrente il Tar avrebbe errato nella determinazione del compenso del difensore che sarebbe insufficiente e in contrasto con le disposizioni normative vigenti in materia, quali:

  • l'art. 13, comma 7 L. n. 247/2012 relativo alla determinazione del compenso attraverso il ricorso ai parametri ("I parametri sono formulati in modo da favorire la trasparenza nella determinazione dei compensi dovuti per le prestazioni professionali e l'unitarietà e la semplicità nella determinazione dei compensi.");
  • l'art.91 c.p.c., che nel disciplinare la condanna alle spese prevede che "Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa";
  • l'art. 92 c.p.c. relativo alla compensazione delle spese ("Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa"(...)).

La decisione del Consiglio di Stato

Il Collegio ha evidenziato che l'oggetto della controversia concerne essenzialmente il quantum delle spese di giudizio ritenute insufficienti dal ricorrente.

A questo proposito il Collegio ha affermato che "la pronuncia inerente alle spese processuali risulta censurabile solo se le spese sono state poste, totalmente o parzialmente, a carico della parte vittoriosa mentre, viceversa, la valutazione di merito sulla compensazione delle spese non è sindacabile per difetto di motivazione" (Consiglio di Stato, sez. VI, 6 dicembre 2013, n. 5861).

Infatti la giurisprudenza amministrativa ha più volte affermato che la statuizione del giudice di primo grado sulle spese ed onorari di giudizio è espressione di un ampio potere discrezionale, come tale non sindacabile in sede di appello, fatta eccezione per l'ipotesi di condanna della parte totalmente vittoriosa oppure per il caso che la statuizione sia manifestamente irrazionale o si riferisca al pagamento di somme palesemente inadeguate (Cons. St., sez. IV, 14 luglio 2014, n. 3655; sez. III, 14 luglio 2014, n. 3682).

Pertanto nel processo amministrativo il giudice ha ampi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi sia per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali sia per escluderla sulla base del criterio equitativo. A questo fine il giudice amministrativo può valutare ogni elemento utile senza essere tenuto ad indicare specificamente le ragioni della decisione presa (Consiglio di Stato, sez. V, 23 giugno 2014, n. 3131).

L'unico limite invalicabile da parte del giudice consiste nell'impossibilità di condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio o disporre statuizioni abnormi.

 Nel caso di specie, il Consiglio di Stato ha ritenuto corretto l'accoglimento da parte del Tar della domanda dell'avvocato per la condanna della resistente, in applicazione del principio della soccombenza virtuale, che opera nelle ipotesi di cessazione della materia del contendere.

Infatti è pacifico in giurisprudenza che "il Giudice che dichiara cessata la materia del contendere deve pronunciarsi sulle spese di giudizio secondo il principio della soccombenza virtuale; l'individuazione della parte soccombente, sebbene solo virtualmente, si basa su una ricognizione della probabilità di accoglimento della pretesa basata su criteri di verosimiglianza" (Cassazione civile sez. VI - 11/08/2022, n. 24714; Cassazione civile n. 24234 del 29/11/2016; Corte Costituzionale, entenza n. 274 del 12 luglio 2005) (n.d.r.).

Per questi motivi il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso.

 

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