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Daspo, non è giustificato se il tifoso si è solo arrampicato sulla balaustra dello stadio

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Il Tar Lazio, con sentenza n. 2033 del 14 febbraio 2019, ha affermato che il tifoso che si arrampica sulla balaustra dello stadio pone in essere una condotta non sufficiente da sola a giustificare l'adozione dei provvedimenti previsti dall'art. 6, comma 1, della legge n. 401 del 1989, ossia non sufifciente a giustificare il Daspo (Divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive). E ciò in considerazione del fatto che, per l'adozione di tale divieto, è necessaria «una ulteriore valutazione di pericolosità, anche solo potenziale, per la pubblica sicurezza», di cui si deve dare contezza nella motivazione del provvedimento. 

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'attenzione dei Giudici amministrativi.

I fatti di causa. 

Il ricorrente è stato destinatario del provvedimento Daspo, con cui gli è stato vietato l'accesso per un periodo di due anni:

  • "all'interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio a qualsiasi livello agonistico, amichevoli e per finalità benefiche, calendarizzati e pubblicizzati", 
  • "agli incontri di calcio disputati all'estero dalle squadre italiane e dalla Nazionale Italiana di calcio". 

Il provvedimento emesso dal Questore trova fondamento nel fatto che il ricorrente ha posto in essere, durante eventi calcistici, una condotta in violazione della previsione del regolamento d'uso dello stadio secondo cui è vietato stazionare sulla balaustra dell'impianto. Contro tale provvedimento il ricorrente ha proposto opposizione, lamentandone l'illegittimità. 

Il caso è giunto dinanzi al Tar Lazio. 

La decisione del Tar.

I Giudici amministrativi, innanzitutto, partono con l'esaminare la natura del Daspo. In buona sostanza, tale provvedimento è una misura che viene applicata quando le persone assumono comportamenti pericolosi per l'ordine e la sicurezza pubblica nei «luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive». Perché possa essere adottato il Daspo, i comportamenti in questione devono costituire «una condotta finalizzata alla partecipazione attiva a episodi tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni stesse» e ciò anche quando non vi è accertata lesione. In pratica, si tratta di un provvedimento che va emesso, in via preventiva, in tutti i casi di pericolo per la lesione dell'ordine pubblico, «come appunto nel caso di condotte che comportino o agevolino situazioni di "allarme" o di "pericolo" (cfr TAR Lombardia, sez. staccata di Brescia, 18 settembre 2017, n. 1128)». Il potere di adozione del Daspo è attribuito al questore dall'art. 6, comma 1, della legge n. 401/1989 (recante "interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive"). Questo potere è caratterizzato da una certa discrezionalità dal momento che la pubblica amministrazione è chiamata a valutare, prima del suo esercizio, non solo il caso di concreta violazione dell'ordine pubblico, ma anche tutte le ipotesi reputate potenzialmente pericolose per la sicurezza pubblica. Tale discrezionalità consente all'autorità amministrativa di adottare una misura diretta a reprimere e soprattutto a prevenire i diffusi episodi di violenze negli stadi di calcio. Il divieto di accesso ad impianti sportivi rappresenta, appunto, una di queste misure, volta a prevenire la lesione dell'ordine pubblico e a punire condotte «che comportano o agevolano situazioni di allarme e di pericolo (cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. I, 5 dicembre 2011, n. 9547)».  

Da tanto emerge chiaramente che la pubblica amministrazione, prima di adottare il Daspo, deve effettuare un «bilanciamento tra il prevalente interesse pubblico alla tutela dell'ordine e della sicurezza dei cittadini e l'interesse privato ad accedere liberamente negli stadi». Ne consegue che nel caso di adozione del Daspo, la relativa valutazione dovrà essere attendibile e congruamente motivata. In caso contrario, il Daspo sarà illegittimo. Ciò detto, tornando al caso in esame, il questore, nell'adottare e motivare il provvedimento in questione, ha preso in considerazione solo il fatto che il ricorrente si è arrampicato sulla balaustra dello stadio. Tale comportamento, secondo il Tar, non essendo stato accompagnato da altre «circostanze che avrebbero potuto provocare rischi per la sicurezza pubblica, rimane neutro dal punto di vista della potenzialità della lesione» dell'ordine pubblico. Infatti, se da un lato non si può escludere che con quel gesto il ricorrente abbia voluto solo tifare la sua squadra, dall'altro,senza ulteriori elementi, non si può affermare che detta condotta abbia costituito un episodio pericoloso per la pubblica incolumità. Quello posto in essere dal ricorrente resta sempre un comportamento non giustificabile, ma, a parere del Tar, la pubblica amministrazione avrebbe dovuto limitarsi all'irrogazione della sanzione prevista dall'art. 1-septies del decreto legge n. 28 del 2003, (allontanamento dall'impianto e sanzione amministrativa pecuniaria), senza adottare il Daspo. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, i Giudici amministrativi, ritenendo illegittimo il provvedimento impugnato e fondati i motivi di opposizione addotti dal ricorrente, hanno definito il giudizio, accogliendo il ricorso. 

 

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