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Violenza alla nonna, Cassazione: va negato l'affidamento in prova al servizio sociale

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Con la sentenza n. 18881 dello scorso 22 giugno, la I sezione penale della Corte di Cassazione, ha rigettato l'istanza di un ragazzo che, dopo essere stato condannato per plurimi episodi di maltrattamenti e violenza ai danni della nonna, cercava di ottenere l'affidamento in prova al servizio sociale.

Si è difatti specificato che ai fini della concessione dell'affidamento in prova al servizio sociale, pur non potendosi prescindere, dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell'analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l'esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l'esigenza di accertare non solo l'assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva.

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dalla condanna nei confronti di un ragazzo, accusato dei delitti di maltrattamenti in famiglia e lesione ai danni della nonna convivente, per fatti commessi dal 2012 al 2016.

Per tali fatti, il Tribunale di sorveglianza di Torino, rigettando la richiesta avanzata dal ragazzo volta ad ottenere l'affidamento in prova al servizio sociale, concedeva invece la detenzione domiciliare. 

A sostegno di siffatta decisione, il Tribunale rimarcava la pericolosità del condannato, ricordando gli episodi di violenza che avevano portato, solo pochi mesi prima della pronuncia, all'arresto del condannato, che aveva nuovamente reiterato i comportamenti violenti nei confronti dell'ava.

Ricorrendo in Cassazione, la difesa dell' imputato chiedeva l'annullamento dell'ordinanza impugnata, denunciando il vizio della motivazione con riguardo alle valutazioni compiute dal Tribunale circa la sostanziale non affidabilità del condannato, per non avere instaurato rapporti significativi con l'Ufficio esecuzione penale esterna.

Inoltre, la difesa del ragazzo evidenziava l'illogicità della motivazione nella parte in cui faceva leva sulla necessità di limitare i movimenti del condannato il quale, tuttavia, a causa della grave disabilità che lo affliggeva non era in grado di muoversi autonomamente; infine si rimarcava come la
detenzione domiciliare frustrasse con le occasioni di lavoro del condannato, artista di fama, impedendogli di muoversi, sempre però con l'appoggio e il sostegno del proprio curatore.

La Cassazione non condivide le difese mosse dal ricorrente.

La Corte premette che, ai fini della concessione dell'affidamento in prova al servizio sociale, pur non potendosi prescindere, dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell'analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l'esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l'esigenza di accertare non solo l'assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva. 

Sul punto, la pronuncia impugnata ha evidenziato gli innumerevoli episodi di violenza perpetrati verso la nonna negli anni, sia quelli più risalenti nel tempo sia quelli che avevano portato, pochi mesi prima dell'adozione del provvedimento impugnato, all'arresto del condannato che aveva nuovamente reiterato i comportamenti violenti nei confronti dell'ava.

Gli Ermellini evidenziano come il ricorso del ragazzo, invece, ha omesso completamente di confrontarsi con tali specifici elementi, limitandosi a censurare questioni concernenti il merito della valutazione compiuta dal Tribunale di sorveglianza, che però esorbitano dai limiti propri del sindacato di legittimità.

Da ultimo la Corte evidenzia come il condannato aveva espressamente richiesto l'affidamento ex art. 47 ord. pen. al fine di potersi muovere liberamente, per lavoro, in tutto il territorio nazionale: così facendo, tuttavia, sarebbe risultato concreto il pericolo del possibile ripetersi degli episodi di violenza; d'altra parte il Tribunale aveva specificamente preso posizione sulla valutazione di pericolosità, ancorata agli episodi di violenza posti in essere dopo la condanna e in un lasso di tempo strettamente connesso a quello in cui era stata compiuta la valutazione dell'istanza di affidamento al servizio sociale e, neanche su tale specifico aspetto, il condannato aveva avanzato alcunché nel proprio ricorso.

In conclusione, la Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. 

 

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