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Corte di cassazione. Inammissibilità del ricorso per omessa sintetica esposizione dei fatti

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Con sentenza n.14548/2022 del 09/05/2022, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha affrontato il tema dell'inammissibilità del ricorso per mancanza di una sintetica esposizione del fatto processuale e della carenza di specificazioni sulle circostanze rilevanti per la decisione di legittimità (fonte http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/).

Analizziamo la vicenda sottoposta all'esame dei giudici di legittimità.

I fatti di causa

Gli attori hanno convenuto in giudizio gli eredi del creditore procedente – che aveva provveduto ad una trascrizione difforme dall'atto notificato a causa della divergenza tra la descrizione dei beni colpiti con l'atto notificato e quelli indicati nella nota di trascrizione – domandando il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti. Ciò in quanto, dopo l'avvenuta dichiarazione di estinzione della procedura per omesso deposito della documentazione ex art. 567 c.p.c., i suddetti eredi non hanno provveduto alla cancellazione della trascrizione.

Il Tribunale ha respinto la domanda attorea ritenendo che per alcuni convenuti fosse stato provato il difetto di legittimazione passiva per avere i predetti già rinunciato all'eredità; mentre in relazione ad altro convenuto il giudice di prime cure ha evidenziato che 1) gli attori avrebbero potuto pretendere un risarcimento dei danni conseguenti alla trascrizione del pignoramento solo con un'opposizione esecutiva, 2) l'ordine di cancellazione del gravame era stato impartito dal giudice dell'esecuzione al Conservatore dei Registri Immobiliari, sicché gli esecutati avrebbero potuto agevolmente conseguire la cancellazione della formalità pregiudizievole mediante presentazione di copia conforme del provvedimento. 

 La sentenza è stata appellata da uno degli attori il quale ha dedotto in particolare l'erroneità della sentenza per avere il Tribunale travisato il presupposto della domanda, a suo parere costituito dalla mancata cancellazione della trascrizione del pignoramento e non dall'esecuzione dello stesso.

La Corte d'appello ha respinto l'impugnazione ritenendo corretta e completa la pronuncia del Tribunale il quale, da un lato ha rilevato che gli esecutati avrebbero potuto ottenere agevolmente la cancellazione della trascrizione del pignoramento in base all'ordine del giudice dell'esecuzione e, dall'altro, che per i danni conseguenti al pignoramento la domanda risarcitoria non può essere esperita in un giudizio autonomo (ex art. 2043 cod. civ.) rispetto all'opposizione esecutiva, ma deve essere proposta, ex art. 96 c.p.c., con opposizione all'esecuzione.

La parte soccombente ha impugnato la suddetta decisione della Corte d'Appello sulla base di una serie di eterogenee censure dedotte in un unico motivo.

La decisione della Corte di cassazione

In primo luogo i giudici della Corte di Cassazione hanno rilevato che nel caso di specie il ricorrente ha omesso, in violazione dell'art.366, comma 1, n.3, c.p.c. sia una sintetica esposizione del fatto processuale, sia la specificazione delle circostanze rilevanti per la decisione di legittimità.

Infatti a parere degli ermellini il ricorrente ha omesso di cogliere la principale ratio decidendi della sentenza impugnata ed ha cumulato eterogenee censure in un unico motivo, nonché ha incongruamente richiamato la disciplina della trascrizione delle domande giudiziali, non pertinente alla trascrizione del pignoramento immobiliare.

Sul punto la Corte ha ricordato che il giudizio di cassazione è un giudizio impugnatorio a critica vincolata, in cui il ricorrente deve rivolgersi alla Corte individuando uno o più specifici vizi di legittimità scegliendoli dal novero di quelli elencati dall'art.360, comma 1, e nel rispetto dei requisiti di contenuto-forma di cui agli artt.365 e 366 c.p.c. 

 In particolare, l'art.366, comma 1, n.3, c.p.c., prevede che il ricorso debba contenere, a pena di inammissibilità, "l'esposizione sommaria dei fatti di causa", laddove il fatto deve intendersi nella duplice accezione 1) di fatto sostanziale, ossia, quanto concernente le reciproche pretese delle parti; 2) di fatto processuale, ossia quanto accaduto nel corso del giudizio, le domande ed eccezioni formulate dalle parti, i provvedimenti adottati dal giudice ecc.

A questo proposito la Corte ha richiamato l'orientamento delle Sezioni Unite secondo cui "La prescrizione contenuta nell'art.366, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., secondo la quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena d'inammissibilità, l'esposizione sommaria dei fatti di causa, non può ritenersi osservata quando il ricorrente non riproduca alcuna narrativa della vicenda processuale, né accenni all'oggetto della pretesa, limitandosi ad allegare, mediante "spillatura" al ricorso, l'intero ricorso di primo grado ed il testo integrale di tutti gli atti successivi, rendendo particolarmente indaginosa l'individuazione della materia del contendere e contravvenendo allo scopo della disposizione, preordinata ad agevolare la comprensione dell'oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura" (cfr. Cass., Sez. Un. n. 16628/2009; Cass., Sez. Un. n. 5698/2012; Cass. n. 3385/2016, Cass. n. 12641/2017; Cass. n. 26837/2020, Cass. 4435/2022).

Conseguentemente la Corte ha ritenuto che il ricorrente sia incorso in una eccessiva e sovrabbondante esposizione, in quanto ha adottato una tecnica espositiva tale che da un lato impone la lettura di un'ingente massa di informazioni su fatti (processuali e sostanziali) per lo più irrilevanti ai fini della decisione, e dall'altro rende di per sé impossibile la focalizzazione sui fatti rilevanti, neppure potendo procedersi mediante la tecnica della espunzione.

Sulla base di queste considerazioni, la Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso. 

 

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