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Il ricorso depositato direttamente dinanzi al CNF è inammissibile

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Il ricorso avverso una decisione del COA (Consiglio dell'Ordine degli Avvocati), ove depositato in via telematica direttamente e unicamente dinanzi al Consiglio Nazionale Forense (CNF) e non dinanzi all'Ordine degli avvocati che ha emesso la predetta decisione, è inammissibile.

Questo è quanto ha statuito il CNF, con decisione n. 7 del 2 marzo 2022 (fonte: https://www.codicedeontologico-cnf.it/GM/2022-7.pdf).

Ma vediamo nel dettaglio la questione.

I fatti del procedimento

La ricorrente ha chiesto di essere iscritta all'Albo degli Avvocati di altro Foro in trasferimento da quello di appartenenza, dichiarando domicilio professionale presso uno studio legale. Detta istanza è stata accolta ed è stata ordinata l'iscrizione della ricorrente al nuovo Albo degli Avvocati. La decisione di accoglimento è stata comunicata all'Ordine originario di appartenenza della ricorrente e a quest'ultima a mezzo notifica presso il nuovo domicilio professionale. È accaduto che, in occasione di questa notifica, l'impiegata addetta allo studio avente sede all'indirizzo indicato nella domanda di iscrizione quale domicilio professionale ha dichiarato all'Ufficiale Giudiziario notificante che la destinataria era "sconosciuta allo studio". L'avvocato, titolare del suddetto studio, con messaggio di posta elettronica ha, poi, comunicato al Consiglio dell'Ordine di non conoscere la professionista e di non averla autorizzata a indicare il domicilio professionale presso il proprio studio. Il COA:

  • ha chiesto chiarimenti alla ricorrente;
  • ha ritenuto i chiarimenti forniti non sufficienti;
  •  ha così deliberato di procedere all'annullamento in autotutela della delibera di iscrizione, con la cancellazione della ricorrente dall'Albo degli Avvocati.

La professionista, con riserva di proporre ricorso al CNF, ha successivamente chiesto di essere re-inserita nell'Albo in via temporanea e fino all'esito del ricorso davanti al CNF, con sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento di cancellazione per consentirle la difesa di un suo cliente in ambito penale. Il COA non ha accolto questa istanza, considerato che la reiscrizione temporanea all'Albo degli Avvocati non è prevista da alcuna norma di Legge e che, per altro verso, non risultava allora ancora presentato il ricorso al CNF.

Il caso così è giunto dinanzi al CNF.

Ripercorriamo la decisione di quest'ultima autorità.

La decisione del CNF

La ricorrente contesta l'intero iter motivazionale del provvedimento del COA, osservando in primo luogo che la circostanza dell'assenza di domicilio professionale non è stata appurata, mancando prove certe, e che, comunque, quelle richiamate sono contraddittorie e incerte. Richiama al proposito la sentenza n. 66/2013 del CNF in relazione al requisito del domicilio professionale, nonché il parere CNF n. 21/2010, con cui è stata indicata tra le competenze del Consiglio dell'Ordine quella di effettuare gli opportuni controlli al fine di "escludere che il domicilio professionale eletto non abbia carattere di effettività" e che tali controlli non sono stati compiuti con la necessaria completezza. In particolare, la ricorrente lamenta che la delibera di cancellazione si sarebbe limitata alla descrizione dell'elemento materiale, senza però fare riferimento a quale sarebbe stata la fede privilegiata da accordare all'attestazione dell'Ufficiale Giudiziario. 

Per la ricorrente, poi, neppure costituisce prova idonea a giustificare il provvedimento di cancellazione il messaggio di posta elettronica inviato al COA dal titolare dello studio presso cui aveva eletto domicilio. Ciò in quanto una email ordinaria, differentemente dalla PEC, non può essere riferibile con certezza, senza precise verifiche ed accertamenti, a colui che appare esserne l'autore; senza che, quindi, possa riconoscersi a tale tipo di comunicazione valore legale e valenza probatoria. In particolare, ciò che resta dubbio, prima ancora che il contenuto del messaggio o la provenienza da un determinato indirizzo, è l'identità dell'effettivo autore e mittente. Secondo il CNF, il ricorso è inammissibile in quanto la ricorrente ha presentato detto atto telematicamente al CNF e non all'Ordine degli Avvocati. In forza dell'art. 17 della Legge n. 247/2012, comma 7, contro la decisione che rigetta la domanda di iscrizione all'Albo, è possibile presentare ricorso al CNF entro venti giorni dalla notificazione del diniego. Sebbene la competenza a decidere su detto ricorso sia del CNF, la funzione giurisdizionale di tale autorità, come stabilito dall'art. 36 L. 247/2012, "si svolge secondo le previsioni di cui agli articoli da 59 a 65 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37.". Ebbene, l'art. 59 del Regio Decreto n. 37/1934, prevede che "il ricorso al Consiglio nazionale forense è presentato negli uffici del Consiglio che ha emesso la pronuncia, e deve contenere l'indicazione specifica dei motivi sui quali si fonda, ed essere corredato della copia della pronuncia stessa, notificata al ricorrente.". Nel caso in esame, il ricorso non è stato depositato presso il COA, essendo stato presentato solo telematicamente presso il CNF. Ne consegue che, essendo unica e valida modalità di proposizione del ricorso quella del deposito dell'atto presso il Consiglio dell'Ordine territoriale, altro non è consentito se non dichiarare lo stesso inammissibile. Peraltro, anche quando si volesse tentare di superare, in qualche modo tale ragione ostativa, lo stesso sarebbe stato comunque inammissibile per tardività, essendo stato presentato ben oltre il termine consentito.  

 

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