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Condannata la dirigente che rottamò i banchi a rotelle.

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 Siamo nel periodo della pandemia da Covid e fece molto clamore il caso di una docente di un liceo di Venezia che decise di accatastare i famosi banchi a rotelle voluti dall'allora ministro Lucia Azzolina, senza averli mai di fatto utilizzatiscuola.

Dopo circa due anni arriva la sentenza della giustizia amministrativa che si è pronunciata riconoscendo il danno provocato allo Stato e condannando la docente ad una multa di 38 mila euro a titolo di risarcimento danni.

La dirigente aveva infatti deciso di rottamare 40 banchi nell'ottobre dell'anno 2021, quando ancora si era in piena emergenza Covid e la foto del cumulo di banchi accatastati fuori dalla scuola fece il giro del web e delle tv locali, dando vita ad un caso mediatico.

Come si ricorderà, le sedute furono volute non solo per garantire la distanza in un momento in cui si voleva riprendere con la didattica in presenza, ma, anche nell'ottica di favorire una lezione diversa, un nuovo tipo di didattica che incentivasse il lavoro di gruppo in classe.

 Inoltre, le norme per il contrasto alla pandemia a scuola, richiedevano che gli studenti in presenza fossero distanziati tra di loro di almeno un metro.

Cosa per lo più impossibile da realizzare nella maggior parte dei casi con i banchi più diffusi nelle nostre aule, ovvero quelli biposto, ed in considerazione degli spazi disponibili in classe.

Dovendo spendere tanti milioni di euro per rinnovare gli arredi scolastici, si pensò bene di dare alle scuole la possibilità di dotarsi di banchi monoposto tradizionali, oppure di sedute monoposto del tipo innovativo, ovvero i celebri banchi a rotelle.
Alla fine però, come ricorderemo la questione divenne occasione di scontro politico perché si accusò la ministra di sprecare fondi pubblici.

Tentò di far luce sulla questione il Presidente dell'Associazione Nazionale dei Presidi che appunto cercò di spiegare che i banchi a rotelle dovevano servire per praticare un tipo di didattica innovativa in cui si cerca di non avere più la cattedra e i banchi messi a falange, ma si organizzano gruppi di lavoro, tale scelta però competeva appunto alle scuole. 

 Ecco perché la scelta della docente fu vista come uno spreco di risorse pubbliche.

D'altra parte, la decisione all'epoca, fu affidata agli istituti circa l'acquisto o meno delle sedute e lo Stato si premurò di svolgere una gara pubblica, prima di procedere all'approvvigionamento di oltre 2 milioni di banchi monoposto.

Riguardo il caso in questione, in un primo momento la Preside si giustificò sostenendo di non aver acquistato la dotazione dei banchi, ma, verifiche successive smentirono tale posizione.

Difatti, l'ex provveditorato regionale, avviò un'indagine volta ad approfondire l'accaduto, che si concluse con una sanzione pecuniaria per la dirigente scolastica che risultò aver firmato il "certificato di regolare fornitura e verbale di collaudo" dei banchi che successivamente vennero accatastati nella biblioteca scolastica.

In un primo momento sulla questione era invece intervenuto l'Ufficio scolastico regionale del Veneto che si era premurato di trasferire l'anno successivo la docente giustificando il provvedimento per casi eccezionali.

Ma perché la preside aveva preso questa decisione?

Ella aveva ritenuto che, le dimensioni dei banchi, più ampi delle sedute monoposto, impedissero il normale svolgimento delle lezioni creando situazioni di scomodità per gli alunni.

Per tali motivi, la preside possibilmente in buona fede aveva preso tale decisione, ma purtroppo ciò ha poi portato alla condanna della dirigente scolastica e alla sentenza di risarcimento.

 

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