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Composizione delle liti e arbitrato amministrato

caravita

La composizione delle liti e delle controversie può, in alternativa alla giurisdizione statale, essere affidata dalle parti a terzi che le parti scelgono in piena autonomia, e che decidono secondo le regole dettate sempre dal Codice di Procedura Civile (artt. 806 – 840).

In tal senso è l'articolo 806, I comma, del Codice di Procedura Civile che dispone: "le parti possono far decidere da arbitrile controversie tra di loro insorte che non abbiano per oggetto diritti indisponibili, salvo espresso divieto di legge."

L'arbitro, persona diversa dal giudice statale e scelta dalle parti in accordo tra di loro, definisce la controversia tra loro insorta.

Le parti hanno pertanto, in base al nostro ordinamento, la possibilità di scegliere il modo in cui affrontare e risolvere le loro controversie: hanno cioè una alternativa alla giustizia statale, della quale è quasi inutile sottolineare la ormai evidente inadeguatezza.

Per quale motivo, tuttavia, le parti si rivolgono per il loro contenzioso a una giurisdizione alternativa non statale? Quali vantaggi trarranno esse da una simile scelta?

Come sopra indicato, affinché il sistema alternativo arbitrale funzioni, è necessaria anzitutto la volontarietà dell'approccio al sistema alternativo: le parti che vogliono una rapida soluzione della loro controversia dovranno scegliere preventivamente, con la sottoscrizione di una apposita clausola compromissoria, di risolvere le loro questioni attraverso l'arbitrato. Di grande impatto è dunque l'inserimento nei propri contratti della clausola compromissoria. Ancor più efficace è la pattuizione med – arb, della volontà di risolvere la insorgenda controversia attraverso il ricorso prima alla mediazione (procedura informale di conciliazione delle parti) e poi, in caso di fallimento della mediazione, all'arbitrato.

Un indiscutibile vantaggio del percorso med – arb è la rapidità della soluzione della controversia, risultato di primaria importanza posto che la impresa commerciale virtuosa, in caso di controversia (piccola o grande che sia) deve prevedere nel suo bilancio una posta di rischio connessa all'esito di quella controversia, con conseguente immobilizzazione di capitale e di capacità di investimento.

L'arbitro, scelto dalle parti in collaborazione con la istituzione arbitrale, deve avere una specifica preparazione in diritto relativa al settore (commerciale, civile, societario, imprenditoriale) nell'ambito del quale si svolge la controversia, con una competenza specifica che la giurisdizione statale raramente può garantire.

Appare opportuna a questo punto una rapidissima escursione sulla evoluzione del diritto dell'arbitrato interno in Italia.

Il diritto italiano dell'arbitrato è rimasto sostanzialmente immobile per oltre cinquanta anni. Dal 1940 in poi, solo con la novella del 1983 erano state infatti introdotte delle modifiche importanti ma limitate e per giunta – come la scarsa giurisprudenza su di essa formatasi ha ritenuto – non sempre armonizzate con la normativa codificata: ciò mentre la coscienza arbitrale del paese cresceva, in consapevolezza e numero di consensi, anche per effetto della durata ormai inaccettabile del contenzioso ordinario (cfr. Mauro Rubino Sammartano – Il diritto dell'arbitrato – 6° Ed. CEDAM – 2010 – tomo II – "Il futuro dell'arbitrato").

Le numerose e significative riforme susseguitesi dal disegno di legge del 1994 sino al 2006 sono state tutte caratterizzate dall'evidente mutamento di atteggiamento verso l'arbitrato: esso non è più stato consideratouna "anomala deroga alla giurisdizione ordinaria" riconoscendo invece "le preminenti funzioni che adesso attribuisce l'attuale situazione economico – sociale". (ibidem)

Negli ultimi decenni quindi, la normativa sull'arbitrato ha subito continue modifiche, a volte importanti, a volte impercettibili, mai ricondotte ad un unico disegno compiutamente e immediatamente comprensibile: ed anzi, ad aumentare le difficoltà sistematiche di inquadramento dell'istituto e della sua disciplina, occorre sottolineare che permane un atteggiamento a volte di aperta diffidenza, a volte invece ambiguo, che rallenta l'immediata comprensione delle potenzialità dell'arbitrato.

Ad esempio, tra le evidenti ambiguità derivanti da una atavica sfiducia verso l'istituto dell'arbitrato nonché il persistere della tendenza, non generale ma ben radicata, a considerare l'arbitrato ancora come una anomalia (e dunque, per il caso che ci accingiamo a segnalare, per il quale il legislatore non ha ritenuta nemmeno necessaria una armonizzazione con il Codice di Procedura Civile), sottolineiamo come mentre il termine per le impugnazioni ordinarie è stato dimezzato e portato a sei mesi, per l'impugnazione dei lodi arbitrali in caso di nullità il termine risulta ancora di dodici mesi.

Ma, senza voler parlare di irrazionalità del sistema e solo per sottolineare la silenziosa marcia del sistema arbitrale verso il pieno riconoscimento di "sistema alternativo" alla giustizia ordinaria, non può essere taciuto, anche qui a mero titolo di esempio non certamente esaustivo dell'argomento, che l'arbitro oggi può rimettere alla Corte Costituzionale questioni scaturenti dalla applicazione di una norma, della cui costituzionalità esso dubiti.

Ed infatti, la Corte Costituzionale ha ritenuto che «l'arbitrato costituisce un procedimento previsto e disciplinato dal codice di procedura civile per l'applicazione obiettiva del diritto nel caso concreto, ai fini della risoluzione di una controversia, con le garanzie di contraddittorio e di imparzialità tipiche della giurisdizione civile ordinaria. Sotto l'aspetto considerato, il giudizio arbitrale non si differenzia da quello che si svolge davanti agli organi statali della giurisdizione, anche per quanto riguarda la ricerca e l'interpretazione delle norme applicabili alla fattispecie» e ha affermato che il giudizio degli arbitri «è potenzialmente fungibile con quello degli organi della giurisdizione» (Corte Cost sentenza n. 376 del 2001): sulla base di questo ragionamento, la Corte delle Leggi ha verificato la sussistenza della legittimazione degli arbitri a sollevare questioni di legittimità costituzionale.

Segnaliamo a tale riguardo una recentissima pronuncia resa dalla Corte Costituzionale in un giudizio di legittimità costituzionale promosso proprio da un Arbitro di Bologna: con tale sentenza la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'articolo 819-ter, secondo comma, del codice di procedura civile, nella parte in cui esclude l'applicabilità, ai rapporti tra arbitrato e processo, di regole corrispondenti all'articolo 50 del codice di procedura civile. (cfr. Corte Costituzionale, sentenza 223/2013 – 19 luglio 2013 – Presidente F. Gallo – Relatore L. Mazzella)

Si registra fortunatamente un passaggio, lento ma costante, da una interpretazione dell'arbitrato come "clinica di lusso" alla costruzione di una seconda casa della giustizia, aperta, democratica, trasparente ed accessibile a tutti: e questa seconda casa si può costruire, appoggiandosi a organismi arbitrali quali la Corte Arbitrale Europea, prestigiosa istituzione arbitrale europea (fondata a Strasburgo nel 1959) attraverso la sua Delegazione Italiana.

Le fondamenta di questa seconda casa della giustizia sono confermate dalla nuova formulazione dell'articolo 832 del Codice di Procedura Civile, che ha espressamente riconosciuto che si possa fare rinvio ad un regolamento arbitrale precostituito.Ciò in quanto vari organismi arbitrali amministrano arbitrati da decenni e il loro numero sta crescendo.

Il richiamo all'art. 832 cpc vale quindi solo a dimostrare che il legislatore anche in questo caso non precede, ma segue uno sviluppo incontenibile ed inarrestabile, e lo fa con interventi a volte casuali, a volte slegati dal contesto ed inseriti in corpi di norme estranei alla disciplina dell'istituto arbitrale.

Pochi si sono resi conto, per esempio, della portata dell'art. 2, comma 5, della recente riforma forense, che espressamente fa riserva di legge a favore degli avvocati nella rappresentanza, difesa e assistenza nelle procedure arbitrali:ecco un altro piccolo tassello che modifica (in modo sostanziale) l'assetto difensivo di fronte ad un procedimento arbitrale.

Preme a questo punto richiamare le parole del Dottor Santacroce, oggi Primo Presidente della Corte di Cassazione, che aprendo il convegno "L'arbitrato:un'altra strada", organizzato dalla Delegazione Lazio della Corte Arbitrale Europea e tenutosi a Roma (6 maggio 2013), ha sottolineato con forzala necessità di una drastica limitazione del ricorso al giudice, riducendo il flusso delle controversie in entrata e contrastando la convinzione tutta italiana che rivolgersi al giudice statale sia l'unico rimedio a disposizione del cittadino per ottenere il riconoscimento e l'affermazione dei propri diritti. All'estero funzionano da tempo istituti come l'arbitrato e la mediazione, che da noi hanno rivestito invece sempre un ruolo di carattere sussidiario e subalterno. (Giorgio Santacroce, Prolusione e indirizzo di saluto al Convegno "L'arbitrato:un'altra strada" ).

Ha scritto Carmine Punzi nella sua recente seconda edizione del "Disegno sistematico dell'arbitrato", che "se appare essenziale al nascere dello Stato il monopolio della forza nell'attuazione coattiva dei diritti e se può apparire essenziale il monopolio legislativo, non altrettanto essenziale è l'affermazione del monopolio della composizione delle controversie e in particolare del potere di risolverle e deciderle mediante lo jus dicere. "

Come funziona un arbitrato?

Partiamo dalla figura tradizionale di arbitrato: l'arbitrato ad hoc.

Nell'arbitrato ad hoc, le parti costituiscono il collegio arbitrale, il collegio si dà le sue regole, nomina il segretario, riscuote i suoi compensi e dà corso alla procedura.

L'arbitrato ad hoc si è prestato ad essere uno strumento di giustizia privata in cui gli arbitri a volte si auto liquidavano onorari molto elevati.

All'arbitrato ad hoc si affianca ormai da lungo tempo l'arbitrato amministrato, ovverosia l'arbitrato gestito da enti e istituzioni arbitrali. Nella procedura arbitrale amministratasi fa riferimento infatti ad un ente che pubblica per le procedure arbitraliad esso ente affidate un regolamento e tariffe pubbliche.

L'arbitrato amministrato pertanto con il suo Regolamento pubblico, che le parti e gli arbitri accettano, e le sue tariffe arbitrali anche esse pubbliche e conosciute dalle parti prima dell'avvio della procedura arbitrale, costituisce una spinta di trasparenza e affidabilità per un istituto che, come abbiamo visto, era stato vissuto con diffidenza e sospetto.

Chi oggi vuole andare in arbitrato, rivolgendosi ad un ente arbitrale saprà da prima quali sono le regole che saranno applicate e quali saranno i costi (onorari degli arbitri e diritti di segreteria) che saranno richiesti.

La Corte Arbitrale Europea ha scelto quale uno dei suoi principio fondamentali la nomina di un unico arbitro, con l'indubbio vantaggio di ridurre di 2/3 le spese da programmare per il giudizio arbitrale e di far guadagnare tempo alla procedura.

Il cuore pulsante di un organismo è il suo Regolamento, cioè il complesso di norme cui tutte le parti, che aderiscono al progetto arbitrale, fanno riferimento nel corso della procedura.

E' importante comprendere che a tale Regolamento aderiscono non solo le parti del procedimento, ma anche gli Arbitri che verranno poi nominati, i quali aderendo al Regolamento ne accettano non solo le procedure ma anche le tariffe ed i compensi ivi stabiliti.Tale Regolamento si applica quindi alle parti e ai loro difensori.

Come si scelgono gli arbitri?

I criteri di scelta di un arbitro sono estremamente delicati. La Corte Arbitrale Europea ne ha individuato tre. Non parliamo di liste, essendo più appropriato il termine "panel". Nulla deve indurre a pensare a diritti di precedenza nelle nomine.

Nell'arbitrato la scelta dell'arbitro è un diritto e facoltà della parte: nell'arbitrato ad hoc (la clinica di lusso) la scelta dell'arbitro è affidata unicamente alla capacità non sempre sviluppata della parte di muoversi nel mondo del diritto, alla sua personale rete di conoscenze e alla sua capacità di discernimento.

L'ente amministratore dell'arbitrato, invece, può aiutare e indirizza le parti a scegliere l'arbitro e lo fa, nell'ambito delle specifiche conoscenze nella materia oggetto di arbitrato, con tre criteri supplementari alla richiamata conoscenza :

1)arbitri di fama internazionale, conosciuti dalla comunità scientifica;

2) tutte le persone che hanno già sviluppato una esperienza arbitrale e che sono note anche esse alla comunità scientifica;

3) tutte le persone che vengono formate con specifici corsi di preparazione.

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Naturalmente, oltre ad un Regolamento predisposto attentamente, occorre una squadra di professionisti del settore, che sappiano applicare il Regolamento.

La Corte Arbitrale Europea, con la sua capillare diffusione sul territorio italiano, con i suoi corsi di formazione, con i numerosi convegni sul tema dell'arbitrato, ha creato una rete di professionisti che possa entrare nei meccanismi di un arbitrato amministrato con una preparazione di base già di per sé di altissima caratura.

La Corte Arbitrale Europea e la sua Delegazione Italiana guardano alla avvocatura come corpo socialee alle forze professionali che ruotano intorno a questo corpo sociale: i giovani avvocati delle Delegazioni Regionali della Corte Arbitrale Europea sono in grado di dare vita a una struttura di giustizia alternativa, che saràdi reale aiuto non solo al decongestionamento della giustizia, ma che potràaddirittura funzionare anche come punto di partenza di un nuovo rapporto tra utenza e giustizia.

L'Avvocato Michele Vietti, già Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, in un suo saggio - "La fatica dei giusti" (UBE Editore – Agosto 2011) - auspica che quanto prima si possa "affidare l'esercizio della giustizia concreta (almeno di una sua parte) a soggetti extra giurisdizionali, armati non del potere coercitivo dello Stato ma del consenso delle parti".

Questo è anche l'auspicio della Corte Arbitrale Europea, e dei professionisti che in essa da anni conferiscono le loro capacità ed il loro entusiasmo.

Le imprese italiane possono trarne enormi benefici: la scelta è degli imprenditori e dei loro uffici legali, dei consulenti esterni e degli avvocati che insieme al mondo imprenditoriale fanno parte del tessuto sociale italiano e hanno l'occasione di affrontare la sfida di un nuovo modo di risolvere le controversie.

 

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