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Con l'ordinanza n. 14005 dello scorso 7 luglio, la VI sezione civile della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un cliente che, dopo esser stato assistito da un legale in diverse controversie, contestava l'effettivo svolgimento delle attività elencate nella parcella.
Si è difatti riformata la decisione del Tribunale che, senza far alcun riferimento alle risultanze processuali e alle argomentazioni difensive del cliente, aveva ritenuto che il compenso dell'attività complessiva svolta dal legale trovasse la sua prova, e legittimazione, nella nota asseverata dal Consiglio dell'ordine.
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dal ricorso per decreto ingiuntivo presentato da un legale, volto ad ottenere il compenso ad esso spettante per alcune prestazioni di assistenza legale svolte in favore di un cliente in tre controversie di lavoro, in un procedimento per accertamento tecnico preventivo, per consulenza stragiudiziale, per l'opposizione ad un provvedimento di archiviazione e per tre contestazioni disciplinari.
Emesso un decreto ingiuntivo per l'importo di Euro 19.918,00, il cliente proponeva opposizione, sollevando una lunga serie di contestazioni legate, tra l'altro all'effettivo svolgimento delle attività elencate nella parcella.
In particolare, eccepiva il valore delle singole controversie, l'esito sfavorevole delle attività svolte, la duplicazione dei compensi per la consulenza stragiudiziale e la successiva attività giudiziale, l'applicazione, in taluni casi, dei massimi tabellari, la possibilità di considerare come giudiziale l'attività relativa alle fase stragiudiziale, l'impossibilità di condannare la parte, ammessa al gratuito patrocinio, per la difesa svolta in sede penale, la congruità delle spese per il parere di congruità reso dal Consiglio dell'ordine .
Il Tribunale di Pordenone rigettava in parte l'opposizione proposta: secondo il Tribunale, infatti, il compenso dell'attività complessiva svolta dal legale trovava la sua prova, e legittimazione, nella nota asseverata dal Consiglio dell'ordine; in parziale accoglimento delle eccezioni sollevate dal cliente, si riteneva provato solo l'avvenuto pagamento di un acconto di Euro 3.072,52.
Ricorrendo in Cassazione, il cliente eccepiva violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 134 c.p.c., nonché l'omessa e contraddittoria motivazione e l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
A tal fine il ricorrente evidenziava come il Tribunale, sebbene avesse dichiarato che la parcella asseverata non era vincolante, aveva, di fatto, recepito acriticamente il contenuto del parere del Consiglio dell'ordine, omettendo di pronunciarsi sulle molteplici eccezioni sollevate con l'atto di opposizione, riguardo al fatto: che il difensore aveva duplicato i compensi per l'attività di consulenza stragiudiziale e per il giudizio; che nulla poteva esser preteso per i procedimenti penali, poiché la parte era stata ammessa al gratuito patrocinio; che non era stato mai instaurato alcun procedimento di impugnazione del diniego di malattia professionale adottato dall'INPS; che nessun compenso spettava al difensore per taluni giudizi che erano stati riuniti; che, con riferimento all'impugnazione del licenziamento, non erano stato decurtati dal valore della controversia i pagamenti eseguiti prima del giudizio ed inoltre la parcella era stata calcolata in applicazione dei valori massimi; che, riguardo all'ATP, non era stato preso in considerazione l'esito sfavorevole del giudizio; che, riguardo alle contestazioni disciplinari il difensore non aveva specificato quale rilievo avesse assunto la consulenza rispetto alla successiva impugnazione; che, in merito alla consulenza stragiudiziale legata alla causa di lavoro, nulla poteva essere riconosciuto al difensore, poiché il parere del Consiglio dell'ordine attestava che la consulenza era stata funzionale al giudizio.
La Cassazione condivide le doglianze sollevate del ricorrente.
La Corte evidenzia come, a fronte delle articolate deduzioni difensive, il giudice di merito ha pronunciato sulla sola eccezione di pagamento degli acconti e, per il resto, ha riconosciuto al difensore l'intero importo richiesto, sulla base di argomentazioni sostanzialmente apodittiche, sganciate da qualsivoglia riferimento alle risultanze processuali e alle argomentazioni difensive dell'opponente.
Nella decisione impugnata, infatti, il Tribunale ha specificamente ritenuto come il legale avesse documentato tutta l'attività, sì da permettere al consiglio dell'ordine di esprimere il parere di congruità.
Alla luce di tanto, la decisione impugnata appare fondata su una motivazione apparente, inidonea a dar conto delle statuizioni assunte e del tutto elusive rispetto alle argomentazioni difensive sollevate con l'atto di opposizione.
In conclusione, la Corte accoglie il ricorso, cassa l'ordinanza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa al Tribunale di Pordenone in persona di altro Magistrato, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
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