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Comodato more uxorio non registrato e detrazioni per ristrutturazione edilizia

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Riferimenti normativi: Art.36 bis D.P.R.n.600/73 - Art.16 bis T.U.I.R. - Art.3 D.P.R.n.380/2001.

Focus: Il convivente more uxorio può beneficiare della detrazione per i lavori di ristrutturazione edilizia su un immobile concesso in comodato non registrato?

Principi generali: Tra i soggetti che possono beneficiare dell'agevolazione per ristrutturazione edilizia, elencati nell'art.3 del D.P.R.n.380/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) rientrano non solo i proprietari o i titolari di diritti reali sugli immobili, per i quali si effettuano i lavori e che ne sostengono le spese, ma anche l'inquilino o il comodatario. Di conseguenza, per le spese sostenute a partire dal 1° gennaio 2016, purché sostengano le spese e siano intestatari di bonifici e fatture, hanno diritto alla detrazione il familiare convivente del possessore o detentore dell'immobile oggetto dell'intervento (il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado) e il componente dell'unione civile; il coniuge separato assegnatario dell'immobile intestato all'altro coniuge; il convivente more uxorio, non proprietario dell'immobile oggetto degli interventi né titolare di un contratto di comodato. In questi casi, infatti, la disponibilità dell'immobile da parte del convivente risulta insita nella convivenza che si esplica ai sensi della legge Cirinnà n.76/2016 . 

Per l'accertamento della "stabile convivenza" la legge Cirinnà richiama il concetto di famiglia anagrafica ( D.P.R.n.223/1989) e, quindi, tale status può risultare dai registri anagrafici o essere oggetto di autocertificazione (Risoluzione n.64/E/2016; Circolare n.7/E/2018). Di conseguenza il convivente more uxorio che sostiene le spese ha diritto a fruire della detrazione al pari dei familiari conviventi, nel rispetto delle condizioni previste dall'art.16 bis T.U.I.R. Così, ad esempio, può fruire della detrazione per le spese sostenute per interventi effettuati su una abitazione, anche se diversa dall'abitazione principale della coppia nelle quali si esplica il rapporto di convivenza. La Corte di Cassazione con Ordinanza n.13424/2021, pubblicata il 18/05/2021, ha chiarito che la detrazione per interventi di ristrutturazione spetta a chi detiene l'immobile e sostiene le spese, nel caso specifico al comodatario, anche senza la registrazione del relativo contratto che ne certifichi la data certa. Infatti, anche senza la registrazione della scrittura privata è possibile dimostrare la "data certa sulla base di fatti che stabiliscano in modo indiscusso l'anteriorità della formazione del documento". Tale principio è stato ribadito anche dalla Commissione tributaria regionale del Veneto, con sentenza n.831 del 22/06/2021, la quale ha riconosciuto che l'esistenza di un rapporto di comodato, benché non registrato, costituisce titolo per fruire delle detrazioni per ristrutturazione edilizia. Nel caso di specie un contribuente aveva fatto ricorso contro una cartella di pagamento, notificata nel 2017, recante le maggiori imposte Irpef e altro dovute per l'anno 2012, con relative sanzioni e interessi, per il disconoscimento, da parte dell'Agenzia delle Entrate, della detrazione per le spese di ristrutturazione effettuate dallo stesso contribuente-comodatario per effetto di un contratto di comodato non registrato.

L'Agenzia delle Entrate, infatti, ha sempre sostenuto che per poter accedere alle detrazioni edilizie il comodatario deve essere in possesso di un contratto registrato avente una data anteriore all'inizio dei lavori e della dichiarazione di assenso ai lavori da parte del proprietario (Circolare n.7/2021). Il contribuente, quindi, aveva impugnato la cartella di pagamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale che aveva respinto il ricorso perché, pur riconoscendo che il comodato costituisce un titolo idoneo per far valere il diritto a tali detrazioni fiscali, riteneva che in questo caso non era provata l'esistenza del contratto di comodato per mancanza di data certa conseguente alla omessa registrazione. La sentenza è stata appellata dal contribuente perché la decisione dei giudici di prime cure si fondava sulla presunta carenza di prova circa il rapporto di comodato, instauratosi tra il contribuente appellante e la compagna, senza tener conto dei documenti allegati al ricorso comprovanti l'idoneità del titolo per la detrazione spettante ai sensi dell'art.16 T.U.I.R. Il ricorrente, inoltre, criticava le affermazioni della risoluzione n.8/E/2017 invocata dall'Ufficio anche in sede di procedimento conseguente all'istanza di autotutela, presentata dal contribuente prima del ricorso, in merito alla riconoscibilità giuridica della convivenza "more uxorio" in epoca precedente all'entrata in vigore della L.n.76/2016 che avrebbero comportato una ingiustificata disparità di trattamento a parità di fattispecie ritenute degne di agevolazione e conseguente illegittimità costituzionale per violazione dell'art. 3 Cost. da parte dell'Ufficio. L'Agenzia delle Entrate - riscossione, si costituiva a sostegno della propria pretesa per ribadire l'asserita carenza di legittimazione passiva, come sostenuto in primo grado, in relazione alla richiesta del contribuente. La Commissione tributaria regionale ha ritenuto che le prove fornite dal contribuente, in relazione alla sua qualifica di comodatario dell'immobile oggetto degli interventi agevolati, erano da ritenersi più che sufficienti. L'appellante aveva, nello specifico, fornito la seguente documentazione: atto di notorietà e certificazione anagrafica relativa allo stato di convivenza more uxorio con la proprietaria dell'appartamento cui era riferito l'accertamento, che giustificherebbe la concessione in comodato dello stesso; copia delle utenze allo stesso intestate; istanza relativa alla Tia (tassa integrata ambientale) con i pagamenti effettuati che dimostravano il possesso dell'appartamento stesso. Pertanto, poiché il regime normativo di accesso alle detrazioni in questione non prevede la presenza di un contratto di comodato scritto e registrato come presupposto per il riconoscimento dei bonus fiscali, la Commissione Tributaria Regionale ha accolto l'appello del contribuente, considerato che l'esistenza di un idoneo titolo per l'accesso alle detrazioni fiscali può essere dimostrata anche attraverso di altri elementi diversi dalla registrazione del contratto.

 

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