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Circolazione denaro contante, quando è off limits?

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Inquadramento normativo: D.P.R. n. 600/1973; Legge n. 311/2004; D.Lgs. n. 231/2007; D.L. n. 16/2012 (conv. Legge n. 44/2012); Provvedimento Direttore Agenzia delle entrate del 2/07/2012; Legge n. 225/2016; D.Lgs. n. 90/2017; Art. 494 c.p.c.

Limiti alla circolazione di denaro contante: Nel nostro ordinamento vige il divieto di effettuare trasferimenti di denaro contante tra soggetti diversi per un valore pari o superiore a tremila euro. Tale divieto vige anche quando il trasferimento superiore a tale limite venga effettuato con più pagamenti, inferiori alla soglia, che appaiono artificiosamente frazionati, eseguito esclusivamente per il tramite di banche, Poste italiane S.p.a., istituti di moneta elettronica e istituti di pagamento.

Deroga ai limiti alla circolazione di denaro contante: Con riferimento ai soggetti operanti nell'ambito del commercio al minuto e nel settore turistico, per la vendita di beni e servizi a persone fisiche di cittadinanza diversa da quella italiana e comunque diversa da quella di uno dei paesi dell'Unione europea, che abbiano residenza fuori dal territorio dello Stato, il limite per il trasferimento di denaro contante è elevato a diecimila euro a condizione che il cedente del bene o il prestatore del servizio provveda ai seguenti adempimenti:

  • all'atto dell'effettuazione dell'operazione acquisisca fotocopia del passaporto dell'acquirente o del committente nonché apposita autocertificazione di quest'ultimo, attestante che i) non è cittadino italiano né cittadino di uno dei Paesi dell'Unione europea, ii) che ha residenza fuori del territorio dello Stato;
  • nel primo giorno feriale successivo a quello di effettuazione dell'operazione versi il denaro contante incassato in un conto corrente intestato al cedente o al prestatore presso un operatore finanziario, consegnando a quest'ultimo copia della ricevuta della comunicazione preventiva di adesione alla deroga in questione, effettuata all'Agenzia delle entrate.

Superamento limiti: Le banche, Poste italiane S.p.a., gli istituti di moneta elettronica, gli istituti di pagamento o i soggetti obbligati, indicati come tali dalla normativa antiriciclaggio, ove, nell'esercizio delle loro funzioni o nell'espletamento della loro attività, hanno notizia del superamento dei suddetti limiti alla circolazione del denaro contante, hanno l'obbligo di riferire entro trenta giorni al Ministero dell'economia e delle finanze per la contestazione.

Focus: La fissazione di tali limiti risponde a esigenze di prevenzione e contrasto dell'uso del sistema economico e finanziario a scopo di riciclaggio e finanziamento del terrorismo.

Ricorso frequente ad operazioni a mezzo denaro contante: Il ricorso frequente a versamenti o a prelievi di denaro contante, anche senza superare i predetti limiti, può destare sospetti ed essere suscettibile della segnalazione prevista dalla normativa antiriciclaggio da parte dei su indicati soggetti obbligati. Affinché tali operazioni possano essere considerate sospette, tuttavia, è necessario che esse:

  • non risultino giustificate;
  • non siano coerenti con il profilo di rischio del cliente.

Focus: Periodicamente l'Unità di Informazione finanziaria per l'Italia (UIF) aggiorna gli indicatori di anomalia, al fine di agevolare l'individuazione delle operazioni sospette.

Prelievi o versamenti superiori a mille euro giornalieri e a cinquemila euro mensili: Con riferimento agli imprenditori, sono considerati ricavi (e quindi produttivi di reddito) i prelevamenti o gli importi riscossi nell'ambito di operazioni per importi superiori a mille euro giornalieri e, comunque, a cinquemila euro mensili se, a seguito di accertamenti fiscali, tali operazioni non risultano dalle scritture contabili o il contribuente non indica il beneficiario. 

Prelievi e versamenti superiori alle soglie giornaliere e mensili effettuate dal professionista: Anche per i lavoratori autonomi, come per gli imprenditori, era stato previsto che i prelievi e i versamenti superiori alle soglie massime giornaliere e mensili, potevano essere considerati compensi non dichiarati, se a seguito di accertamenti fiscali, tali compensi non risultavano giustificati. Tale estensione, tuttavia, è stata ritenuta lesiva del principio di ragionevolezza nonché della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo, siano destinati ad un investimento nell'ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito. Infatti la figura del lavoratore autonomo, pur essendo per molti versi affine a quella dell'imprenditore sia nel diritto interno sia nel diritto comunitario, presenta specificità tali da far ritenere arbitraria l'omogeneità di trattamento. In particolare, l'attività svolta dai lavoratori autonomi si caratterizza per la preminenza dell'apporto del lavoro proprio e la marginalità dell'apparato organizzativo, che è quasi del tutto assente nei casi in cui è più accentuata la natura intellettuale dell'attività svolta, come per le professioni liberali. Inoltre, la non ragionevolezza della presunzione è avvalorata dal fatto che gli eventuali prelevamenti vengono ad inserirsi in un sistema di contabilità semplificata di cui generalmente e legittimamente si avvale la categoria dei lavoratori autonomi (Comm. trib. prov. Molise Isernia, n. 12/2018). In punto, si fa rilevare che, per costante giurisprudenza, con riferimento ai versamenti che superano le soglie su indicate, effettuati su conto corrente dal professionista o dal lavoratore autonomo, quest'ultimo è tenuto a provare che, ai fini imponibili, dette operazioni non costituiscono compensi, mentre, in forza dell'intervenuta sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, non deve dimostrare alcunché con riguardo ai prelevamenti (Cass., 9.8.2016, n. 16697; 20.1.2017, n. 1519, richiamate da Cass. civ. Sez. V, Sent., n. 14398/2017).

 

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