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Certificato di destinazione urbanistica: non è autonomamente impugnabile

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Con la sentenza n. 605 dello scorso 28 gennaio, la VIII sezione del Tar Campania, ha confermato l'impossibilità di impugnare una nota con cui un Comune aveva negato il rilascio del richiesto certificato di destinazione urbanistica, sul presupposto che l'area era stata oggetto di acquisizione da parte del Comune.

Il Collegio ha specificato che "il certificato di destinazione urbanistica, di cui all'art. 30, commi 2 e ss., del D.P.R. n. 380 del 2001, si configura come una certificazione redatta da un pubblico ufficiale, avente carattere meramente dichiarativo e non costitutivo degli effetti giuridici che dallo stesso risultano, visto che la situazione giuridica attestata nel predetto certificato è la conseguenza di altri precedenti provvedimenti che hanno provveduto a determinarla. Pertanto, il certificato, in quanto privo di efficacia provvedimentale, non ha alcuna concreta lesività, il che rende impossibile la sua autonoma impugnazione".

Il caso sottoposto all'attenzione del Tar prende avvio con la richiesta di un certificato di destinazione urbanistica.

Il Comune di Marcianise, Ufficio Urbanistica, in persona del Dirigente pro tempore, con nota comunale negava il rilascio del richiesto certificato di destinazione urbanistica, sul presupposto che l'area era stata oggetto di acquisizione da parte del Comune. 

 Ricorrendo al Tar, l'istante chiedeva l'annullamento, previa adozione di idonee misure cautelari anche inaudita altera parte, del provvedimento avente ad oggetto il diniego di rilascio della richiesta certificazione urbanistica.

Il Tar conferma la legittimità dell'operato della pubblica amministrazione.


Il Collegio Amministrativo puntualizza che il certificato di destinazione urbanistica, di cui all'art. 30, commi 2 e ss., del D.P.R. n. 380 del 2001, si configura come una certificazione redatta da un pubblico ufficiale, avente carattere meramente dichiarativo e non costitutivo degli effetti giuridici che dallo stesso risultano, visto che la situazione giuridica attestata nel predetto certificato è la conseguenza di altri precedenti provvedimenti che hanno provveduto a determinarla

 Pertanto, il certificato, in quanto privo di efficacia provvedimentale, non ha alcuna concreta lesività, il che rende impossibile la sua autonoma impugnazione. Gli eventuali errori in esso contenuti potranno essere corretti dalla stessa Amministrazione, su istanza del privato, oppure quest'ultimo potrà impugnare davanti al giudice amministrativo gli eventuali successivi provvedimenti concretamente lesivi, adottati sulla base dell'erroneo certificato di destinazione urbanistica.

Con specifico riferimento al caso di specie, il Collegio evidenzia che, come correttamente eccepito dall'ente resistente, difetta in capo al ricorrente l'interesse all'impugnativa in relazione alla nota gravata.

Alla luce di tanto, il Tar respinge il ricorso con condanna del ricorrente al pagamento di metà delle spese di lite in favore del Comune resistente, compensando per l'altra metà le spese di lite.

 

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