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Con l'ordinanza n. 30191 depositata il 20 novembre, la I sezione civile della Corte di Cassazione, respingendo il ricorso di una mamma, ha disposto che la figlia fosse affidata al padre, ritenendo che il collocamento in via preferenziale della minore presso l'uomo rispondesse all'interesse morale e materiale della stessa bambina, considerato l'atteggiamento troppo permissivo della mamma.
Si è quindi precisato che "in tema di affidamento dei figli minori, il giudizio prognostico che il giudice è chiamato a fare nell'esclusivo interesse morale e materiale della prole deve tenere conto di tutti gli elementi che caratterizzano la situazione concreta, non potendo riconoscersi un'automatica priorità al collocamento presso la madre.".
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dal decreto, emesso dal Tribunale per i Minorenni dell'Aquila, con il quale veniva disposto il collocamento di una minore in via preferenziale presso il padre, previo affidamento della bambina ai Servizi sociali del Comune di residenza.
Rigettando il reclamo proposto dalla mamma, la Corte d'Appello di L'aquila, Sezione per i Minorenni, confermava in toto il decreto impugnato.
La Corte territoriale riteneva, infatti, che il collocamento in via preferenziale della minore presso il padre rispondesse all'interesse morale e materiale della stessa minore, in ragione dello stile educativo più regolativo da parte di quest'ultimo (mentre la madre era più permissiva e distante emotivamente dalla minore) nonché per la presenza costante all'interno dell'agriturismo gestito dal padre dei familiari paterni con cui la minore aveva un buon rapporto.
Avverso la decisione, proponeva ricorso per Cassazione la mamma, deducendo violazione o falsa applicazione dell'art. 337 ter, comma 1 e 2: a tal fine rilevava che il decreto impugnato aveva attribuito un significato assolutamente incongruo alla nozione di interesse del minore, disapplicando il pacifico orientamento della giurisprudenza di privilegiare la collocazione dei minori presso la madre.
La Cassazione non condivide la posizione della ricorrente.
In punto di diritto la Corte spiega come in tema di affidamento dei figli minori, il giudice, nell'esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve effettuare un giudizio prognostico circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell'unione. In particolare, in base ad elementi concreti, è necessario valutare il modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, le rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, tenendo altresì conto della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell'ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore.
In tale valutazione è, in ogni caso, essenziale rispettare il principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione.
Con specifico riferimento al caso di specie, l'impugnato decreto ha fatto una corretta applicazione dei principi giurisprudenziali, decidendo la collocazione prevalente della minore presso il genitore in grado di garantire alla medesima maggiore stabilità, e di darle quel senso di sicurezza e continuità già fortemente minato dalla conflittualità genitoriale.
Difatti, la Corte territoriale ha ritenuto, all'esito della consulenza tecnica d'ufficio, che il collocamento in via preferenziale della minore presso il padre rispondesse all'interesse morale e materiale della stessa minore, sia in ragione della maggiore garanzia di stabilità offerta dal padre e dalla sua famiglia di origine, sia per lo stile educativo più regolativo impresso dal padre, in luogo dei modi eccessivamente permissivi della mamma.
La Cassazione precisa che tale giudizio, incensurabile in sede di legittimità perché correttamente e logicamente motivato, non può essere messo in discussione dalle difese della mamma esposte nel proprio ricorso, laddove lamenta carenza assoluta di motivazione, nonché illogicità e contraddittorietà del decreto impugnato per non aver tenuto conto della centralità della figura materna emergente dalla relazione psico-sociale e del radicamento affettivo e sociale della minore: tali rilievi, infatti, sollecitano un riesame del merito, essendo solo finalizzate a sollecitare una diversa rilettura del materiale probatorio esaminato dai giudici di merito.
Compiute queste precisazioni, la Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite.
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