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Ammissione con riserva dei concorrenti, CdS: non fa venir meno l'interesse a proseguire il giudizio

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Quando un provvedimento cautelare dispone l'ammissione con riserva dei concorrenti che hanno impugnato la graduatoria di un concorso, anche nel caso in cui quest'ultimi abbiano superato le prove e risultino vincitori del concorso, detto provvedimento è solo l'effetto della protezione interinale di una posizione giuridica. E ciò in considerazione del fatto che l'ammissione con riserva costituisce una tutela finalizzata a preservare l'aspirazione dei concorrenti a sostenere le prove nelle more della definizione del processo. Con l'ovvia conseguenza che, in questi casi, non viene meno l'interesse al prosieguo del giudizio.

Questo è quanto ha ribadito il Consiglio di Stato con sentenza n. 7410 del 29 ottobre 2019.

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta ai Giudici amministrativi.

I fatti di causa.

Gli appellanti sono dottori in medicina e hanno impugnato la graduatoria unica del concorso per l'ammissione al corso triennale di formazione specifica in medicina generale, nella quale sono stati collocati oltre l'ultimo posto utile e, quindi, non sono stati ammessi al corso. Il Tar adito ha, in sede cautelare, ammesso i ricorrenti al corso, con riserva, in soprannumero e senza borsa di studio. Successivamente, però, ha rigettato il ricorso.

Così il caso è giunto dinanzi al Consiglio di Stato.

La decisione del CdS.

Gli appellanti sostengono che, a seguito dell'ammissione con riserva, hanno frequentato il corso e sostenuto con profitto gli esami, conseguendo il diploma di formazione specifica in medicina generale. Tale circostanza, a loro dire, ha determinato un consolidamento della loro posizione con riferimento al bene della vita cui i ricorrenti aspiravano. Con l'ovvia conseguenza che, secondo questi ultimi, è sopravvenuta una carenza d'interesse al prosieguo del giudizio. Una carenza, questa, che sarebbe supportata anche da quanto dettato dall'art. 4, comma 2 bis, Legge n. 168/2005, «secondo cui conseguono ad ogni effetto l'abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d'esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l'ammissione o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito dei provvedimenti giurisdizionali o di autotutela».

Di diverso avviso è il Consiglio di Stato.

Vediamo perché.

In punto, i Giudici d'appello, richiamano il pacifico orientamento giurisprudenziale, in forza del quale l'ammissione con riserva è un provvedimento cautelare che non fa venir meno l'interesse al prosieguo del giudizio di merito. E ciò anche quando il concorrente abbia superato le prove e risulti vincitore del concorso. 

In queste ipotesi, infatti, «l'ammissione con riserva è subordinata alla verifica della fondatezza delle sue ragioni [...]» e consente di evitare che venga pregiudicata, nel frattempo, l'aspirazione del concorrente a sostenere le prove, «aspirazione che sarebbe irrimediabilmente frustrata se la sentenza a lui favorevole sopraggiungesse all'esaurimento della procedura concorsuale e fosse quindi, a quel punto, inutiliter data, vanificando l'effettività della tutela giurisdizionale» (CdS., nn. 2448/2016, 1839/2016, 3038/2015).

Il Consiglio di Stato, inoltre, ritiene che, in queste ipotesi, l'interesse al prosieguo del giudizio di merito non viene meno nemmeno invocando l'applicazione della disposizione di cui all'art. 4, comma 2 bis, innanzi citata. E tanto perché la norma in questione trova applicazione non alle procedure selettive, qual è quella in esame, ma alle procedure idoneative, quali quelle di selezione finalizzate al conferimento di un numero limitato di posti.

Alla luce di tali considerazioni, quindi, appare evidente, secondo i Giudici d'appello che l'ammissione con riserva offre solo una tutela cautelare che non costituisce «la rimozione di un ostacolo procedurale interposto dall'amministrazione, ma è solo l'effetto della protezione interinale di una posizione giuridica, in guisa che il tempo del processo non abbia a compromettere definitivamente le utilità cui il ricorrente aspira». Se così non fosse, risulterebbero pregiudicati gli interessi degli altri concorrenti in quanto si finirebbe per consentire solo ad alcuni dei concorrenti l'ammissione al corso in questione, senza passare dal vittorioso esito di una competizione.

In virtù delle su esposte argomentazioni, pertanto, il Consiglio di Stato, ha ritenuto infondato le doglianze degli appellanti e, per tal verso, ha rigettato l'appello. 

 

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