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Caduta causata da precarietà manto stradale, i criteri riguardo responsabilità e danni

La Corte di Cassazione è intervenuta, con una pronuncia resa nelle forme di un´ordinanza, precisamente la numero 6034/2018 della Sezione III Civile , a ricostruire i criteri ai fini della imputazione della responsabilità, con le connesse conseguenze di carattere risarcitorio, a carico dei Comuni e delle altre pubbliche amministrazioni che, per incuria o negligenza, trascurino di adeguatamente manutenere il manto stradale, sotto il profilo pertanto dell´omessa custodia, dando così luogo a pericoli crescenti ed anche rilevanti per l´incolumità pubblica, e causando indirettamente con la loro condotta sinistri ad utenti della strada come, nel caso definito con il pronunciamento della Cassazione, la caduta di un ciclista circolante nella strada pubblica a causa del «pietrisco» e di alcune buche «localizzate nella fascia centrale della corsia di marcia».

L´occasione ha offerto alla Suprema Corte l´opportunità di porre in essere una ricognizione degli orientamenti nel tempo consolidatisi nella giurisprudenza. Una ricognizione estremamente utile agli operatori del diritto, ed in particolare agli avvocati, che quotidianamente si imbattono in casi simili.



Ecco, in proposito, i principi di diritto nel tempo enucleati dalla Corte:

a) L´art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia
la cosa per i danni da questa cagionati, "individua un criterio di
imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l´evento dannoso, indipendentemente
dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della
prima";

b)La deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell´art. 2043 c.c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l´evento dannoso;

c) Nella categoria delle cause di esclusione della responsabilità
oggettiva per danno da cose, "la condotta del danneggiato che entri in interazione con queste si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull´evento dannoso, in applicazione - anche ufficiosa - dell´art. 1227 c.c., primo comma: quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata
attraverso l´adozione - oggetto di dovere generale riconducibile all´art. 2 Cost. e comunque rispondente ad una esigenza di ragionevole regolazione della propria condotta - delle cautele da parte dello stesso danneggiato normalmente attese in rapporto alle circostanze, tanto più
incidente deve considerarsi la efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso";

d) quando la causa di esclusione della responsabilità ai sensi
dell´art. 2051 c.c. sia indicata nella condotta del danneggiato "può
prescindersi dalla necessità, ai fini dell´esonero, di una imprevedibilità ed inevitabilità intese nel senso di estraneità alla regolarità o adeguatezza causale, come invece rimane necessario quando si invoca un caso fortuito o un´elisione del nesso causale per altra ragione".



Ciò posto, i giudici di legittimità hanno ritenuto di respingere il ricorso considerato che la motivazione resa dalla Corte di appello di Bari, depurata di assunti non integranti di per sé rationes decidendi della controversia
oggetto di cognizione, si conformava nella sostanza, ai principi appena richiamati.

 

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