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Beni confiscati alla criminalità, Tar Lazio: fuori mercato e destinati a iniziative di interesse pubblico

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Con sentenza n. 6096 del 16 maggio 2019 il Tar Lazio ha affermato «l'assimilabilità del regime giuridico del bene confiscato a quello dei beni facenti parte del patrimonio indisponibile».

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici amministrativi.

I fatti di causa.

Nel caso sottoposto all'attenzione del Tar è stata impugnata l'ordinanza, con la quale l'Agenzia Nazionale per l'Amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ha ordinato lo sgombero di un fabbricato per civile abitazione costituito da una villa a due piani fuori terra con annesso terreno e casa colonica.

Per i ricorrenti l'ordinanza in questione: i) sarebbe illegittima per violazione degli artt. 7 e 10 della legge sul procedimento amministrativo, ossia per omessa comunicazione di avvio del procedimento e lesione delle garanzie partecipative dei soggetti destinatari; ii) sarebbe illegittima per difetto di motivazione e per la mancanza della preventiva destinazione da dare all'immobile ai sensi dell'art. 47 D.Lgs. n.159/2011; iii) sarebbe illegittima per manifesta ingiustizia ed irragionevolezza del termine ad adempiere considerata la ristrettezza del termine concesso per il rilascio dell'immobile, in assenza di una reale e motivata necessità dell'amministrazione.

Costituitasi in giudizio l'amministrazione intimata, si è svolta l'udienza in camera di consiglio, nel corso della quale, dopo essere stati sentiti i difensori presenti, la causa è stata trattenuta in decisione.

La decisione del Tar

Il Tar Lazio ha dichiarato che il ricorso non può essere accolto per vari ordini di motivi: 

  •  per quanto concerne il difetto di motivazione e la mancanza della preventiva destinazione da dare all'immobile ai sensi dell'art. 47 D.Lgs. n.159/2011, i Giudici amministrativi hanno affermato che ai sensi del suddetto articolo l'adozione dell'ordinanza di sgombero di immobile confiscato alla criminalità organizzata costituisce, per l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, un atto dovuto. In buona sostanza, l'Agenzia ha il potere-dovere di ordinare ai ricorrenti di lasciare libero un bene che, per effetto della confisca, ha acquisito un'impronta rigidamente pubblicistica. Questo sta a significare che il bene confiscato diventa bene soggetto a vincolo di destinazione e alle finalità pubbliche, con la conseguenza che il suo regime giuridico è assimilabile a quello dei beni facenti parte del patrimonio indisponibile (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 5 luglio 2016, n. 2993; id. 16 giugno 2016, n. 2682);
  • proprio la natura vincolata del provvedimento di sgombero che è un atto dovuto, rende irrilevante la mancata partecipazione del privato al procedimento in questione anche ai sensi dell'art. 21 octies L.n.241/1990 (cfr. Cons. Stato, sez. III, 25 luglio 2016, n. 3324).

Alla luce di tali considerazioni, pertanto, il Tar ha dedotto:

  • l'inutilità della comunicazione in quanto essa non avrebbe comportato alcun vantaggio nell'iter procedimentale, essendo l'azione dell'amministrazione interamente vincolata e riguardante esclusivamente l'accertamento della sussistenza dei presupposti normativi, giuridici e fattuali, necessari all'adozione dell'unica soluzione univoca legislativamente predeterminata (Cons. stato, Sez. III, 4 marzo 2019, n. 1499);
  •  l'irrilevanza della partecipazione dei ricorrenti al provvedimento in questione perché non è configurabile in capo agli occupanti una posizione giuridica meritevole di tutela, con riferimento non solo all'an ma anche al quando della consegna (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 27 novembre 2018 n. 6706);
  • la non configurabilità del difetto di motivazione trattandosi – come sopra detto – di provvedimento vincolato.

A questo deve aggiungersi, a parere del Tar, l'infondatezza dell'ulteriore censura sollevata dai ricorrenti, relativa alla ristrettezza del termine di 120 giorni, concesso per il rilascio dell'immobile. E ciò in considerazione del fatto che gli opponenti, in ragione della natura del bene occupato, erano da tempo a conoscenza della necessità di procurarsi un nuovo alloggio con la conseguenza che non è meritevole di tutela la loro pretesa a rimanere sine titulo all'interno dell'immobile per un periodo ulteriore. Per quanto riguarda, infine, la censura relativa alla violazione del principio di proporzionalità da parte dell'Amministrazione, il Tar si è espresso nel senso che «il giudizio di bilanciamento tra l'interesse pubblico e quello privato è stato già effettuato dal legislatore, il quale ha ritenuto prevalente l'esigenza di contrastare la criminalità organizzata attraverso l'eliminazione dal mercato, ottenuta con il provvedimento ablatorio finale, di un bene di provenienza illecita, destinandolo a iniziative di interesse pubblico (cfr., tra le altre, Cons. Stato, Sez. III, 19 febbraio 2019, n. 1159) che rientra nella piena discrezionalità dell'Amministrazione individuare, con atti che esulano dall'oggetto del presente giudizio.»

Alla luce di quanto sin qui esposto, pertanto, il Tar Lazio ha rigettato il ricorso. 

 

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