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Avvocati, azione disciplinare: le Sezioni Unite chiariscono da quando decorre la prescrizione

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Con la decisione n. 1609 dello scorso 24 gennaio, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno rigettato il ricorso di un legale che eccepiva la prescrizione dell'azione disciplinare avviata nei suoi riguardi, compiendo importanti precisazioni su come determinare il momento a partire dal quale decorre il termine di prescrizione dell'azione disciplinare.

Si è difatti precisato che "in tema di prescrizione dell'azione disciplinare di cui all'art. 51 r.d. n. 1578/1933, occorre distinguere il caso in cui i fatti siano punibili solo a livello disciplinare in quanto contrari ai doveri di probità, correttezza e dirittura professionale, da quello in cui il procedimento disciplinare abbia ad oggetto fatti costituenti reato e per i quali sia stata intentata azione penale. Nel primo caso il termine prescrizionale comincia a decorrere dalla commissione del fatto, nel secondo caso dal passaggio in giudicato della sentenza penale".

Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio dall'instaurazione di un procedimento disciplinare avverso un avvocato, rinviato a giudizio per i reati previsti e puniti dagli artt. 476, 482, 640 e 56 c.p., per aver formato un falso verbale di udienza penale del Tribunale di Catanzaro attestante la sua presenza dinanzi al giudice in qualità di difensore, al fine di procurarsi l'ingiusto profitto dell'annullamento di una contravvenzione stradale elevata dal Comune di Firenze per un'infrazione commessa il giorno prima della data riportata nel verbale. 

A novembre 2010 veniva emessa la sentenza penale con la quale il Tribunale di Firenze condannava il legale alla pena di due anni e due mesi di reclusione per i reati ascrittigli

Apertosi un rituale procedimento disciplinare dinnanzi al competente COA, lo stesso veniva rinviato sino alla pronuncia della sentenza con la quale la Corte d'appello di Firenze dichiarava non doversi procedere per intervenuta prescrizione.

Per tali fatti, il COA – ritenendo che fosse comunque documentata la formazione del falso verbale– irrogava la sanzione della sospensione per un anno; il Consiglio nazionale forense confermava la sanzione inflitta, rimarcando la gravità della condotta, totalmente in contrasto con la deontologia professionale.

Avverso la decisione il difensore proponeva ricorso in Cassazione, dolendosi per aver il CNF escluso la retroattività della nuova disciplina dei termini di prescrizione, nelle more intervenuta, con la legge 247/2012.

A tal fine il difensore rilevava come il principio del principio del favor rei stabilito dall'art. 65 della medesima legge si sarebbe dovuto applicare anche in relazione alla disciplina della prescrizione introdotta dall'art. 56 della legge 247/2012.

Le Sezioni Unite non condividono le doglianze del ricorrente.

La Suprema Corte premette che all'ipotesi in esame non è applicabile la richiamata legge professionale – essendo la stessa entrata in vigore successivamente alla commissione dei fatti per i quali si discute – posto che il potere disciplinare sanzionatorio, per la sua natura amministrativa, resta insensibile al diritto sopravvenuto più favorevole. 

Ad ogni modo, il Collegio rileva come, nel caso in esame, il termine di prescrizione non era inutilmente decorso quando l'azione disciplinare è stata promossa.

Difatti, agli effetti della prescrizione dell'azione disciplinare, occorre distinguere due differenti casi.

Il primo, previsto dall'art. 38, ricorre qualora in cui l'azione disciplinare è collegata a ipotesi generiche e a fatti anche atipici, ovvero quando i comportamenti contestati riguardino esclusivamente la violazione dei doveri di probità, correttezza e dirittura professionale: in tal caso, il termine prescrizionale comincia a decorrere dalla commissione del fatto.

Il secondo caso, invece, previsto dall'art. 44, ricorre qualora il procedimento disciplinare abbia luogo per fatti costituenti anche reato e per i quali sia stata iniziata l'azione penale: in siffatta ipotesi, l'azione disciplinare è collegata al fatto storico di una pronuncia penale che ha come oggetto lo stesso fatto per il quale è stata formulata una imputazione; conseguentemente,
la prescrizione decorre dal momento in cui il diritto di punire può essere esercitato, ovvero dal passaggio in giudicato della sentenza penale, costituente un fatto esterno alla condotta.

Con specifico riferimento al caso di specie, a fronte della sentenza della Corte d'appello pronunciata nel marzo 2014 e poi passata in giudicato, l'azione disciplinare esercitata nei confronti dell'avvocato nei mesi successivi è stata pienamente tempestiva.

In conclusione, la Corte rigetta il ricorso, condannando il ricorrente al versamento, dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso. 

 

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