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Azione di rivendicazione. Quando si verifica un affievolimento della probatio diabolica?

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 Con ordinanza n.25424 del 26/08/2022 la Corte di Cassazione 6° sezione, ha affrontato il tema dell'onere della prova e in particolare della necessità o dell'affievolimento della probatio diabolica ai fini della vittoria giudiziaria del rivendicante. (fonte http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/).

Analizziamo i presupposti logico-giuridici che hanno determinato la decisione dei giudici di legittimità.

I fatti di causa

Gli attori hanno acquistato un fondo, che l'alienante aveva già concesso in conduzione. Conseguentemente gli attori hanno citato i conduttori del fondo dinanzi al Tribunale al fine ottenerne la condanna al rilascio del fondo. Questi ultimi, costituitisi in giudizio, hanno contestato l'esistenza di un rapporto agrario ed hanno invocato in via riconvenzionale l'accertamento dell'intervenuta usucapione ventennale del fondo in loro favore.

Il Tribunale, dopo aver autorizzato la chiamata in giudizio dell'alienante, ha rigettato la domanda principale accogliendo la riconvenzionale di usucapione.

L'alienante chiamata in causa ha impugnato la sentenza dinanzi alla Corte di Appello, la quale l'ha accolto, rigettando la domanda riconvenzionale di usucapione e accogliendo quella principale di rivendicazione. Parte soccombente ha proposto ricorso per la cassazione denunciando in particolare

  • l'erronea esclusione, da parte della Corte di Appello, del possesso utile ai fini dell'usucapione,
  • l'erronea applicazione del criterio del cd. "oltre ogni ragionevole dubbio", eccessivamente gravoso ai fini della prova del possesso e comunque estraneo ai principi regolatori della prova vigenti nel processo civile.  

 La decisione della Corte di Cassazione

I giudici di legittimità hanno condiviso quanto affermato dalla Corte territoriale ossia che

  1. in materia di usucapione il detentore, per cessare il potere di fatto sulla cosa in nomine alieno e sostituirvi un potere di fatto in nomine proprio, deve realizzare un atto di interversione del possesso idoneo ad evidenziare l'intervenuto mutamento del titolo detentivo;
  2. la prova deve essere rigorosa, essendo necessario dimostrare l'esistenza della invocata signoria di fatto sulla res in modo tale da non lasciare spazio a perplessità sulla vicenda;
  3. e che sia affievolito l'onere della cd. probatio diabolica a carico della parte che agisce in rivendicazione.

Al riguardo la Corte ha ricordato il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale:

1)"la probatio diabolica, la dimostrazione, cioè, dell'acquisto legittimo dei danti causa all'infinito fino a trovare un acquisto originario non è sempre mezzo istruttorio necessario per la vittoria giudiziaria del rivendicante."

2)«Essendo l'usucapione un titolo d'acquisto a carattere originario, la sua invocazione, da parte del convenuto con l'azione di rivendicazione, non suppone, di per sé, alcun riconoscimento idoneo ad attenuare il rigore dell'onere probatorio a carico del rivendicante, il quale, anche in caso di mancato raggiungimento della prova dell'usucapione, non è esonerato dal dover provare il proprio diritto, risalendo anche attraverso i propri danti causa fino ad un acquisto a titolo originario o dimostrando che egli stesso o alcuno dei suoi danti causa abbia posseduto il bene per il tempo necessario ad usucapirlo.

 Il rigore probatorio rimane tuttavia attenuato quando il convenuto, nell'opporre l'usucapione, abbia riconosciuto, seppure implicitamente, o comunque non abbia specificamente contestato, l'appartenenza del bene al rivendicante o uno dei suoi danti causa all'epoca in cui assume di avere iniziato a possedere. Per contro la mera deduzione, da parte del convenuto, di un acquisto per usucapione il cui dies a quo sia successivo al titolo del rivendicante o di uno dei suoi danti causa, disgiunta dal riconoscimento o dalla mancata contestazione della precedente appartenenza, non comporta alcuna attenuazione del rigore probatorio a carico dell'attore, che a maggior ragione rimane invariato qualora il convenuto si dichiari proprietario per usucapione in forza di un possesso remoto rispetto ai titoli vantati dall'attore» (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 28865/2021 richiamata).

Nel caso di specie, secondo la Corte di cassazione, la Corte di Appello ha correttamente ritenuto che dagli elementi istruttori acquisiti nel giudizio di merito, sia risultato provato che gli odierni ricorrenti hanno iniziato la loro relazione con il fondo in virtù di un rapporto agrario e non hanno posto alcun atto idoneo a realizzare l'interversione del possesso; mentre l'alienante ha dimostrato di essersi recata sul fondo, sia pure sporadicamente e di aver posto in essere una condotta che esclude un possesso uti dominus in capo ai ricorrenti.

Per questi motivi la Suprema Corte di cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile.

 

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