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Con la sentenza n. 857 dello scorso 11 ottobre, la Corte di Appello di Cagliari, vagliando tutti i presupposti necessari per la corresponsione dell'assegno divorzile richiesto da una donna, ha applicato il recente orientamento delle Sezioni Unite e, nel merito, ha rigettato la domanda rilevando come "incombe sul richiedente l'assegno di mantenimento in sede di divorzio l'onere di provare un peggioramento della sua situazione lavorativa e l'impossibilità oggettiva di procurarsi mezzi adeguati per vivere".
Un uomo ricorreva presso Tribunale di Cagliari affinché si pronunciasse sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con la moglie, con conferma delle condizioni di separazione concordate consensualmente anni prima, allorquando i coniugi, svolgendo entrambi attività lavorativa, dichiaravano di essere economicamente autonomi.
Il Tribunale, dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio, fissava, a carico dell'uomo, la corresponsione di un assegno divorzile pari ad euro 250,00 mensili.
Con ricorso, l'ex marito proponeva appello, chiedendo la revoca dell'assegno divorzile ed in via subordinata la riduzione della somma riconosciuta a tale titolo in misura proporzionale alle proprie disponibilità economiche.
L'uomo, in particolare, censurava il riconoscimento di un assegno divorzile in favore della moglie: a sostegno del suo assunto rilevava come non sussisteva alcun ragione obiettiva per la quale la donna, avendone tutte le capacità mentali e fisiche, non fosse in grado di svolgere un'attività lavorativa e di procurarsi fonti di reddito; in punto di diritto sosteneva che era onere del richiedente l'assegno di mantenimento offrire la prova della oggettiva impossibilità di procurarsi mezzi adeguati per conseguire un tenore di vita analogo a quello mantenuto in costanza di matrimonio.
La donna, a sua volta, proponeva appello incidentale domandando la rideterminazione dell'assegno divorzile disposto in suo favore nella misura di euro 400,00: premettendo il marito aveva redditi idonei ad assolvere il dovere di solidarietà coniugale, la ricorrente incidentale sosteneva che sul marito gravasse l'onere di provare la sua adeguata capacità reddituale.
In punto di fatto la donna rimarcava come la surriferita capacità reddituale doveva essere esclusa alla luce delle risultanze processuali in atti: ella, infatti, aveva subito un peggioramento della propria condizione economica, non godeva più di alcuna fonte di reddito ed era nell'oggettiva impossibilità di svolgere un'attività lavorativa e di procurarsi autonomamente mezzi adeguati di sostentamento, tenuto conto, tra le altre cose, della crisi occupazionale propria della realtà locale di appartenenza, dell'età, del fatto che non aveva titoli di studio o competenze professionali specifiche.
Con la sentenza in commento la Corte di Appello ha ritenuto fondate le doglianze del marito, rigettando tutte le censure sollevate dalla moglie.
Secondo i giudici di merito, infatti, spetta alla donna l'onere di provare un peggioramento della sua situazione lavorativa e l'impossibilità oggettiva di procurarsi mezzi adeguati per vivere.
In punto di diritto, la sentenza in commento richiama – e applica – il recente arresto giurisprudenziale delle Sezioni Unite (sentenza n. 18287/2018) in merito alla funzione dell'assegno divorzile e ai presupposti richiesti per la sua erogazione, soprattutto nella parte in cui si specifica che il riconoscimento dell'assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l'applicazione di criteri (quali le condizioni dei coniugi, le ragioni della decisione, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, il reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio) di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione.
Ne deriva che il giudice, superando la rigida distinzione tra criterio attributivo e criteri determinativi dell'assegno di divorzio, ai fini dell'accertamento del diritto al riconoscimento della provvidenza deve compiere una valutazione complessiva dei parametri normativamente previsti, effettuando una valutazione comparativa delle condizioni economico - patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto.
Proprio in ragione di tale valutazione complessiva, la Corte ritiene che sussistano i presupposti per procedere alla revoca dell'assegno, non ricorrendo nel caso di specie alcuna necessità assistenziale: nel corso dell'istruttoria, la moglie non ha provato di trovarsi né in uno stato di bisogno né in una situazione di impossibilità a procurarsi mezzi autonomi di sostentamento per ragioni oggettive; la Corte aggiunge, inoltre, che né vi sono ostacoli a che la stessa, in regione della giovane età, delle sue condizioni soggettive e dell'esperienza professionale acquisita, possa attivarsi per reperire una occupazione e inserirsi nel mercato del lavoro.
I Giudici di Appello escludono, infine, che l'attuale situazione di non occupazione della donna sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita matrimoniale adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una parte, in funzione dell'assunzione di un ruolo trainante endofamiliare.
In virtù di tutti questi dati, la Corte ritiene che siano insussistenti i presupposti per l'assegno divorzile richiesto dalla donna, non essendo ravvisabili quegli elementi - assistenziale, contributivo, compensativo - che le Sezioni Unite hanno indicato configurare la natura composita della provvidenza de qua.
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