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Avvocati. Suggerire al cliente il compimento di atti illeciti costituisce illecito disciplinare?

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Fonti: https://www.codicedeontologico-cnf.it/

Può un avvocato suggerire al proprio cliente comportamenti, atti o negozi illeciti, fraudolenti o colpiti da nullità? L'argomento è stato affrontato dal Consiglio Nazionale Forense, il quale ha affermato l'illiceità del suddetto comportamento; illiceità che non può essere esclusa neppure invocando l'esimente dell'aver asseritamente operato perseguendo l'interesse dell'assistito medesimo seppur in violazione della legge (CNF, sentenza n.3 del 9 febbraio 2023).

Vediamo i punti salienti della vicenda sottoposta al Consiglio.

I fatti del procedimento

Nel caso sottoposto all'esame del Consiglio, l'avvocato incolpato è stato sottoposto a procedimento disciplinare per aver consigliato alle proprie clienti il compimento di atti negoziali illeciti in violazione degli artt. 6, 7, 8, 35, 36, 38 e 42 nonché degli artt. 22 e 22 nr 1) CDF.

Nella specie, infatti, è accaduto che l'avvocato (al quale le clienti si sono rivolte per sapere come procedere per ottenere la risoluzione del contratto di locazione o il rilascio dell'immobile da loro locato ad una signora che poneva in essere continue condotte violente e per ottenere anche l'immediata cessazione di tali comportamenti),

  • ha consigliato alle proprie clienti di simulare la vendita dell'immobile a persone di sua conoscenza di etnia rom, le quali avrebbero indotto la locataria a cessare i suddetti comportamenti violenti trattandosi di persone meno inclini a subire azioni di disturbo;
  • in esecuzione del mandato conferitogli, ha dapprima ottenuto un provvedimento esecutivo di sfratto per morosità per conto dell'esponente; poi predisposto un preliminare di vendita e successivamente al rogito concluso al prezzo irrisorio, ha curato per conto delle clienti una nuova azione di sfratto per morosità nei confronti degli stessi conduttori;
  • tuttavia non ha consegnato alle clienti la controdichiarazione attestante la simulazione redatta contestualmente alla fittizia vendita, pur essendosi invero perfezionata la vendita da lui consigliata per un prezzo irrisorio, stante l'accordo simulatorio,
  • ha arrecato in tal modo gravi pregiudizi alle proprie clienti a causa della perdita della titolarità dell'immobile, dovuta alla successiva compravendita del suddetto immobile stipulata dall'acquirente simulato al terzo apparentemente in buona fede, per un prezzo più vicino al valore effettivo dell'appartamento;
  • a seguito della revoca del suo mandato da parte delle clienti, non ha dato riscontro alle numerose richieste da parte del nuovo legale di consegna della controdichiarazione.

Nel corso del procedimento disciplinare, il CDD ha rilevato che, in relazione agli illeciti contestati, la condotta dell'incolpato fosse censurabile sotto il profilo deontologico con la sanzione della sospensione professionale per un anno in quanto dalle risultanze probatorie è emerso che:

  1. la versione delle esponenti è verosimile sotto l'aspetto logico-ricostruttivo;
  2. l'incolpato ha ammesso di servirsi spesso signori di etnia rom di sua conoscenza per ottenere il rilascio di immobili tramite l'espediente della vendita simulata.

Il ricorrente ha impugnato il suddetto provvedimento contestando la sua colpevolezza e sostenendo che i giudici disciplinari abbiano manipolato le risultanze del procedimento disciplinare e le regole dello stesso in sup pregiudizio. 

La decisione del Consiglio Nazionale Forense

Il Consiglio Nazionale Forense, dopo aver affermato il riconoscimento al Giudice della deontologia di un ampio potere discrezionale nel valutare le prove dedotte in virtù del principio del libero convincimento (Cassazione, SS.UU, sentenza n. 6277/2019, CNF sentenza nn. 84 e 41 del 2016) ha ritenuto credibile la ricostruzione dei fatti operata dal CDD. Ciò in quanto tale ricostruzione risulta confermata dalla documentazione prodotta e da talune affermazioni rese dal ricorrente in sede di audizione da cui si evince una macchinazione mal consigliata ed altrettanto mal portata avanti sino alle estreme conseguenze.

In particolare per quanto riguarda il retropatto relativo alla controdichiarazione il Consiglio ha ritenuto che probabilmente una delle due non è mai stata stilata o mai consegnata e che in entrambe i casi la responsabilità professionale è evidente, atteso che la mancata compilazione della controdichiarazione costituisce illecito istantaneo escludendo così la prescrizione dell'azione disciplinare.

Il Consiglio ha, altresì, ritenuto l'equità dell'entità della sanzione irrogata dal CDD il quale

  • ha operato una giusta valutazione dei comportamenti praticati dall'avvocato e
  • ha ritenuto che, alla luce delle emergenze istruttorie, sia stata ben più grave la violazione dall'art 36 co 2 CDF a norma del quale "L'avvocato non deve consapevolmente consigliare, atti o negozi illeciti, fraudolenti o colpiti da nullità".

Per questi motivi il Consiglio Nazionale Forense ha rigettato il ricorso. 

 

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