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Autovelox, S.C.: il verbale nella parte che ne attesta il corretto funzionamento non ha valore di atto pubblico

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Con ordinanza n. 32369 del 13 dicembre 2018, la Corte di Cassazione è tornata a parlare di autovelox e più precisamente di impugnazione del verbale che accerta l'eccesso di velocità rilevato a mezzo delle predette apparecchiature di misurazione elettronica. Questa volta, oggetto di discussione è il valore attribuito al verbale nella parte in cui viene attestata dagli agenti accertatori il corretto funzionamento dell'autovelox. In tali casi, detto verbale riveste fede privilegiata come l'atto pubblico e quindi è impugnabile solo attraverso la querela di falso o no? Secondo i Giudici di legittimità, no. Ma vediamo perché.

I fatti di causa.

Alla ricorrente è stata notificata un'ordinanza con la quale la Prefettura le ha ingiunto il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria in relazione ad un verbale di accertamento della violazione di cui all'art. 142, 8° co., c.d.s., rilevata con apparecchio "autovelox". Contro tale ordinanza, la ricorrente ha proposto opposizione, deducendo che il verbale in questione si limita ad attestare che l'apparecchiatura con cui è stata rilevata l'infrazione è stata "debitamente omologata e revisionata". A suo dire tale affermazione non è sufficiente per provare il corretto funzionamento dell'autovelox e per tal verso ha chiesto l'annullamento del verbale. Sia il Giudice di Pace, in prima istanza, che il Tribunale, in grado d'appello, hanno rigettato l'opposizione della ricorrente. Così il caso è giunto dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione.

La decisione della S.C.

La questione sottoposta all'attenzione dei Giudici di legittimità concerne la contestazione di un verbale di accertamento della violazione delle norme del codice della strada regolanti l'eccesso di velocità; eccesso, questo, rilevato tramite autovelox. 

In punto, la Corte di Cassazione sottolinea che, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 113 del 18/06/2015, tutte le apparecchiature di misurazione della velocità devono essere periodicamente tarate e verificate nel loro corretto funzionamento, non essendone consentita la dimostrazione od attestazione con altri mezzi quali le certificazioni di omologazione e conformità (cfr. Cass. 11.5.2016, n. 9645). Nel caso, poi, sorgano contestazioni in merito alla misurazione e all'affidabilità delle apparecchiature in oggetto, sarà il giudice a dover accertare se le verifiche sul loro corretto funzionamento siano state o meno effettuate (Cass., 11.1.2018, n. 533). Sulla base di tale principio, i Giudici di legittimità, nel caso di specie, fanno rilevare che la pubblica amministrazione non ha fornito la prova di aver effettuato dette verifiche e nè l'autorità giudiziaria, nei gradi di giudizio precedenti, ha approfondito o ha dato contezza di ciò. Tale omissione, che inficia la decisione di detti giudici, ad avviso della Suprema Corte di Cassazione, tra l'altro, non può ritenersi colmata dall'attestazione contenuta nel verbale, ossia dal fatto che in questo viene indicato che l'infrazione è stato rilevata a mezzo l'autovelox, debitamente omologato e revisionato, il cui corretto funzionamento è stato preventivamente accertato dagli agenti. Secondo i Giudici di legittimità, infatti, tale attestazione non può costituire la prova del regolare funzionamento dell'apparecchiatura in questione. E ciò in considerazione del fatto che, se così fosse, per il semplice suo inserimento nel peculiare valore del verbale di accertamento, per confutarla l'unico rimedio esistente sarebbe la querela di falso.  

Questo sarebbe assurdo in quanto contrasterebbe con il principio secondo cui nel giudizio di opposizione a ordinanza - ingiunzione irrogativa di una sanzione amministrativa pecuniaria, il verbale di accertamento dell'infrazione fa piena prova fino a querela di falso solo e limitatamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza, o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonché quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni a lui rese (cfr. Cass. 20.3.2007, n. 6565). Orbene, tornando al caso di specie, è evidente, a parere della Suprema Corte di Cassazione che il verbale impugnato non può rivestire fede privilegiata con riferimento all'attestazione del corretto funzionamento dell'autovelox. E questo perché tale attestazione è il frutto di una mera percezione sensoriale degli agenti. Da tanto, discende che il verbale di contestazione della violazione di cui all'art. 142, 8° co., c.d.s., relativamente a questa attestazione, non riveste fede privilegiata - e quindi non fa fede fino a querela di falso e può essere impugnato con l'opposizione dinanzi al Giudice di Pace. Con l'ovvia ulteriore conseguenza che, in tale ipotesi, dovrà quest'ultimo accertare se effettivamente l'autovelox in discussione sia stato sottoposto alle verifiche e tarature periodiche; le uniche, queste, che possono costituire garanzia e nello stesso tempo prova del corretto funzionamento dell'apparecchiatura al momento della rilevazione della velocità. La mancanza di tale accertamento inficia l'iter logico-giuridico seguito dal Giudice e quindi rende la relativa sentenza suscettibile di impugnazione. Ed è proprio quanto è accaduto nella fattispecie in esame. Infatti, ad avviso della Corte di Cassazione, essendo stato omesso l'accertamento innanzi citato dai Giudici dei gradi precedenti, la sentenza impugnata è viziata e pertanto, va riformata. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, quindi, la Suprema Corte ha accolto il ricorso e ha cassato la decisione del Giudice d'appello, rinviando il giudizio dinanzi al Tribunale in persona di diverso magistrato.  

 

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