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Assegno divorzile, Cassazione: “Va ridotto se la moglie non lavora più fuori sede”

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 Con l'ordinanza n. 8577 depositata lo scorso 16 marzo, la VI sezione civile della Corte di Cassazione, ha accolto il ricorso di un uomo divorziato che si doleva per aver il giudice d'appello confermato l'importo statuito dal Tribunale a titolo di assegno divorzile, senza considerare che il Tribunale, ai fini della determinazione dell'assegno divorzile, aveva tenuto conto degli esborsi economici – oramai venuti meno – sopportati dalla donna per il suo lavoro fuori sede.

Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, il Tribunale di Pescara dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio di una coppia di coniugi, ponendo a carico del marito il pagamento di un assegno divorzile di euro 250 mensili.

 La statuizione sull'assegno divorzile veniva confermata dalla Corte d'appello dell'Aquila, che riteneva la somma liquidata a titolo di assegno adeguata, tenuto conto del fatto che, sebbene l'ex moglie lavorasse e fosse proprietaria di una casa e di un garage pertinenziale, di fatto gran parte del reddito della donna era utilizzato per le spese del soggiorno distante da casa.

Ricorrendo in Cassazione, l'uomo censurava la decisione della Corte distrettuale per l'omesso esame di fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, in ordine al trasferimento della sede lavorativa dell'ex moglie a Pescara, che aveva determinato il venir meno delle spese del soggiorno nella prima sede lavorativa.

La Cassazione condivide la censura formulata dal ricorrente.

 Gli Ermellini evidenziano come la Corte territoriale abbia omesso di esaminare la circostanza del trasferimento della donna dalla sede di lavoro, nella provincia di Varese, ai fini della determinazione dell'assegno divorzile, sebbene tale fatto fosse stato decisivo ai fini della decisione della causa: il Tribunale, infatti, ai fini della determinazione dell'assegno divorzile nella somma mensile di Euro 250,00, aveva effettuato una valutazione composita, tenendo conto non solo del contributo apportato dalla donna alla vita coniugale, valutabile economicamente come risparmio di spesa, ma anche dell'aggravio delle spese di soggiorno dell'ex moglie nella sede lavorativa.

Alla luce di tanto, la Cassazione accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza, rinvia la causa avanti alla Corte d'Appello di L'Aquila, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

 

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