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Con l'ordinanza n. 5619 depositata lo scorso 21 febbraio, la VI sezione civile della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un uomo che chiedeva la riduzione dell'assegno divorzile per aver il peggioramento della propria situazione patrimoniale.
Censurando la sentenza di merito che aveva attribuito rilevanza alle sole condizioni di vita ed economiche dell'ex moglie, settantenne e priva di altre fonti di reddito, la Cassazione ha ricordato che "l'oggetto del giudizio è la verifica della sopravvenienza di giusti motivi per la revisione delle condizioni di divorzio, all'esito del confronto tra le condizioni di entrambi i coniugi all'attualità rispetto a quelle esistenti all'epoca in cui l'assegno è stato attribuito e determinato".
Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, il Tribunale di Vicenza pronunciava lo scioglimento del matrimonio di una coppia di coniugi, ponendo a carico del marito il pagamento di un assegno divorzile di 2.000 Euro mensili.
Con successivo ricorso, il marito chiedeva la revisione dell'assegno divorzile, eliminandolo o riducendolo.
Sia il Tribunale di Vicenza che la Corte di Appello di Venezia confermavano il diritto della donna a percepire l'assegno di Euro 2.000,00 mensili, escludendo la sopravvenienza di fatti idonei a giustificare la revisione delle condizioni di divorzio fissate con decreto nel 2013.
La Corte di Appello rilevava, inoltre, che il reddito dichiarato dall'uomo nel 2019 era leggermente aumentato, mentre l'ex moglie settantenne non svolgeva attività lavorativa, non aveva altre fonti di reddito e non era proprietaria di immobili capaci di produrre redditi.
Ricorrendo in Cassazione, l'uomo censurava la decisione della Corte di merito per violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 9 della legge n. 898 del 1970, per aver il giudice di appello erroneamente ritenuto indimostrato il lamentato peggioramento della propria situazione patrimoniale, determinato dalla diminuzione dei propri redditi a far data dal 2015, con conseguente l'alterazione dell'equilibrio economico preso in considerazione nel decreto determinativo dell'assegno divorzile.
A tal fine il ricorrente sosteneva di godere della pensione come unica fonte di reddito e di non svolgere più l'attività di consulenza che gli aveva consentito di beneficiare (pur essendo già in pensione) di introiti aggiuntivi fino al 2015, con conseguente rilevante diminuzione del proprio reddito; la misura dell'assegno di Euro 2.000,00 era stata parametrata nel 2013 sul reddito mensile di circa Euro 19.500,00 percepito negli anni 2008-2009 fino al 2012.
La Cassazione condivide le difese formulate dal ricorrente.
I Supremi Giudici ricordano, infatti, che compito del giudice di merito, nell'ambito di un giudizio di revisione delle condizioni di divorzio, non è quello di operare un nuovo giudizio sulla spettanza e quantificazione dell'assegno, alla luce dei criteri di cui alla legge divorzile, ma di verificare se i fatti sopravvenuti alla sentenza di divorzio o ai provvedimenti modificativi già adottati, essendo indicativi del peggioramento delle condizioni patrimoniali dell'obbligato o del miglioramento di quelle dell'ex coniuge beneficiario, integrino "giusti motivi" idonei a giustificare la revisione delle condizioni di divorzio, e ciò all'esito del confronto tra le condizioni dell'epoca del provvedimento che fissò le condizioni che si vorrebbe modificare e quelle sopravvenute.
Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come la sentenza impugnata
avrebbe dovuto effettuare una specifica ricognizione delle condizioni patrimoniali dell'obbligato all'attualità, da porre a confronto con quelle esistenti nel 2013, allorquando si era determinato l'importo dell'assegno divorzile in Euro 2.000,00.
Altro errore in cui è incorsa la Corte è stato nel porre l'accento prevalente sulle condizioni di vita ed economiche dell'ex moglie, settantenne e priva di altre fonti di reddito così da giustificare l'attribuzione dell'assegno in quell'importo, senza considerare che l'oggetto del giudizio è la verifica della sopravvenienza di giusti motivi per la revisione delle condizioni di divorzio, all'esito del confronto tra le condizioni di entrambi i coniugi all'attualità rispetto a quelle esistenti all'epoca in cui l'assegno è stato attribuito e determinato. Ne è seguita una falsa applicazione del parametro normativo che imponeva alla Corte di valutare se le condizioni reddituali dell'obbligato all'attualità fossero tuttavia meno elevate di quelle godute fino al 2013 e se, di conseguenza, sussistessero "giusti motivi" per disporre la revisione dell'assetto economico post-divorzile.
Alla luce di tanto, la Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese.
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