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Assegno di divorzio e accertamento fiscale

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Riferimenti normativi:Art.50, comma 1, lett.i)TUIR- Art.5, c.6, L.n.898/1970

Focus: L'assegno divorzile è una delle principali conseguenze di carattere patrimoniale del divorzio, la cui corresponsione viene stabilita nella sentenza di divorzio, che spetta al richiedente dal momento in cui quest'ultima passa in giudicato. L'assegno costituisce reddito per il coniuge che lo riceve, e, quindi, se la somma percepita non sarà dichiarata verrà recuperata a tassazione dall'Amministrazione finanziaria, con accertamento notificato al coniuge destinatario dell'assegno. Ma se l'assegno è stato versato solo in parte e non viene dichiarato dal ricevente, in quanto esiguo, è legittimo l'accertamento tributario emesso nei suoi confronti dall'Agenzia delle Entrate? Sulla questione si è pronunciata la Commissione Tributaria Regionale Lazio con la sentenza n.1980 del 16 aprile 2021.

Principi generali: L'assegno divorzile è un diritto previsto dall'art. 5, sesto comma, della L. n. 898/1970, il quale recita: "Il tribunale … dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive". Tale diritto cessa quando il beneficiario contrae nuove nozze oppure l'obbligato muoia. In quest'ultimo caso il tribunale potrà, comunque, attribuire un assegno periodico a carico dell'eredità. Da un punto di vista fiscale, l'assegno di mantenimento erogato al coniuge a seguito di separazione o di divorzio, costituisce "reddito assimilato a lavoro dipendente" per il coniuge che lo percepisce, ai sensi dell'art.50, comma 1, lett.i), T.U.I.R., oltre a costituire "onere deducibile" per il soggetto che lo versa, ai sensi dell' art.10, c.1, lett.c), D.P.R.n.917/86.

La Commissione Tributaria Regionale Lazio con la sentenza n.1980 del 16 aprile 2021 ha stabilito che non è tassabile l'ammontare della somma ricevuta dall'ex coniuge se è talmente irrisorio, rispetto al dovuto, da non potersi configurare come adempimento dell'assegno di divorzio. Il fatto da cui è sorta la controversia esaminata dai giudici risale ad un avviso di accertamento notificato nel 2018 dall'Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale Roma 1, a seguito di segnalazione effettuata dalla Direzione Centrale accertamento sulla base dei dati in possesso dell'Anagrafe Tributaria, avente ad oggetto il reddito dell'anno 2013 percepito dalla ricorrente per effetto del versamento dell'assegno divorzile di mantenimento erogatole dal coniuge separato, il quale nella propria dichiarazione fiscale aveva indicato di aver corrisposto alla ricorrente la somma complessiva di euro 14.259,00. Poichè la contribuente non aveva presentato la dichiarazione dei redditi per il periodo d'imposta 2013, l'Ufficio aveva recuperato a tassazione le imposte dovute, per complessive euro 5.822,70, comprensive di interessi e sanzioni. La ricorrente impugnava l'accertamento, in primo grado, eccependo che l'imposta richiesta era relativa ad una somma non versata dall'ex coniuge e da lei non percepita. Ciò era documentato da una sentenza, emessa nel 2020, dal Tribunale penale con cui era stato accertato che l'ex coniuge si era reso responsabile, ex art. 570 c.p., del reato di omesso versamento dei mezzi di sussistenza all'ex coniuge poiché non aveva mai provveduto alla corresponsione dell'assegno alimentare, determinato con sentenza del Tribunale Civile in euro 1.290,00 mensili (oltre ad euro 1.600,00 quale contributo al mantenimento dei tre figli della coppia). In particolare, la contribuente sosteneva che la somma dichiarata, per l'anno 2013, dall'ex coniuge fosse stata versata "solo per i figli" nella misura di Euro 12.900,00, e anche ove fosse stata ripartita per una quota a favore della moglie avrebbe comportato un importo di euro 3.225,00 annui, e, quindi, non tassabili in quanto inferiori al minimo previsto per legge. Di diverso avviso, invece, l'Agenzia delle Entrate che sosteneva la legittimità dell'avviso di accertamento impugnato in quanto le somme recuperate a tassazione erano quelle dichiarate dal contribuente nel rigo E22, del quadro E, della dichiarazione, anno 2013, come somme erogate a titolo di assegno al coniugeL'Ufficio, quindi, eccepiva che "ciò che rileva ai fini dell'erogazione delle somme dovute a titolo di assegno di mantenimento è il provvedimento del Tribunale ...Ogni altra vicenda successiva, comprese quelle di carattere strettamente personale intervenute tra ex coniugi non rilevano a fini fiscali". 

Il giudice di prime cure rigettava il ricorso, con compensazione delle spese, perché dalla somma riportata in dichiarazione dall'ex coniuge, a titolo di assegno, derivava un reddito sottoposto a tassazione per la contribuente. In via residuale, riteneva che il totale inadempimento rispetto all'obbligo di contribuzione in favore dei figli fosse un obbligo da far valere su un piano civilistico, diverso da quello tributario. Tale sentenza veniva impugnata dalla ricorrente perché, erroneamente, i giudici avevano ritenuto che la somma fosse stata versata (senza causale) dall'ex coniuge alla contribuente unicamente come assegno alimentare per il mantenimento della stessa "non tenendo conto che il versamento effettuato riguardava il mantenimento dei figli" . Precisava, altresì, che il versamento effettuato "era parte di una maggior somma dovuta per assegni alimentari spettanti e in particolare l'importo versato, senza una causale, andava a parziale copertura di quanto dovuto ai tre figli e alla moglie per alimenti". La somma a lei attribuita, quindi, non era tassabile perché inferiore al minimo richiesto per la dichiarazione dei redditi. L'Ufficio non si costituiva in giudizio. La Commissione tributaria regionale, nell'esaminare la controversia, ha precisato che, ai fini fiscali, devono essere distinti l'assegno di mantenimento a favore dei figli e l'assegno di mantenimento a favore dell'ex coniuge. Il primo ha sempre natura alimentare, come stabilito dalla Corte di Cassazione (sent. n. 13609/2016 del 4 luglio 2016; sent. n.25166/2017 del 24 ottobre 2017), e non è mai soggetto a tassazione, il secondo, invece, ha la sua fonte nel diritto all'assistenza materiale che deriva dal vincolo coniugale e non nello stato di bisogno e, quindi, è soggetto a tassazione. Gli assegni così percepiti devono essere inseriti in dichiarazione a differenza dei contributi ricevuti per il mantenimento dei figli, i quali non sono mai soggetti a tassazione e non possono essere portati in deduzione dal proprio reddito dal soggetto che li versa. Nel caso di specie, la Commissione ha ritenuto, pertanto, che non si può prescindere dal titolo giudiziale che ha fissato l'importo dell'assegno in questione. E poiché, nel caso di specie, l'importo versato, oggetto di tassazione per l'anno di imposta 2013, è notevolmente inferiore a quanto giudizialmente dovuto per il mantenimento dei figli e dell'ex coniuge, la somma in questione non può essere imputata unicamente alla ricorrente trascurando quanto dovuto in primo luogo ai figli. Altresì, pur imputando in parti uguali le somme tra figli e coniuge, la parte ricavata dal coniuge sarebbe talmente esigua da non poter essere soggetta a tassazione. Per questi motivi ha accolto l'appello di parte con condanna dell'Agenzia delle Entrate alle spese di lite.

 

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