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Area soggetta a vincolo paesaggistico, limiti a costruire: sì a pergole, no a verande e portici

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Con sentenza n. 4001 del 2 luglio 2018, il Consiglio di Stato ha stabilito che nelle zone soggette a vincolo paesaggistico, qualora venga consentita la realizzazione di un complesso residenziale a condizione che non presenti elementi che dal punto di vista paesaggistico costituiscano un ingombro visivo (quali le verande), la successiva variazione del progetto che prevede la costruzione di porticati, potrà essere suscettibile di un parere negativo da parte degli enti competenti. E ciò in considerazione del fatto che, secondo i Giudici amministrativi, porticati e verande presentano profili edilizi equivalenti con impatto paesaggistico maggiore rispetto ad altri, quali per esempio le pergole. Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'attenzione del Consiglio di Stato. La ricorrente ha presentato una domanda per ottenere l'autorizzazione paesaggistica a costruire un complesso residenziale, in un'area soggetta a vincolo paesaggistico. La Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio ha espresso un parere favorevole a condizione che in tale complesso non fossero realizzate verande, ma solo pergole. L'Amministrazione competente ha autorizzato tale progetto, ribadendo i limiti posti dalla Soprintendenza. È accaduto che la ricorrente, in corso d'opera, ha apportato senza titolo, modifiche al progetto originario e per questo ha chiesto l'autorizzazione edilizia in variante ed in sanatoria. La Soprintendenza, interpellata nuovamente dall'ente comunale, ha espresso, questa volta, parere negativo atteso che le variazioni hanno interessato la realizzazione dei portici, in luogo delle pergole. Ciò, secondo la Soprintendenza si è posto in contrasto con le prescrizioni dettate nel precedente parere; prescrizioni, queste, dirette a mitigare l'impatto paesaggistico delle costruzioni. Alla luce di tanto, quindi, il Comune ha emesso un provvedimento di diniego della sanatoria, avverso il quale la ricorrente ha proposto impugnazione.  

I Giudici di primo grado hanno accolto il ricorso, emettendo una sentenza favorevole alla ricorrente. In buona sostanza, il TAR ha ritenuto che la realizzazione dei portici rispettasse le prescrizioni di cui al primo parere della Soprintendenza. E ciò in considerazione del fatto che i limiti posti da quest'ultima hanno riguardato le verande che, a parere dei Giudici di primo grado, hanno un profilo edilizio differente da quello dei portici. Il caso è giunto dinanzi al Consiglio di Stato. Secondo quest'ultimo, le considerazioni del TAR sono erronee e pertanto il diniego impugnato è da reputarsi legittimo per i seguenti motivi:

  • il primo parere della Soprintendenza non si è limitato solo a vietare la realizzazione delle verande, ma anche a prescrivere che uniche opere compatibili con il vincolo paesaggistico fossero le pergole. Con ciò, escludendo la realizzazione di qualsiasi altro manufatto diverso dalle pergole;
  • le pergole rappresentano un'opera diversa dalle verande sia per i materiali utilizzati che per l'impatto visivo;
  • i portici possono essere considerati manufatti equivalenti alle verande.

In pratica, secondo il Consiglio di Stato, le pergole si realizzano in materiali leggeri e facilmente amovibili e consentono, quindi, di ridurre la percezione dell'ingombro visivo dell'edificio. E proprio questo le rende compatibili con la tutela del contesto paesaggistico in cui si inseriscono. Al contrario le verande e i portici hanno un impatto diverso. Infatti, la realizzazione di un porticato o di una veranda comporta l'installazione di strutture in muratura o cemento portante con copertura a tetto con travi, soletta o tegole. 

La veranda e il portico, dal punto di vista edilizio, sono equivalenti. Unica differenza è data dalle dimensioni più estese del portico atteso che quest'ultimo è costituito da uno spazio coperto caratterizzato, almeno da un lato, da colonne e pilastri. Alla luce di ciò, è evidente che la costruzione dei portici in luogo delle verande, per le caratteristiche proprie di tali opere su descritte, corrisponde sempre alla realizzazione di manufatti ingombranti dal punto dell'impatto paesaggistico. Le pergole, invece, sono opere leggere, amovibili, non fissate al suolo. Esse:

  • sono prive di qualsiasi elemento in muratura da qualsiasi lato;
  • sono caratterizzate dalla mancanza di qualsivoglia copertura;
  • sono caratterizzate da elementi necessari per sorreggere le piante che servano per ombreggiare.

Le pergole, in pratica, non sono altro che sostegni per piante rampicanti e viti. Date le caratteristiche delle pergole, risulta chiaro il motivo per cui, nel caso in esame, per sorreggere il tetto a padiglione, tipico dei portici, non è stato possibile ricorrere a tali manufatti. Infatti, le pergole, troppo leggere, non avrebbero potuto reggere il tipo di copertura scelto. Con l'ovvia conseguenza che, unica soluzione per ovviare a questa situazione, è stata quella di realizzare pilastri che rappresentano opere più consone ad un tetto a padiglione. Così operando, però, la ricorrente ha eluso la prescrizione di tutela e per questo la Soprintendenza e il Comune ne hanno legittimamente negato la sanatoria. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, il Consiglio di Stato, ritenendo che il diniego di sanatoria fosse legittimo e l'appello proposto dalla Pubblica Amministrazione meritevole di accoglimento, ha riformato la sentenza del TAR che, al contrario, aveva accolto l'impugnazione della ricorrente. 

 

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